Il Treno della Memoria riparte con 400 giovani testimonial trentini
Sono tornati dal viaggio ai campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau e adesso racconteranno la loro testimonianza ai loro amici, ai loro conoscenti
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Non vorrei che il Treno della Memoria divenisse un po’ alla volta dimenticato, dato che oggi alla conferenza stampa c’erano solo le testate principali.
Si tratta di una delle iniziative più capaci a mantenere viva la memoria dei nostri ragazzi: una cosa è sentirne parlare o vederla al cinema, un’altra è toccare con mano la macchina di sterminio messa in piedi da un regime nato nel cuore della civiltà del mondo: l'Europa Centrale.
Desidero raccontare un'esperienza della mia vita, nella speranza che possa servire a coltivare questa volontà di ricordare a tutti i costi una pagina brutta della nostra storia che tutti vorremmo dimenticare.
Io ho avuto amici e colleghi che da bambini erano stati internati nei lager. Uno di essi portava il numero impresso nel braccio. Me lo faceva vedere, spiegandomi che quando passava il confine di certi stati lo copriva con un cerotto perché era meglio che non si sapesse che era un ebreo. Insomma, la strada sembra senza fine, il cielo senza stelle.
Questi amici mi spiegavano che avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di... dimenticare. Ma era un incubo dal quale non si sarebbero mai liberati.
Per questo oggi mi auguro che non passi mai in secondo piano la memoria: se ricordiamo noi per sempre il loro sacrificio, quei miei amici (che ormai non ci sono più) potranno finalmente dimenticare e riposare davvero in pace.
G. de Mozzi.
Il Treno della Memoria, promosso dalla Provincia autonoma di Trento e organizzato dall'Associazione Terra del Fuoco, è rientrato mercoledì 25 marzo dal viaggio che ha visto protagonisti 400 ragazzi trentini, tra partecipanti ed educatori, a cui se n'erano aggiunti altri 268, provenienti dalla città di Torino.
Come gli anni precedenti, i giovani hanno visitato i campi concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau e il ghetto di Cracovia.
Oggi durante la conferenza stampa sono emerse le prime riflessioni a caldo sull'esperienza di questa sesta edizione del Treno della Memoria.
All'incontro, accanto all'assessora Sara Ferrari, erano presenti Luciano Malfer, dirigente dell'Agenzia per la famiglia, la natalità e le politiche giovanili; Giampiero Girardi, responsabile dell'ufficio Giovani e servizio civile; Andrea Robol, assessore del Comune di Trento; Luca Vigliocco in rappresentanza della Terra del fuoco, l'associazione che ha gestito il progetto Treno della Memoria; Valeria Franchetto, una degli educatori che hanno accompagnato i ragazzi in viaggio e Alberto Ghidoni e Elena Peterlana, in rappresentanza dei giovani partecipanti.
Gli obiettivi del progetto sono stati pienamente raggiunti: i percorsi educativi preparatori sulla conoscenza della seconda guerra mondiale e della Shoah hanno riempito di contenuti i mesi di febbraio e marzo, mentre il viaggio si è svolto regolarmente: i ragazzi sono partiti il 20 Marzo verso Cracovia.
Il primo giorno dopo l'arrivo il gruppo ha visitato i campi di Auschwitz-Birkenau, il secondo giorno c'è stata la visita al ghetto e al Museo di Schindler, mentre il terzo e ultimo giorno è stato dedicato alla riflessione dapprima nei gruppi e infine nell'assemblea plenaria di restituzione finale.
E sono state le testimonianze di Valeria, Alberto ed Elena a raccontare oggi un piccolo pezzetto della loro esperienza al Treno della memoria. Un treno attraverso il quale, hanno spiegato i ragazzi, si prende coscienza di una cruda realtà e non si resta più indifferenti.
L’assessora Sara Ferrari, nel suo intervento, ha spiegato il perché di questa sesta edizione.
«È importante – ha spiegato l’assessora – che troviamo il modo per dare ai nostri giovani occasioni come quella del Treno, che sono evidentemente opportunità che esulano dallo standard informativo più consueto e sicuramente segnano le coscienze in maniera molto più diretta.
«I ragazzi, per i quali in genere la storia è qualcosa di lontano, grazie al viaggio in Polonia hanno avuto la possibilità di vedere in presa diretta, di vivere e di emozionarsi di fronte i campi concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau.
