A Trento il raduno dei sindacati giornalisti di tutto il mondo

La libertà di stampa arretra in Italia e in tutto il mondo – In Turchia il più alto numero di giornalisti in carcere – In Italia il primato europeo dei giornalisti sotto scorta

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Si è svolta oggi a Trento la Giornata internazionale della libertà di stampa.
Sul palco, accanto all'assessore provinciale e al sindaco, vi erano anche Rocco Cerone, segretario del Sindacato giornalisti Trentino Alto Adige che ha ricordato il triste record europeo detenuto dall'Italia dei giornalisti sotto scorta, il presidente dell’Ordine regionale Mauro Keller, nonché appunto il presidente di «Articolo 21» Paolo Borrometi, uno dei 22 giornalisti italiani sotto scorta, e il presidente della Federazione Nazionale della Stampa, Giuseppe Giulietti; presenti anche referenti del Sindacato Giornalisti Veneto e di Assostampa Friuli Venezia Giulia.
 
La scelta della città di Trento come capitale italiana dove promuovere la corretta informazione e il no ad ogni tipo di censura non è stata casuale: all'incontro erano presenti i familiari e la fidanzata di Antonio Megalizzi il giovane aspirante giornalista ucciso lo scorso dicembre durante un attentato terroristico a Strasburgo.
Una scelta poi che va nella direzione del XXVIII congresso FNSI che si è tenuto a Levico attorno al tema «L’informazione non è un algoritmo» e del Protocollo sulla cultura dell’informazione, siglato dal Sindacato e Ordine dei giornalisti con la Provincia autonoma di Trento per contrastare, con corsi di formazione nelle scuole trentine, il dilagare delle fake news e del linguaggio dell’odio.
 
«Dobbiamo far partire da Trento un appello contro i nuovi bavagli, per chiede all’Europa di porsi il problema della tutela della libertà di stampa.»
Lo ha detto stamattina il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, in occasione dell’iniziativa di apertura per la Giornata internazionale della libertà di stampa.
«Tagli e bavagli stanno avanzando in tutta Europa: ci sono paesi in cui la libertà di informazione non è considerata un valore essenziale, – ha precisato Giulietti. – Ci sono governi che considerano normale chiudere le voci delle differenze e delle diversità e ferire a morte i diritti di cronaca, per impedire ai cittadini di essere correttamente informati su malaffare, mafia e corruzione.
 
A lanciarlo, è chi affronta il problema tutti i giorni, come Paolo Borrometi, uno dei giornalisti che vivono sotto scorta, e Monica Andolfatto, cronista del Gazzettino, finita nel mirino dei casalesi per le sue inchieste sulle infiltrazioni mafiose in Veneto, hanno lanciato il grido d’allarme proprio partendo da Trento.
«La libertà di stampa arretra in Italia e in tutto il mondo. Al nostro Paese il triste primato dei giornalisti sotto scorta. L'Italia ha il suo triste primato: è il Paese europeo con il più alto numero di giornalisti sotto scorta, sono 21.
«Ecco perché parlare di libertà d'informazione a rischio suona, nella penisola, come un grido d'allarme.»
 
Ma a essere ammalata è l'informazione un po' in tutto il mondo.
La libertà di stampa arretra, con casi limite come la Turchia, la più grande prigione di giornalisti al mondo, come ha ricordato Fazıla Mat, dell'Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, e poi c'è la Siria, raccontata da Asmae Dachan.
La prova che ogni limite alla libertà di stampa è un limite a tutte le libertà individuali. Per questo è un bene da difendere, sottolinea Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa, Fnsi.
 
«Il pluralismo e la verità si possono raggiungere solo operando in un contesto libero, e anche se è innegabile che per raggiungere la verità si toccano spesso argomenti scomodi, la stampa deve continuare in questo suo ruolo, fondamentale anche per le categorie politiche, perché solo così i giornalisti ci aiutano, per così dire, a tenere i piedi per terra.»
Queste sono le parole con le quali l'assessore provinciale agli enti locali e rapporti con il Consiglio provinciale, Mattia Gottardi, è intervenuto alla manifestazione promossa dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
 
Sulla libertà del nostro giornale, l’Adigetto.it, dobbiamo dire alcune cose.
In Trentino siano ben lontani da problematiche che possano richiedere la scorta a qualche giornalista scomodo, per cui potrebbe suonare irriverente descrivere le pressioni che comunque giungono di tanto in tanto anche a noi.
La pressione psicologica più diffusa e certamente più subdola è quella delle cause temerarie. Si chiamano «temerarie» le cause che vengono mosse sapendo a priori che verranno perse da chi le avvia, il cui scopo è evidentemente quello di intimidire il giornale e il giornalista.
Minacce ne abbiamo ricevute anche noi, ma si è sempre trattato di fanfaroni che provavano a farci cambiare rotta in certi argomenti. Non solo in negativo, sia ben chiaro: a qualcuno non andava già che parlassimo bene di una assessora…
Quanto ai rapporti con l’editore, le cose vanno bene perché gli editori siamo noi. Non abbiamo santi in paradiso che ci sostengono e la pubblicità arriva regolarmente, grazie alla varietà dell’offerta redazionale, alla correttezza professionale e alla moderazione del nostro linguaggio.
La presenza in regione di una grossa concentrazione di testate nelle mani di un’unica persona non ci preoccupa dal punto di vista giornalistico. Ci preoccupano di più le pressioni contrattuali che i monopoli in genere riescono a esercitare. Pressioni che alla lunga potrebbero incidere sulla qualità dell’informazione, non certo sui contenuti. Ma ci stiamo lavorando.
 
Per restare nel campo della pubblicità, che è una delle fonti di reddito dei giornali e quindi - appunto - della qualità dell’informazione anche nella stampa cartacea, ricordiamo che il vicepremier Luigi Di Maio ha da tempo disposto che le aziende controllate dallo Stato non diano pubblicità a certi giornali.
Una palese violazione della libertà di stampa, condannata anche dall’Europa.
Ma va condannata anche dal punto di vista economico delle aziende interessate, perché la pubblicità non è un mezzo per finanziare i giornali, ma uno strumento d’impresa. La pubblicità va fatta se serve. Punto.
Una prova della scarsa preparazione economica del Ministro «dello sviluppo economico».

GdM