Il Sogno Europeo: Democrazia, Pace, Sicurezza – Di Cesare Scotoni
Si deve tornare ai principi codificati dai Padri fondatori dell’Europa se vogliamo trovare la forza e la volontà per costruire la Pace
L’interessante evento, organizzato a Roma dal Parlamento Italiano e dai rispettivi Capo Delegazione presso il Consiglio d’Europa e presso l’Assemblea Parlamentare della NATO per celebrare il doppio anniversario dei 75 anni dalla costituzione del Consiglio d’Europa e contestualmente della stessa NATO, ha offerto l’opportunità di un pubblico confronto sulla triplice ambizione che unì i grandi sconfitti del Secondo conflitto mondiale e la Francia sconfitta dalla Germania nazista in un ambizioso Progetto comune di ricostruzione identitaria e valoriale che permettesse ad un’Europa uscita dilaniata e distrutta dalla guerra che l’aveva attraversata in 25 anni.
Le ambizioni totalitarie, che avevano perduto il confronto con le democrazie occientale, trionfavano però a oriente. E la debolezza degli sconfitti, unita alla presenza sociale e politica in quei paesi distrutti dalla guerra e occupati dagli Anglo Americani e dai loro alleati, dei partiti comunisti organicamente coordinati da Mosca nella loro organizzazione Internazionale, erano una parte rilevante della pesante eredità di quel conflitto.
Degasperi, Schumann e Adenauer lavorarono per uno sviluppo della cooperazione tra gli ex nemici in nome della ricostruzione postbellica e individuarono in Democrazia, Pace e Sicurezza le condizioni per garantirlo.
Puntare a un’alleanza difensiva che legasse in un modo che fosse semplice ed efficace occupanti ed occupati e obbligasse quindi ciascun alleato a investire nell’apparato di difesa e ad intervenire in favore dell’altro in caso di una aggressione militare esterna fu lo strumento individuato per garantire la Sicurezza con numeri in grado di scoraggiare un eventuale aggressore.
Il vincolo successivo che fu posto, ovvero che gli alleati in quella alleanza fossero democrazie rappresentative e non i modelli totalitari che avevano favorito i conflitti e che le rispettive assemblee parlamentari avessero un ruolo nello stabilire il rispetto di quel vincolo, si realizzò con l’istituzione del Consiglio d’Europa.
La Pace individuata come fine implicava ai partners di accettare delle limitazioni alla propria Sovranità Nazionale e lo stesso art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana ne è traccia evidente.
Il successivo contrapporsi all’Alleanza Atlantica del Patto di Varsavia non vedeva un’Unione Sovietica dove il Partito Comunista esauriva in sé il tema della Rappresentatività, dotarsi di uno strumento simile al Consiglio d’Europa né tantomeno l’esperienza della Guerra Patriottica e della Rivoluzione Proletaria Universale potevano vedere la Pace come un fine.
Questa la genesi di quelle scelte di 75 anni fa e l’occasione della celebrazione.
L’intenso, plurale e partecipato dibattito tra i parlamentari di tante nazioni, proprio a ridosso dell’elezione di quel Donald Jr. Trump che dopo le guerre di Clinton (che per primo il 24 marzo 1999 utilizzò la NATO al di fuori di quel quadro di aspirazioni che a Roma si celebrava), di Bush, di Obama e prima di quelle di Biden, richiamò gli Alleati a ripristinare il proprio livello di investimenti nell’Alleanza, pronto in caso contrario a ritirare le truppe USA da un’Europa ricca ed inadempiente, non poteva non riflettere quella preoccupazione.
Così come la presenza di delegati di Ucraina e Georgia portava l’istanza di chi, in una Federazione Russa che dal 2014 appare sempre più intenzionata a rivendicare un proprio ruolo regionale, vede un rischio per le proprie recenti ambizioni e rivendicazioni.
L’Europa a trazione Franco Tedesca, che immaginava di affrancarsi dagli oneri che l’alleanza militare comporta per capitalizzare piuttosto l’integrazione tra le aziende della difesa europee, in primis francesi, italiane e tedesche nel 2021 ha perso l’Italia, che con Draghi ha ribadito che l’esercito europeo c’è già ed è la NATO è la stessa Europa che, con Prodi, puntò sull’allargamento mettendo in secondo piano le ambizioni del Consiglio d’Europa di fissare dei criteri a garanzia della democrazia ritrovata delle nomenclature dei totalitarismi comunisti per orientarne invece l’attività sui «nuovi diritti» e sulle fake news.
Lampante a tutti i presenti quindi come le ragioni stesse che 75 anni fa permisero a ben 12 Paesi la costruzione di quella doppia architettura di Difesa e di Sviluppo Democratico siano state inficiate prima con la Georgia di Shakashvili e poi con l’Ucraina di Poroschenko il sostenere che un Paese in cui l’opposizione parlamentare viene messa fuori legge, i parlamentari che non si adeguano vengono privati di passaporto e cittadinanza e le elezioni non si tengono, abbia quelle caratteristiche democratiche che il Consiglio d’Europa dovrebbe sancire, o anche accettare che gli accordi di Minsk2I, che furono approvati all’unanimità dall’ONU che li fece propri, siano stati vanificati da Francia e Germania come garanti mancati o il fingere per mesi che l’esplosione del NorthStream2 non sia stato un atto di guerra alla Germania ed all’Unione Europea figlia della CEE.
La distanza tra le grandi ambizioni, i bei principi ispiratori e le tante ragioni di opportunità di breve periodo è emersa come un limite gravissimo alla credibilità accumulata nei primi 50 anni, così come è emersa l’urgenza di ritornare quanto prima ad un’iniziativa europea che riporti quel progetto su due pilastri alle ambizioni dei fondatori e in quel solco abbandonato il 24 marzo 1999.
Con la Volontà e la Forza per Costruire la Pace.
Cesare Scotoni