Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

Il 24 novembre 2021 il prof. Andrea Segrè parlerà di perdite agricole, spreco alimentare e Dieta mediterranea – L’intervista

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Sta per concludersi il seguitissimo ciclo di incontri «Torniamo a tavola!», a cura dell’Associazione Castelli del Trentino di Mezzolombardo, in collaborazione con l’Associazione Rosmini di Trento.
In occasione dell’ultimo appuntamento, fissato per mercoledì 24 novembre 2021, Andrea Segré, professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata presso l’università di Bologna e fondatore della campagna «Spreco Zero», parlerà di «Perdite agricole, spreco alimentare e Dieta mediterranea. Visione e impegno del sistema agroalimentare italiano».
L’evento avrà luogo, come i precedenti, dalle 17 alle 18.30 in modalità webinar.
Tramite questo link si potrà accedere alla stanza virtuale (accessibile anche attraverso il sito www.associazionecastellideltrentino.com).
 
Da oltre trent’anni l’associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
A riprova della stima di cui è circondata, le iniziative godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista, anche se Andrea Segré non ha certo bisogno di presentazioni.

Dal 2000 è professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata all'Università di Bologna, dove è stato preside della Facoltà di Agrarie (2005-2012) e direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie agroalimentari (2012-2015).
Ha insegnato Economia circolare all’Università di Trento (2015 -2018). Studia e applica i fondamenti dell’ecologia economica, circolare e sostenibile.
Fondatore di Last Minute Market-impresa sociale, spin off accreditato dell'Università di Bologna, ideatore della campagna «Spreco Zero» e direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher per l’economia circolare e lo sviluppo sostenibile.

Attualmente è presidente della Fondazione F.I.CO e del Centro Agroalimentare di Bologna. Dal 2015 al 2020 è stato presidente della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti fra i quali il Premio internazionale Pellegrino Artusi nel 2012.
Autore di libri e articoli su riviste internazionali e nazionali, fra i quali ricordiamo il saggio uscito per Rizzoli nel 2019, «Il metodo spreco zero», e il libro fresco di stampa, scritto con Ilaria Pertot, dal titolo «E poi? Scegliere il futuro», uscito per Edizioni Ambiente.
Segnaliamo inoltre che tramite questo link si può accedere al sito della Campagna Spreco zero.
 

 
Nella conferenza su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione?
«Cercherò di collegare le perdite agricole in campo con le eccedenze alimentari lungo la filiera, lo spreco domestico nelle nostre case e l’adozione di una dieta sana e sostenibile, come la Dieta mediterranea. Sembrano azioni non collegate, cercherò di dimostrarne il collegamento.»
 
Quali sono brevemente gli obiettivi della campagna «Spreco Zero», di cui lei è fondatore?
«Sono quelli di sensibilizzare tutti noi, cittadini, produttori, distributori, istituzioni, politici, al tema dello spreco. Lo spreco, infatti, rappresenta un insostenibile costo ambientale, economico e sociale che deve essere azzerato. Lo si può fare partendo dall’educazione alimentare.»
 
In che modo la lotta agli sprechi alimentari contribuisce alla sostenibilità?
«In modo enorme! Ciò che si spreca a livello globale, un terzo della produzione, rappresenta il terzo produttore di gas climalteranti, dopo Stati Uniti e Cina. Lo spreco alimentare ha un impatto enorme sull’ambiente e sul riscaldamento globale. Inoltre, c’è da considerare il cosiddetto spreco metabolico, cioè il mangiare in eccesso.
«Ci sono un miliardo e seicento milioni di persone che sono in sovrappeso, di cui una parte importante è obesa; questo eccesso di calorie significa anche un eccesso di produzione con impatto sull’ambiente.
«Non ce ne rendiamo conto, ma quando sprechiamo dei prodotti lungo la filiera, una questione molto legata ai nostri comportamenti, alle nostre abitudini, abbiamo un grande impatto sull’ambiente e la mia tesi, molto pratica, è che è da qui che dobbiamo incominciare: azzerare lo spreco domestico e lo spreco calorico, promuovere diete sane e sostenibili.
«Se iniziassimo da subito a livello globale potremmo dare un grande contributo alla riduzione di gas a effetto serra.»
 
In tema di spreco alimentare, come si pongono i consumatori italiani? C’è una reale consapevolezza collettiva che induce le persone a cambiare comportamento rispetto al passato?
«La sensibilità sta aumentando. Waste Watcher, l’osservatorio internazionale su cibo e sostenibilità, ormai da dieci anni fa un monitoraggio continuo sui consumatori italiani; l’ultimo dato, ancora molto alto, ci porta a uno spreco pro capite settimanale di 529 grammi, il più basso di tutti i Paesi che abbiamo analizzato, sette più l’Italia.
«Tra l’altro, dentro questi 529 grammi ci sono: frutta, verdura, pane, latte, quindi prodotti importanti per la nostra dieta. Perciò, anche l’Italia, che pure dimostra una certa sensibilità, ha una strada ancora importante da fare.»
 
