Intervista al dott. Stefano Dragone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento

Dottor Dragone, cos'ha contro i giornalisti? «Niente. Siete un male necessario». Perché la gente è assetata di processi-show? «Perché ha bisogno di vedere il rito che separa il bene dal male»

«Dottor Dragone, posso chiederle che cos'ha contro i giornalisti?»
È stato gentilissimo a riceverci in tempi brevi e senza sapere quale sarebbe stato l'argomento. Era accaduto una decina di giorni prima che nel corso di una conferenza stampa avesse espresso la propria contrarietà nei confronti dei giornali che non erano riusciti ad evitare la pubblicazione di notizie sui fatti che avevano coinvolto l'industriale Bortolo Dalle Nogare.

«Io? - risponde con profonda convinzione. - Per carità! Anzi, i rapporti che ho con la stampa sono eccellenti.»
Lo guardo divertito.
«E non aggiunga nessun commento alla frase che ho appena detto.» - precisa, prima che dica altro.

«He he… L'altro giorno non mi sembrava così entusiasta alla conferenza stampa sui fatti che hanno coinvolto l'imprenditore Dalle Nogare…»
«L'altro giorno ho solo espresso il mio rammarico… anzi, il mio rincrescimento nei confronti di un favore che non mi era stato fatto.»

«Un favore?»
«Avevo chiesto ai giornalisti che erano stati buoni testimoni dell'arresto degli indiziati in questione di aspettare l'indomani a dare la notizia perché avremmo voluto parlare con la vittima prima che sapesse che stava correndo pericolo. Come lei può immaginare, una persona intimorita può rispondere in maniera diversa perché è sotto pressione, e noi volevamo che parlasse con genuinità. I tre giornali invece hanno pubblicato il pezzo e lo hanno anche arricchito di notizie attinte presso gli avvocati degli arrestati o altro, per cui il favore, appunto, non me lo avevano fatto.»

«Era come chiedere ad un fantino di non montare il cavallo.»
«Insomma alla conferenza stampa ho voluto esprimere una piccola punta di rincrescimento sul favore disatteso. Ma dal punto di vista tecnico non è accaduto nessun illecito, sia ben chiaro.»

«E così se l'è presa con i giornalisti che sono venuti alla conferenza stampa.
«Tra i quali c'erano anche coloro che la notizia l'avevano data. Credo che il mio disappunto sia servito a qualcosa.»

«Ne dubito. Un anno e mezzo fa lei aveva fatto perquisire le redazioni dei giornali per individuare la fonte di possibili fughe di notizie dalla Procura…»
«L'inchiesta non la seguo io, e credo che stia andando verso l'archiviazione. Ma si trattava comunque di reati che prevedevano al massimo una pena pecuniaria.»

«Quando accaddero i fatti, io scrissi che con questo atto era finita Tangentopoli…»
«Sì, durante Manipulite, Procura e redazioni andavano d'amore e d'accordo.»

«Adesso i tempi sono cambiati?»
«No, sono tornati come prima di Tangentopoli. Vede, accade che ci siano dei reati perseguiti con il sostegno dell'opinione pubblica, perché quando ci si batte contro poteri forti come quelli della politica, è inevitabile chiedere solidarietà. Non parlo dei giornalisti ma dei PM. L'iniziativa di collaborare con la stampa come sistema di lavoro la trovo inopportuna.»

Chiediamo al dottor Dragone di spiegare meglio il concetto.
«Cerchi di vedere la questione dal punto di vista etico. C'è un indiziato in carcere e c'è un giornale che lo accusa di fronte all'opinione pubblica. L'individuo in quel momento è indifeso, non ha modo di contrattaccare. Lo trova giusto?»

«Detto da lei, non posso che farle i complimenti… Ma allora com'è che vede realmente i giornalisti, la stampa?»
«Un male necessario.»

«Secondo lei, a vedere come vengono spettacolarizzati certi processi o certe inchieste, sono i giornali ad essere assetati di sangue o lo sono i lettori?»
«Secondo me la gente, di fronte a fatti clamorosi, ha bisogno di sentirsi rassicurare in varie maniere. La prima cosa che pensa è "Per fortuna non è toccata a me". La seconda cosa che chiede è "giustizia". La terza cosa che vuole è lo "spettacolo". È da quando esiste il mondo che la gente ha "fame del rito" nell'amministrazione della Giustizia; è un modo per rassicurarsi, per trovare conferma che il male viene separato dal bene. Ultimamente poi, non esiste un solo processo di una certa importanza che non possa intrecciarsi con la stampa, e così si innesca un'autoalimentazione sfrenata. Insomma, la pubblicità del processo è un tranquillante per la gente, per questo si arriva ai processi-show come quello per la strage di Erba o quello di Cogne… I giornali infiorano le notizie, la gente li compera… E quando non ci sono più novità ad alimentare il matrimonio stampa-lettori, lo spettacolo tende a spegnersi. Questo è il meccanismo.»

«Ma non ci rimette la serenità di coloro che la Giustizia devono amministrarla?»
«Questo dipende dalla capacità e dalla professionalità dei magistrati.»

«A proposito di professionalità dei magistrati, lei interverrà al convegno tenuto presso la facoltà di Giusprudenza sui Giudici di Pace?»
«Sì, certo. È giusto che vi prenda parte perché io rappresento una delle parti in causa.»
«Il suo parere sui giudici di pace? Non trova che qualcuno assuma posizioni apodittiche pendendo a priori da una parte o dall'altra?»

«Beh, anzitutto non sono dei magistrati. Poi va tenuto conto che si trovano ad operare nella giurisprudenza italiana, che soffre (o gode) di un bizantinismo talmente sofisticato da far sì che una stessa Corte di Cassazione si trovi a deliberare tutto e il contrario di tutto su una medesima questione, e ogni volta con altissima cognizione di causa. Riconosco la loro utilità, tolgono una grande mole di lavoro.»

«E la formazione?»
«Beh, cominciamo da questo convegno.»uido de Mozzi