Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Capitolo 23°
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Guido de Mozzi
«Operazione Folichon»
Primavera - Estate 2010
PERSONAGGI |
Dott. Marco Barbini |
Imprenditore italiano |
On. Vittorio Giuliani |
Senatore della Repubblica Italiana |
Arch. Giovanni Massari |
Imprenditore italo americano |
Eva de Vaillancourt Massari |
Moglie di Massari |
Geneviève Feneuillette |
Baby-sitter di casa Massari |
Antonio Longoni |
Soci d'affari di Massari |
Julienne (Giulia) Lalancette |
Assistente di Massari |
Rag. Luciano Pedrini (610) |
Promotore finanziario di Massari |
Giuseppe Kezich |
Maestro di caccia |
Amélie Varenne |
Estetista di Eva Massari |
Ing. Giorgio Scolari |
Titolare del calzificio Technolycra Spa |
Col. Antonio Marpe |
Dirigente del Gico |
Gen. Massimo Frizzi |
Alto funzionario della DIA |
Massimiliano Corradini |
Finanziere sotto copertura del Sisde |
Ammiraglio Nicola Marini |
Direttore del Sismi |
Nomi, fatti e personaggi di
questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore. |
Capitolo 23.
Roma, tredici agosto
2002.
Il segretario del senatore Giuliani mi anticipò la chiamata.
«Bentornato, dottore.» - Mi disse con cordialità.
«Grazie Marino. - Risposi. - Sono qui da un paio di giorni. Deve
scusarmi presso il Senatore se non mi sono ancora fatto vivo, ma ho
avuto mille cose da sistemare.»
«E' quello che immaginava anche il senatore. - Rispose
cortesemente Varesco. - Le telefono infatti per vedere quando può
venire nella Capitale.»
«Quando vuole.» - Gli risposi.
«Le andrebbe bene anche domani?»
«Domani è mercoledì, quattordici agosto. - Risposi, guardando il
calendario. - Sì, perché no?»
«Allora mi consente di prenotarle una stanza presso l'Hilton
Cavalieri fin da domani sera?»
«L'Hilton? - Gli domandai. - Non le sembra un po' decentrato
rispetto al Viminale?»
«Il Ministero ha un accordo di corrispondenza molto conveniente.
- Rispose. - Alberghiamo molti ospiti sul colle. La ospitiamo
noi.»
«Va bene allora.» - Risposi, anche se preferivo la mia solita
stanza in Piazza di Spagna, magari con finestra sulla
scalinata.
L'indomani a Verona presi il volo delle 15.20 per Roma, non
prima di aver consegnato alla Polizia di Stato dell'aeroporto
Catullo la mia Beretta calibro nove lungo. L'avevo dovuta smontare
e chiuderla nel suo contenitore "da volo" davanti agli agenti di
polizia, i quali poi l'avrebbero consegnata al comandante
dell'aereo. Me l'avrebbero restituita al posto di polizia
dell'aeroporto di Roma. Erano dieci anni che non la portavo con me,
da quando me l'ero dimenticata dal barbiere...
A Fiumicino me l'ero sistemata alla vita, di fianco, cercando di
capire come fanno i professionisti a tenerla sotto l'ascella. Poi
cercai Cesare al cellulare.
«Cesare, dove sei?»
«Dietro di lei, dottore.»
Mi girai.
«Cristo Cesare! Come facevi a sapere che ero qui?»
«E' il mio lavoro.» - Rispose sornione.
«Ciao…»
«Bentornato dottore.»
Mi fece strada alla macchina, regolarmente in divieto di sosta
ampiamente tollerato anche per le auto della polizia prive di
insegne. Mi diressi alla porta anteriore, ma lui mi aprì quella
posteriore.
«Dove mi porti, direttamente al Viminale?»
«No, dottore. La porto all'Hilton perché il senatore è occupato.
Ci ha chiesto di passare a prenderlo alle diciannove e trenta per
andare a cena.»
«D'accordo allora.»