«Questa esperienza così forte, quando è fatta in gruppo, è un’esperienza potenziata che lascia un segno spesso indelebile. Mi fa piacere che i giovani abbiano colto una dimensione spazio temporale e cioè che il nostro piccolo Trentino è una realtà che non vive isolata dalle altre realtà e che, quindi, sta dentro una dimensione spaziale ancora più grande, ma anche dentro una dimensione temporale che ci fa pensare come mai quel tipo di tragedia immensa purtroppo non ha insegnato per sempre qualcosa al mondo.»
Luciano Malfer ha spiegato come l'incontro di oggi è nato dalla volontà di «dare un risconto alla comunità su che cosa vuol dire per i ragazzi partecipare al Treno della Memoria, per mettere in evidenza l'importanza che le Politiche giovanili danno a queste esperienze forti e significative».
«Auschwitz – ha raccontato invece Giampiero Girardi, direttore dell'Ufficio giovani e Servizio civile, che ha vissuto in prima persona l'esperienza del Treno di quest'anno – è un posto in cui non si può non essere stati se si vuol veramente capire il ventesimo secolo. Essere cittadini consapevoli significa passare anche attraverso questo tipo di progetti.»
L'assessore del Comune di Trento, Andrea Robol, che ha pure lui partecipato al viaggio, ha sottolineato come valga la pena portare avanti progetti come questo, «per dimostrare che la memoria va oltre la singola Giornata della memoria". Valeria Franchetto, infine, nel suo ruolo di educatrice, ha spiegato come uno dei punti di forza del progetto sia "lo stimolare il confronto, perché i ragazzi al giorno d'oggi hanno bisogno di comunicare».
Stefano Groff, un altro partecipante al treno, oggi non è potuto esserci, ma ci ha tenuto a far avere la propria testimonianza.
«Sicuramente questo treno è stata un'opportunità per conoscere nuove persone e fare gruppo, ma non un gruppo che si forma per uscire il sabato sera. È un gruppo che si stringe attorno a un orrore, che si muove compatto nel ricordare l'olocausto, quasi a voler simboleggiare la difficoltà nel rievocare e nel vedere certe immagini.
«Penso che il solo visitare i campi di concentramento non sarebbe stato sufficiente a stimolare la mia curiosità e a darmi una lezione di vita. Il modo in cui questo progetto è stato organizzato ha invece centrato entrambi questi obiettivi: i diversi momenti di restituzione che ho vissuto nel mio gruppo, non solo mi hanno aiutato a tirare fuori quello che pensavo e sentivo, ma mi hanno permesso di ascoltare gli altri, confrontarmi con loro e capirli.»
«Il messaggio che mi porto a casa è quello di porsi sempre in modo critico di fronte alla realtà che ogni giorno ci viene proposta, di non entrare nella (o di uscire dalla) zona grigia, di non essere indifferenti a quello che scorre davanti ai nostri occhi, di prendere una posizione, di agire, di diventare un cittadino degno di essere definito tale e quindi attivo e interessato.
«Il treno continuerà a viaggiare in me e mi piacerebbe che molte altre persone adottassero un occhio critico verso la nostra quotidianità. Da un punto di vista pratico, non so dire se questo percorso cambierà concretamente la mia vita.
«Sarebbe troppo facile dire che la mia vita verrà stravolta e tante altre belle parole; quello che posso dire con certezza è che in me si è accesa una lampadina e adesso tocca a me decidere se mantenerla accesa o spegnerla.»
Infatti il Treno della Memoria non si ferma qui: le prossime tappe saranno gli incontri di restituzione sui territori previsti nei mesi di aprile e maggio.
«Crediamo che la Memoria del passato – ha scritto in una nota Oliviero Alotto, Presidente di Terra del Fuoco – sia un valore che non dev’essere dimenticato, e che questo progetto sia per i ragazzi una eccezionale opportunità di vivere un'esperienza fondamentale nel loro percorso di crescita, per diventare cittadini attivi e consapevoli.
«Per questo noi diciamo sempre che il Treno comincia adesso, perché il vero risultato di questo progetto sono le ragazze e i ragazzi che dal giorno del loro rientro a casa diventano degli ambasciatori di cittadinanza attiva e consapevole.»