150 anni fa scoppiò la prima grande crisi economica mondiale
Durò 22 anni e fu detta la «Lunga Depressione». Fu dimenticata quando scoppiò la crisi mondiale per antonomasia, quella del 1929, detta la «Grande Depressione»
La Lunga deporessione negli USA.
La grande depressione del 1873, nota anche come «Lunga depressione» perché si protrasse fino al 1895 fu causata da una eccessiva offerta di prodotti agricoli e industriali che causò il crollo dei prezzi, l'abbassamento dei salari e il licenziamento di migliaia di persone.
Fu la prima manifestazione di una crisi economica moderna, evidenziando la ciclicità dei processi economici globali, caratterizzati da fasi espansive e conseguenti fasi depressive.
Durò ben 22 anni fu detta «la Lunga Depressione», fino a quando nella memoria collettiva essa fu soppiantata dalla crisi mondiale per antonomasia, quella del 1929, detta la «Grande Depressione».
L’altra sera hanno fatto vedere in televisione un film sulla strage del generale George A. Custer avvenuta nel 1876 al Little Bigorn, dove morirono 268 soldati americani e (forse) 300 indiani. La vicenda del film non rispettava minimamente la verità storica, ma ci ha suggerito di scrivere le ragioni che portarono al conflitto con gli indiani, riconducibili in buona sostanza alla Lunga Depressione. Le Colline Nere – dette così per la folta vegetazione – per i pellerossa erano (e sono tuttora) sacre, dove i giovani andavano in meditazione e gli sciamani alla ricerca di visioni e indicazioni per il futuro. Ma la grande crisi scoppiata tre anni prima aveva cancellato il Sogni americano e avviato l’incubo dell’indigenza. E, quando corse voce che nelle Colline Nere c’erano grandi quantità di oro, nessuno fu in grado di impedire ai minatori di andare alle montagne, in barba a tutti i trattati sottoscritti con gli indiani. Ecco, è bene sapere che alla base di tutto c’era sì l’avidità dell’uomo bianco, ma anche la necessità di fuggire dalla fame e dalla miseria. Ben lontani da giustificare i minatori, sia ben chiaro, vogliamo solo fare chiarezza storica a 150 anni dalla Lunga depressione. |
La grande depressione del XIX secolo fu la prima crisi economica a essere chiamata «Lunga depressione» per vastità di portata ed estensione temporale in cui dispiegò i suoi effetti.
Contrariamente a ciò che sarebbe accaduto nel 1929, la crisi ebbe inizio a Vienna nel 1873 e si propagò anche negli Stati Uniti d'America durante la presidenza di Ulysses S. Grant, dopo oltre vent'anni di incessante crescita economica determinata dalla seconda rivoluzione industriale e si protrasse quasi sino alla fine del XIX secolo.
Per la prima volta, nel mondo sviluppato, i generi alimentari erano prodotti in quantità ben superiori alle necessità. Rimasero invendute grandi quantità di derrate alimentari, furono licenziati contadini e allevatori, che si trovarono così nell’impossibilità di fare acquisti di beni di prima necessità.
Le fabbriche si trovarono i magazzini pieni e, nell’impossibilità di vendere i prodotti, licenziarono a loro volta gli operai e gli impiegati.
Adesso la gente non aveva i soldi neanche più per acquistare prodotti alimentari. La crisi era avviata e non c’erano modelli di studio per farvi fronte. Ma quel che è peggio è che non c’erano ammortizzatori sociali di sorta.
La forte e perdurante deflazione innescata a livelli strutturali, durante l'intero ventennio provocò massicci licenziamenti e riduzioni salariali, repressioni ai danni dei sindacati e vasti movimenti migratori dalle campagne alle città e dalle aree meno sviluppate a quelle economicamente più forti del mondo.
L’aspetto più singolare e paradossale è che il PIL per contro continuò a crescere senza mostrare cioè caratteri puramente recessivi.
La Lunga depressione a Vienna.
La crisi ebbe avvio in Europa con una forte ondata di vendite sulla piazza borsistica di Vienna l'8 maggio 1873, per il timore generalizzato della perdita dei risparmi da parte degli investitori.
Negli Stati Uniti d'America invece, il 18 settembre successivo, il fallimento (a causa di ingenti prestiti, divenuti irrecuperabili, investiti nel settore ferroviario, in particolare nella Northern Pacific Railway) della grande banca newyorkese Jay Cooke & Company, uno dei maggiori istituti statunitensi, diede il via ad un'ondata di panico (il «panico del 1873») che si diffuse nell'economia statunitense e poi in tutti gli altri paesi industrializzati.
Nel giro di pochi mesi la produzione industriale degli Stati Uniti cadde di un terzo per la mancanza di acquirenti mentre aumentava a dismisura la disoccupazione. Presto la crisi si diffuse anche in Gran Bretagna, Francia e Germania.
La carenza sul lato della domanda provocò un improvviso e rovinoso calo dei prezzi (deflazione che interessò l'intero ventennio di crisi), con una quantità sempre crescente di scorte di magazzino invendute che indussero i produttori ad avviare massicci licenziamenti nel settore industriale.