Mezzora dopo Cesare mi scaricava all'Hotel Hilton.
«Qui starà al sicuro. - Mi disse Cesare. - Lei non li vedrà, ma
ce ne sono tanti dei nostri.»
«Ma è magnifico! - Ironizzai. - Grazie Cesare, a dopo.»
Mi sistemai in camera, che a leggere il listino dietro la porta
costava più di seicento euro a notte, ma tanto non pagavo io… Mi
misi in costume da bagno e andai in piscina a fare una ventina di
vasche. Il nuoto è una delle cose che mi fanno rilassare di più e
in quel momento ne avevo proprio bisogno. Mi chiesero trenta euro
d'ingresso e anziché rilassarmi mi girarono i coglioni. Quando
tornai in camera erano le diciotto, quindi feci una doccia e mi
vestii per andare al Viminale. Prima però collegai il mio portatile
alla linea telefonica della camera, digitai il mio numero di
accesso in rete ed entrai in comunicazione con Eva. Ora ero in
grado di affrontarla e restai collegato con lei fino a quando
giunse l'ora di scendere da Cesare.
Mi portò al Viminale e mi scaricò al controllo documenti del
Ministero degli Interni, dove mi diressi al metal detector.
«Porta armi con sé?» - Mi chiese l'agente di servizio.
«Certo che no.» - risposi.
Checcazzo! La Beretta. E adesso?
«Il dottor Barbini non deve passare il controllo.» - Intervenne
Cesare con un tempismo provvidenziale.
«Ho il porto d'arma, sai?» - Dissi comunque sottovoce a
Cesare.
«Lo so, ma al Viminale possono portare armi solo i
poliziotti.»
«Devo consegnarla?»
«No.»
Lo guardai. Privilegi, che lui poteva concedere...
Mi incamminai al suo fianco.
«E come facevi a sapere che sono armato?»
«E' il mio lavoro.»
«E perché mi lasci portare l'arma?»
«Perché so fare il mio lavoro.»
Pochi minuti dopo incontravo il senatore che stava finendo di
firmare decreti e circolari.
«Bentornato Marco.»
«Ciao Vittorio.»
«Vieni, ci stanno aspettando.
Salii nella macchina blindata del senatore. Cesare ci seguiva
con la sua macchina.
«Ehilà! - Mi disse gioioso. - Come va, ti senti pronto?»
«Certo. - Risposi. - Ho una fame della madonna.»
Andammo dal Matriciano, un ristorante in Via dei Gracchi
frequentato da uomini di Governo perché facilmente controllabile
dalle scorte. Il capo della Polizia ci stava già attendendo. Era
stato riservato per noi il locale più interno.
«Eccellenza…» - Dissi, ancora affascinato dalla sua
presenza.
«Comodo comodo, la prego.» - Rispose il Capo.
«Ciao Vittorio.»
«Ciao Emilio.»
Ci accomodammo e parlammo di cose futili e scontate, tanto per
alleggerire l'atmosfera e pronunciai una delle mie solite battute
cervellotiche, tanto per palesare che non mi sentivo affatto a
disagio. Sicché il senatore si sentì in dovere di snocciolarne una
anche lui. Fu alla fine della sua che decisi di affondare il
colpo.
«Perché non mi avete voluto dire che era vivo?» - Domandai, come
se stessi chiedendo che tipo di vino avrebbero preferito.
Mi rispose il Capo mentre si sistemava il tovagliolo.
«Perché altrimenti non avrebbe fatto l'amore con sua
moglie.»
Affondo parato e contrattacco imparabile. Se c'è una cosa che
non sopporto, ripeto, è essere prevedibile… Ma mi venne in soccorso
per tempo il cameriere.
«Che vino preferiscono i signori?»
«Del chianti giovane. - Disse il senatore. - Non più di due
anni.»
«Del Frascati. - Risposi. - Purché sia il migliore.»
«Per me acqua minerale liscia.» - Concluse il Capo.
«Era nei vostri progetti che io lo facessi?»
«Marco, sua moglie deve essere dalla nostra.»