Può condividere una considerazione in merito all’indagine di Waste Watcher, l’Osservatorio di cui lei è il direttore scientifico, sul rapporto fra cibo e spreco?
«Una considerazione amara: noi nel tempo abbiamo perso il valore del cibo. Lo sprechiamo perché non sappiamo più cosa è, a cosa ci serve, che impatto ha sulla nostra salute, sull’ambiente. E lo vogliamo pagare sempre di meno, quindi compriamo cibo che vale poco: se costa troppo poco vuol dire che vale poco!»

Che obiettivi si pone l’Osservatorio e qual è la metodologia adottata?
«La metodologia adottata è un’indagine a campione stratificato, la realizziamo con un partner tecnico, IPSOS, presente in novanta Paesi. L’obiettivo non è quello di fare una classifica degli spreconi, ma di cercare di capire quali possono essere le soluzioni per contrastare lo spreco, cosa funziona e cosa no. L’Osservatorio si propone di fornire alla collettività strumenti di comprensione delle dinamiche sociali, comportamentali e degli stili di vita che generano e determinano lo spreco delle famiglie.»
 

 
Quali sono gli alimenti più sprecati nel mondo?
«Come si vede dal report, frutta e verdura sono i cibi più sprecati al mondo. Poi, c’è il pane fresco, il latte e diversi altri.»
 
Quali sono le maggiori cause dello spreco alimentare?
«Le cause principali dello spreco variano da Paese a Paese. Lo spreco domestico la fa da padrone. Le maggiori cause sono l’inconsapevolezza, la disorganizzazione, spesso si fa una lista della spesa senza pensare a cosa serve realmente, inseguendo sconti e offerte. Quindi, la non programmazione, la mancata osservazione delle scadenze, delle informazioni che sarebbero facilmente reperibili ma che nessuno si cura di trasmettere. È quello che cerchiamo di fare da qualche anno, promuovendo l’educazione alimentare nelle scuole e in ogni contesto dove è utile parlarne.»
 
Un pensiero in merito alle buone pratiche di un Paese circolare e sostenibile…
«Una buona pratica, in realtà, è quella di aver inserito nei programmi scolastici l’Educazione alimentare. Una misura importante che, tuttavia, non viene applicata in modo organico. In Italia, molte scuole offrono dei programmi molto interessanti, anche in Trentino, ma non c’è una materia istituzionale specifica, c’è l’Educazione civica, una materia trasversale che affronta però diversi argomenti.
«Oggi uno dei problemi è quello dell’impoverimento economico che si traduce in povertà alimentare, assistenza alimentare. Ci sono Paesi che hanno adottato delle misure che funzionano, per esempio la Francia ha un’ottima legge che obbliga il recupero.
«In Italia c’è una legge che non lo obbliga, in questo momento tutto il cibo che è in eccesso dovrebbe essere recuperato a fini caritativi, potremmo prendere esempio dalla Francia.»
 
La pandemia quali problematiche ha acutizzato in ambito alimentare?
«Come ho detto, è aumentata la povertà. Ho formulato una proposta precisa sui temi del cibo, della salute e della sostenibilità, il Recovery Food; questo strumento ha avuto un grande successo mediatico ma la politica si è dimostrata sorda.
«C’è stato un effetto positivo della pandemia, soprattutto durante il lockdown; questo stare tutti a casa, cucinando, facendo la spesa mirata, usando al meglio il frigorifero, ha diminuito notevolmente lo spreco alimentare.
«È aumentata la consapevolezza del valore del cibo, c’è stato un calo, rispetto al 2019, di quasi il 12% per ciò che riguardo lo spreco domestico. Adesso si tratta di mantenere queste buone abitudini.»
 
Lei è autore di numerose pubblicazioni, fra cui «Il metodo spreco zero» pubblicato da Rizzoli. Come è strutturato e a che pubblici si rivolge?
«È un manuale di Economia domestica, come si diceva una volta, oggi di Educazione alimentare, che offre dei suggerimenti pratici a tutti: come fare la lista della spesa; come trasportare i prodotti dal supermercato a casa senza farli deperire; come usare il frigorifero, scegliendo temperature diverse, scomparti diversi, optando per la rotazione dei prodotti; come leggere le etichette, le scadenze; come cucinare ciò che avanza; come fare la raccolta differenziata e molto altro. Tutti accorgimenti che aiutano ad avere, provare per credere, il bidone della spazzatura vuoto, evitando ogni spreco.»
 
Progetti editoriali futuri?
«L’ultimo libro che ho scritto con una collega dell’Università di Trento, Ilaria Pertot, dal titolo E poi? Scegliere il futuro, è fresco di stampa. La mia attenzione è ora rivolta alla promozione di questo volume, da poco uscito per Edizioni Ambiente.»

Daniela Larentis – [email protected]