Prosegue il cammino delle Zebrette - Di Paolo Farinati

Football Club Rovereto: intervista al portiere Stefano Chimini, punto di riferimento

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Nel mentre le «zebrette» roveretane proseguono il loro cammino con determinazione in testa al Campionato di Promozione del Trentino, abbiamo il grande piacere di incontrare Stefano Chimini, portiere di indiscusse capacità e portatore di un’esperienza assai prestigiosa.
Stefano incarna e trasmette valori umani e sportivi molto importanti, e lo fa con rispetto verso tutti e con rara signorilità.
È un punto di riferimento per la società e per tutti i compagni di squadra, un prezioso esempio per gli atleti più giovani.
Sinceri complimenti.

 

 
Caro Stefano, sei arrivato a Rovereto con un curriculum sportivo di assoluto prestigio. Ce lo racconti in breve?
«Ho giocato per strada e in oratorio fino all'età di 13 anni, dopo di che la mia prima vera esperienza calcistica fu nell'A.C. Salò, ora Feralpisalò, nella categoria dei giovanissimi nazionali. Dopo di che l'anno dopo mi ritrovai a disputare l'intero Campionato di prima squadra in Serie D, alternato con il Campionato juniores. Sono passato poi all'Albinoleffe, in cui ho disputato due campionati Primavera e uno di Serie B. Poi ho fatto rientro alla Feralpisalò in C1, dove poco dopo un infortunio mi ha costretto nel mercato di gennaio a scendere in Serie D, alla Fersina Perginese, per recuperare e fare minutaggio. Conclusa questa esperienza ho firmato un triennale con l'A.C. Monza in Lega Pro, in cui ho disputato gli anni più belli, conclusisi però con il fallimento della società, rilevata poi da Colombo e da Berlusconi. Fatto rientro verso casa e accasatomi al Dro ho disputato 4 anni di serie D e 1 nel Campionato di Eccellenza regionale. Nel dicembre del 2019 il mio arrivo a Rovereto.»  
 
Tu hai giocato pure in Serie B. Quali le differenze tra un Campionato professionistico e uno dilettantistico, al di là del comprensibile diverso livello tecnico degli atleti?
«C'è differenza in tutto. In primis per il fatto che un livello è disputato per lavoro e l’altro, molte volte, per hobby. Ovviamente, come in qualsiasi attività, chi giornalmente lavora in un settore piuttosto che in un altro ha capacità, in questo caso fisiche, tecniche e morali, assai differenti. La cura dei dettagli, i ritmi ma sopratutto la mentalità sono la base nel professionismo.»
 
La scelta di venire a Rovereto da cosa è scattata?
«La scelta principale è stata quella famigliare e lavorativa. Con la nascita di mia figlia volevo assicurarmi di avere più tempo libero. Non ti nascondo, poi, che purtroppo a Dro si era creato un ambiente in cui non mi ci ritrovavo più.»
 
Tu sei meritatamente tra i leader della squadra. Questo cosa significa per te sul campo e nello spogliatoio?
«In realtà cerco di fare quello che ho sempre fatto fin da quando sono ragazzino. Ho sempre cercato di comportarmi in maniera corretta senza mai andare sopra le righe, questo lo era una volta per dimostrare ai più grandi che avevo rispetto e abnegazione per quello che facevo e lo è ora per cercare di trasmetterlo ai più giovani.»
 

 
Quella del portiere è una visuale della partita unica e molto importante. Come «comandi» la difesa e la squadra da dietro?
«Cambia molto in relazione ai compagni che hai di fronte. Ci sono quelli che hanno bisogno del consiglio in più e altri invece che per caratteristiche necessitano solo di essere mantenuti attenti.»
 
Mister Eccher ama un calcio moderno, con molto pressing e veloce gestione del pallone. Quale è la tua filosofia del calcio?
«Beh, sicuramente nel calcio moderno è la filosofia che va per la maggiore. Poi la differenza la fanno gli obiettivi, le individualità e l'organico a disposizione.»
 
L'Italia è stata ed è terra di grandi portieri. A chi ti sei ispirato?
«Io sono cresciuto con le prodezze di Gigi Buffon, per questo è stato, lo è e resterà la mia più grande fonte d'ispirazione in ambito calcistico.»
 
Il Football Club Rovereto ha impostato un progetto a medio termine, puntando anche sul suo vivaio. Condividi questa impostazione?
«Assolutamente sì, è uno dei motivi per cui ho scelto di venire a Rovereto. L'impostazione sulla crescita dei giovani è un grande plus calcistico ma sopratutto sociale. La capacità sta nell'aiutare a crescere questi ragazzi con i principi sani che caratterizzano lo sport di base, non badando ai risultati ma alla crescita personale e di gruppo, sia come calciatori che come uomini del futuro.»
 

 
Quanti stimoli ti e vi arrivano dai giovani che sono in squadra? Come ti rapporti con il promettente diciassettenne portiere Manica?
«Sicuramente per i giovani dobbiamo essere un esempio in tutti i sensi, sopratutto al di fuori del rettangolo di gioco. Con Manica c'è una buona intesa, cerco di fargli capire che non c'è mai una fine al lavoro, ma ogni volta un nuovo inizio in cui poter e dover dare ancora di più, in qualsiasi categoria ci si trovi. Poi vorrei menzionare tutto il gruppo portieri, da Massimiliano Chiodini a Leonardo Sabatino, che sopporto da 7 anni. Un particolare ringraziamento va fatto anche a Sergio Nuvoloni e Matteo Sabatino, che ci permettono di poterci allenare con ben tre preparatori dei portieri, mai successo nemmeno nel professionismo!»
 
Il calcio a Rovereto ha un passato molto glorioso. Dove vorresti che fosse il FC Rovereto tra 5 anni?
«Come giocatore mi sento di dire che il destino dei prossimi anni è legato solamente a quello che riusciremo tutti a portare in campo. Come società invece abbiamo tanti obiettivi da raggiungere, un passo alla volta.»
 
Grazie, caro Stefano, per le significative riflessioni che ci hai proposto e per le belle parole che hai riservato al FC Rovereto, a tutte le sue componenti e a tutti i tuoi compagni di squadra.
«Un sincero sportivissimo… in bocca al lupo… e sempre Forza Rovereto!»

Paolo Farinati - [email protected]