Siria: colloqui tecnicamente inutili, ma politicamente importanti

Si afferma la centralità della Russia di fronte all’impreparazione Europea e all’indifferenza americana

Nelle giornate del 23 e 24 gennaio si è svolto ad Astana, in Kazakistan, un nuovo round di colloqui sulla crisi siriana.
I negoziati, promossi da Russia, Iran e Turchia, hanno visto la partecipazione di rappresentanti sia del Governo di Bashar al-Assad sia di circa quindici gruppi di opposizione.
Nonostante inizialmente fossero previsti dei colloqui diretti tra le parti, le riunioni sono state caratterizzate da un clima di reciproche accuse tra i contendenti che non ha permesso di raggiungere alcun risultato tangibile sul piano della mediazione diplomatica.
Nella dichiarazione finale, infatti, è contenuto esclusivamente l’impegno da parte dei rappresentanti dei tre Paesi promotori di stabilire un meccanismo per assicurare l’applicazione del cessate il fuoco raggiunto nel Paese lo scorso 29 dicembre 2016.
 
Se sul piano negoziale non sono stati compiuti significativi passi avanti, sul piano politico i colloqui in Kazakistan hanno di fatto riaffermato la centralità della Russia, dell’Iran e della Turchia nello sviluppo delle future dinamiche siriane.
In particolare, l’esito degli incontri di Astana appare essere particolarmente favorevole al Cremlino che, attraverso i colloqui, ha definitivamente consolidato sul piano politico-diplomatico i risultati militari ottenuti delle forze lealiste e, grazie al mantenimento del regime di «cessate il fuoco», potrebbe maggiormente concentrare la propria azione militare nella provincia orientale del Paese contro le milizie di al-Baghdadi.
Al contrario, in questa fase gli Stati Uniti ed i Paesi europei appaiono piuttosto al margine delle trattative.
Se Trump per il momento si è limitato a chiudere le porte anche ai siriani, l’Unione Europea continua a pagare l’assenza di una politica comunitaria in relazione al conflitto siriano, nonostante le ripercussioni che quest’ultimo continua ad avere sul Continente.