La crisi ebbe avvio anche da una scarsa circolazione monetaria (in generale declinante, tranne casi isolati come quello dell'Austria-Ungheria e della Russia, dove la circolazione monetaria aumentò) in una fase caratterizzata dall'entrata in vigore della convertibilità della moneta in oro (gold standard) in numerosi paesi industrializzati e la fine del bimetallismo.
Nel settore agricolo l'ingresso ingente di merci statunitensi in Europa (favorito dai miglioramenti nel settore dei trasporti, col passaggio dalla vela al vapore), a seguito di annate agricole negative, provocò una caduta dei prezzi che mandò in rovina moltissimi piccoli produttori vissuti fino ad allora all'interno di un mercato regionale caratterizzato da bassi profitti e tecnologicamente arretrato rispetto a Gran Bretagna e Stati Uniti.
Innescò vasti movimenti migratori tra paesi (secondo direttrici che procedevano dall'Europa agli USA o ai paesi dell'America Meridionale, dall'Europa meridionale al nord Europa), soprattutto in partenza dalle aree economicamente più deboli (paesi periferici europei, tra cui Italia, Irlanda, Spagna, Europa orientale), e dalla campagna verso la città, determinando un forte aumento dell'inurbamento e della disponibilità, in tempi successivi, di manodopera da impiegare nel settore industriale.
Nel contempo la crisi del settore agricolo avviò esperimenti di specializzazione delle colture e in alcuni casi l'evoluzione in senso capitalistico delle aziende agricole soprattutto in Germania (barbabietola), Francia (vitivinicoltura) e in Italia Settentrionale (Pianura padana).
La crisi di sovrapproduzione si manifestò anche come conseguenza dell'ascesa degli Stati Uniti e dell'Impero tedesco come nuove potenze mondiali.
Le riparazioni imposte dalla Germania alla Francia a seguito della guerra franco-prussiana del 1970 (ammontavano a 6 miliardi di franchi in oro) furono reinvestite al fine di alimentare un processo di rafforzamento del settore siderurgico (complice anche l'acquisizione di vaste aree a produzione carbonifera dell'Alsazia e della Lorena), con una susseguente euforia speculativa sui mercati borsistici.
Parimenti negli Stati Uniti si avviava una forte espansione del settore ferroviario e un ingrossamento della bolla finanziaria legata al settore.
Fu la prima manifestazione di una crisi economica moderna, evidenziando la ciclicità dei processi economici, caratterizzati da fasi espansive e conseguenti fasi depressive.
Mentre infatti le crisi dell'Ancien Régime si manifestavano sotto forma di carestie (quindi crisi da sottoproduzione), il nuovo tipo di crisi che il mondo andava sperimentando si configurava come crisi di sovrapproduzione.
Assalto alla Fourth National Bank di New York da parte dei risparmiatori, il 4 ottobre 1873.
Crisi agraria
Nel settore agricolo la crisi si manifestò come una forte eccedenza di offerta sulla domanda ovvero un aumento della produzione non sostenuto da un'adeguata domanda e l'emergere di nuove potenze nella produzione agricola, come Stati Uniti, Australia e Argentina.
La caduta dei prezzi e la forte concorrenza ridussero in rovina migliaia di contadini e si accrebbe in maniera preoccupante la dipendenza europea dalla produzione agricola d'oltreoceano.
L'agricoltura ne risultò fortemente trasformata.
In primo luogo il numero di occupati nel settore agricolo iniziò a diminuire costantemente. In secondo luogo l'agricoltura mondiale venne ristrutturata secondo principi di divisione del lavoro.
Vi furono regioni, come il Regno Unito, dove l'agricoltura assunse un ruolo marginale rispetto all'industria.
In altre zone si passò alla produzione di prodotti più redditizi e che richiedevano un minor uso di manodopera.
In altre aree, come la Germania o l'Italia settentrionale, si accelerò la trasformazione delle aziende agricole in senso capitalistico per far fronte alla concorrenza statunitense.
Crisi industriale
Le cause che portarono alla crisi industriale sono del tutto simili a quelle della crisi agricola: le industrie cioè producevano molto più di quanto il mercato potesse assorbire sotto forma di consumi.
L'indice più vistoso della crisi fu la caduta dei prezzi.
In sintesi si può spiegare che la crisi scoppiò per la concomitanza di tre fattori:
- aumento del progresso tecnologico, che favorì un incremento della produzione di beni;
- aumento del numero di paesi industrializzati, e in particolare ingresso di nuovi attori economici nel mercato globale (Stati Uniti e Germania guglielmina);
- imposizione di bassi salari, con conseguente riduzione dei redditi e crisi sul lato della domanda aggregata.
La fine della depressione e le trasformazioni dell’economia capitalista
La conseguenza politica della Crisi fu il colonialismo, che fece riprendere l'economia a spese del Terzo Mondo.
Infatti, dopo il 1895 la Lunga depressione dell’economia allentò la sua morsa e l’ottimismo che aveva inizialmente contraddistinto il periodo della Rivoluzione industriale tornò ad animare lo spirito dei paesi occidentali.
Per un ulteriore ventennio, fino allo scoppio della Grande Guerra, i dati economici fecero registrare grandi risultati mentre la modernità - grazie ad altre invenzioni come l’aviazione, il cinema e la radio - irrompeva nella vita quotidiana.
Un periodo che, grazie anche all’assenza di conflitti militari di rilievo, venne poi ribattezzato Belle Epoque.
G. de Mozzi