«Sulle Rotte del Mondo», ultimo appuntamento
Tavola rotonda «Esperienze di cooperazione allo sviluppo in Africa»
L'ultima giornata di incontri e
discussioni con il pubblico di «Sulle rotte del mondo» si è chiusa
sabato 2 ottobre con una tavola rotonda presso l'Aula Kessler della
Facoltà di Sociologia, dal titolo «Esperienze di cooperazione allo
sviluppo in Africa».
A discuterne, moderati da Marco Pontoni davanti ad un numeroso
pubblico che ha riempito anche la sala attigua, seguendo il
dibattito in videoconferenza, Fabio Pipinato, tra l'altro
vicedirettore della Scuola di Formazione per la Solidarietà
Internazionale e direttore della Fondazione Fontana, Carlo
Dellasega, direttore della Federazione Trentina della Cooperazione,
don Elio Sommavilla, geologo e docente universitario, da anni
impegnato in Somalia, don Franco Cellana, missionario della
Consolata attivo in Kenya, e Massimo Zortea, docente e presidente
del Vis, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo.
Tanti come sempre gli spunti ascoltati, impossibile sintetizzarli
tutti.
Nell'aprire il dibattito con un saluto e un ringraziamento,
l'assessore alla Solidarietà Internazionale Lia Beltrami
Giovanazzi ha sottolineato come «ascoltare i temi dei
lavori di gruppo svolti dai missionari in questi giorni ha
contribuito in modo significativo a farci comprendere i reali
bisogni delle terre in cui le nostre organizzazione operano e
quindi ad indicare la giusta strada che occorre perseguire nel
nostro lavoro».
«Una strada che - assicura l'assessore - non si interromperà al
termine della manifestazione, ma continuerà anche grazie al
successo riscosso dal sito internet della
kermesse che sarà un luogo costante di dialogo e scambio
reciproci.»
Obiettivo dell'incontro di oggi, quindi, quello di affrontare le
ragioni della cooperazione internazionale, le sue molteplici facce,
i suoi tantissimi risvolti ed i moltissimi e diversi contesti in
cui i tanti operatori e soggetti della cooperazione si trovano ad
operare.
Domande di non facile ed univoca interpretazione, per rispondere
alle quali bisognerebbe forse ancor prima capire sino in fondo cosa
oggi si intenda per sviluppo.
Per dare una propria interpretazione, Fabio
Pipinato è partito analizzando l'ultima Enciclica papale,
«Caritas in Veritate».
«Ai punti 47 e 48 - ha spiegato Pipinato - il Pontefice richiama ai
concetti di sviluppo locale e di istruzione, quali condizioni
fondamentali per dar vita ad uno sviluppo endogeno, creato, ideato
e portato avanti dalle stesse comunità locali, per evitare il
verificarsi di una condizione di subalternità che si perpetui nel
tempo, a discapito delle popolazioni autoctone Altri concetti
chiave - ha continuato Pipinato - quelli di rispetto e prudenza,
come saggi atteggiamenti di chi si trova a vivere e ad operare in
casa degli altri.»
Ha poi preso la parola padre Franco Cellana, che
parlando di cooperazione dalla sua condizione di missionario l'ha
definita «il vero cuore del nostro mandato, la lotta e l'impegno
quotidiani contro la povertà, l'ingiustizia e la negazione della
dignità umana».
Un intervento pragmatico, che non ha mancato di analizzare le tappe
fondamentali degli oltre cento anni di storia missionaria in
Africa, dalla collocazione nelle diverse aree coloniali alla più
recente costruzione e diffusione sul territorio delle chiese,
«prime vere case della comunità».
Non è mancato anche un accenno sul rischio del dilagare di una
nuova forma di colonialismo verso il Continente nero, sotto forma
di prestiti, privatizzazione di terre e risorse, nuovi insediamenti
produttivi stranieri.
Un'Africa quindi ancora spesso vista come il giardino di tutti,
così come ha rimarcato nel suo intervento Massimo
Zortea analizzando i nuovi contesti e le nuove sfide che
la cooperazione internazionale si trova ad affrontare.
«Spesso si parla dell'Africa in assenza dell'Africa - le parole del
presidente del Vis - senza considerare che esistono tante Afriche
abitate da tanti popoli che oggi si trovano in presenza di nuovi
fenomeni e nuove vulnerabilità.»
Se da sempre infatti i problemi del popolo africano erano quelli
della sopravvivenza, della salute, dell'assenza di democrazie
partecipate e di mancanza di mezzi di auto sostentamento, oggi ad
essi se ne aggiungono altri.
«Le conseguenze che su ambiente e clima producono i cambiamenti
climatici in corso - ha spiegato Zortea - portano a un'ulteriore
privazione dei diritti di quelle popolazioni, rese ancor più
vulnerabili con il rischio di accentuare la propria condizione di
povertà. Inoltre, fenomeno ancor più grave, la globalizzazione ha
innestato un processo che ha prodotto la cosiddetta
Cinafrica, ossia il modello di cooperazione
cinese che in cambio di infrastrutture ed investimenti nel
continente africano, si è insediata nei territori con il solo scopo
di sfruttarne le risorse.»
«L'Italia ha rappresentato un modello di cooperazione positivo - ha
concluso Zortea, - basato su una cooperazione delle persone per le
persone, che cerca di ridare dignità dell'individuo; ma spesso
sbaglia la prospettiva e partendo dai suoi bisogni anziché dai suoi
diritti.»
Prospettiva che al contrario negli anni ha caratterizzato
l'impostazione del lavoro portato avanti in Somalia da Elio
Sommavilla, che proprio dalla sua esperienza nel Corno
d'Africa ha analizzato lo stato delle cose.
«Non v'è dubbio che una buona fetta della cooperazione sia ben
fatta - le parole del sacerdote - ma sono molte le attività svolte
in Africa che invece di dar beneficio alle popolazioni locali
arricchiscono chi all'apparenza si presenta come donatore.»
La causa principale di queste forme di cooperazione, che Sommavilla
ha definito «senza co-», è da ricercare tra le altre cose
nella mancanza di istruzione e formazione nelle genti africane,
spesso indotta dall'esterno.
«I paesi ed i popoli africani sono stati da sempre appetibili solo
in quanto offrono risorse e manodopera da sfruttare. E se anche
dopo il periodo colonialista la situazione non è migliorata. Per
questo oggi - ha concluso il sacerdote - reputiamo la nostra
cooperazione un atto di giustizia e riparazione.»
Da Sommavilla, anche un duro giudizio sul colonialismo italiano in
Somalia e ancor più sugli interessi coltivati nel periodo
post-coloniale, che ruotavano attorno all'industria delle
banane.
Infine la Federazione Trentina della Cooperazione, impegnata con
moltissimi progetti in terra d'Africa.
«In Africa siamo impegnati da anni con progetti che vanno dal
microcredito, allo sviluppo di attività imprenditoriali di base -
ha affermato Carlo Dellasega. - Ma ciò che
riteniamo imprescindibile in ogni progetto di cooperazione che
intendiamo attuare è l'aspetto formativo delle popolazioni locali,
convinti che solo l'istruzione e la formazione di personale sul
campo possa garantisce nel tempo continuità e sostenibilità ai
diversi progetti.»