«Lo era già.»
«Va bene del salame con i fichi? - Domandò il cameriere. - Così,
tanto per gradire in attesa del primo.»
«Per me mozzarella di bufala, catalogne, cime di rapa, melanzane
sott'olio. - Ordinai. - Oltre ai fichi e il salame, ovviamente.
Magari ci aggiungerei del prosciutto crudo della Ciociaria. Come
vede, non ho bisogno di farmi venir fame. E' da stamattina che non
mangio.»
«Per primo, posso suggerire…»
«Ah, io non ho dubbi. - Lo interruppi. - La prima sera a Roma io
mi faccio sempre i bucatini all'amatriciana.»
Il cameriere se ne andò, sapendo che cosa avrebbero ordinato gli
altri due. E allora pronunciai la frase di Totò quando si trovò
servita una canistra di spaghetti.
«Ecco, adesso si incomincia a ragionare.»
E così avevo avuto tutto il tempo di adattare tutti i miei
ragionamenti al fatto che loro avevano voluto che io mi facessi la
moglie di Giovanni. Ma non avevo trovato argomenti.
«Ora comincia la fase più difficile. - Disse il Prefetto prima
di me. - Se la sente?»
«Ma certo! Sono qui per questo…»
«Lo sa di rischiare la vita?»
«Oh sì… E' il mio passatempo preferito.»
Il senatore guardò il capo della polizia come dicesse "E' fatto
così, ma mi creda è un bravo ragazzo".
Raccontai tutto quello che mi era successo, compresa la denuncia
contro ignoti per calunnia che avevo depositato a Verona.
«Quindi Corradini è ancora vivo.» - Dissi.
«Non avevamo mai detto il contrario.»
Nel dispaccio che mi avevano fatto avere tramite l'ambasciatore
Marzullo mi sembrava che Corradini, lo squalo Macò, come
lo chiamavo io unendo le sue iniziali, fosse passato a miglior
vita. Ma riuscii a fare mente locale.
«E' stato lui a farmi fermare all'aeroporto di Verona?»
«La situazione è sotto controllo. - Mi fermò con un gesto il
Capo della polizia. - Lo hanno già rintracciato.»
«Chi?»
«Corradini.»
«Lo avete arrestato?»
«E chi dice che lo arrestiamo?»
«Non potete lasciarlo libero, cristo!»
«Lo interrogheremo, ma per adesso non abbiamo notizie di reato
precise contro di lui…
«Come no? La calunnia dove la mettete?»
«La calunnia? - rise il capo. - Rischierà due mesi o una multa…
Ha ha! Ammesso che risalgano a lui…»
«No, rischia esattamente la pena che voleva far avere a me con
la denuncia: fino a dodici anni di galera.»
Non mi stavano ad ascoltare.
«Però ho io una domanda da farvi.» - Dissi allora sornione.
«Non so se possiamo risponderti. - Ammonì il senatore guardando
il Capo della polizia.
Mi gustai una fetta di mozzarella gocciolante di olio vergine
d'oliva, masticai di gusto, inghiottii, mi passai le labbra col
tovagliolo e bevvi un lungo sorso di chianti di soli due anni.
«Non preferivi il Frascati?» - Domandò il senatore.
«Sì, ma dopo. Con i bucatini.»
Avevo dato loro il tempo di prepararsi risposte a decine di
domande possibili.
«Risponderete. - Dissi, dimostrando soddisfazione per l'ottima
cucina. - Scommettiamo che risponderete?»
«Prego.» - Disse il prefetto.
Lo guardai in faccia, improvvisamente serio.
«Quanti miliardi ha fatto sparire Corradini?»
Dovemmo finire la cena prima che
mi dessero una risposta credibile ed esauriente. Adesso almeno
conoscevo il teatro delle operazioni. E probabilmente, sempre come
dicevano loro, adesso avrei fatto solo casino. Al solito, nella
migliore delle ipotesi sarei morto. Ma almeno sapevo perché.
(Continua)
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