Wolff: «Murdoch e Berlusconi, due dinosauri dell’Informazione»
Il giornalista analizza la presunta parabola del magnate australiano. (Berlusconi non l'avrebbe ancora iniziata)
A fronte di indubbie intuizioni rivoluzionarie, come quella di fare
business entrando pesantemente in qualsiasi tipo di media, dal
giornale alla televisione e all'editoria, Rupert Murdoch oggi si
troverebbe impotente di fronte alla rivoluzione delle news
digitali, che non conosce e non sa governare.
Far pagare i Tg sul web è, secondo Michael Wolff, il segno di
questa debolezza, che lo farà cadere assieme al suo «seguace»
Silvio Berlusconi.
«Qui in Italia avete un'immagine sfalsata di Murdoch - ha esordito
il giornalista americano Michael Wolff, chiamato al Festival
dell'Economia 2010 per parlare di "Rupert Murdoch e la rivoluzione
dei media". - Voi lo vivete come l'alter ego di Silvio Berlusconi,
come il proprietario di canali satellitari a pagamento in cui si
respira una maggior libertà.
«La storia di Murdoch, però, è tutta un'altra, il suo modo di
intendere il mondo dei media è assai simile a quello di Berlusconi,
ma entrambi oggi sono dei vecchi dinosauri, non hanno idea della
rivoluzione che sta avvenendo, non riescono a capire che il modo di
raccogliere, distribuire e vendere le news è profondamente cambiato
con l'avvento del web!»
Wolff è considerato uno dei massimi conoscitori di quella che
chiama «parabola Murdoch», avendo pubblicato nel 2008 un libro sul
magnate australiano intitolato «The man who owns the news» (l'uomo
che possiede le notizie).
Un libro costato nove mesi di interviste e di frequentazioni
continue, nelle cui pagine però l'Autore ha comunque condensato
giudizi così caustici e corrosivi da provocare l'ira del magnate
stesso, che s'è difeso con alcune rappresaglie che negli Stati
Uniti hanno fatto storia.
«Murdoch non è un uomo che s'è fatto dal nulla - comincia a
raccontare il giornalista americano. - La sua famiglia è da sempre
una delle più influenti dell'Australia e quando il giovane Rupert
ad un certo punto della sua esistenza, eravamo attorno agli Anni
Cinquanta del secolo scorso, ereditò da padre un vero impero di
giornali, all'inizio non fece altro che proseguire sulle tracce
tracciate in precedenza.
«Solo in seguito pensò bene di allargare il suo raggio di
influenza, e quindi di far business, partendo dall'Inghilterra,
dove cominciò ad acquistare testate sull'orlo del fallimento per
farne terribili strumenti di informazione che si rivolgevano al
pubblico che Murdoch preferisce, quello della classe operaia.
«Capì una cosa importante, e che in seguito sarebbe stata di
insegnamento anche per Silvio Berlusconi: se l'informazione viene
gestita in un certo modo, usando un linguaggio adeguato e
solleticando i temi più appetiti dal grande pubblico, se insomma si
riesce a parlare alla pancia dei lettori i giornali possono
diventare ottimi strumenti per raggiungere il potere politico.
«Lui applicò questo paradigma sostenendo e facendo eleggere a primo
ministro Margaret Thatcher; quel che fece invece Berlusconi, voi
italiani lo sapete meglio di me.»
Verso la metà degli Anni settanta Murdoch sbarca negli Stati
Uniti.
«Compra il New York Post, poi il New York Magazine e a quel punto
la strategia cambia all'improvviso. Murdoch s'accorge che fare
business solo con i giornali, solo con le notizie della carta
stampata era un modo vecchio e tradizionale di far soldi.
«Si rivolge all'ora ad altri strumenti, acquista una casa di
produzione cinematografica, la Fox, e con essa sbarca nel mondo
della televisione.
«Comincia allora la parabola contemporanea della sua esistenza:
abbinare l'informazione scritta con quella vista e ascoltata in
televisione.
«È in definitiva la stessa idea che ebbe Silvio Berlusconi, quando
capì che gli affari si potevano fare vendendo giornali, ma anche
detenendo una, due, tre reti televisive, e poi anche reti per la
distribuzione delle pellicole cinematografiche e così via...»
Infine arriva il web, prosegue Wolff e, qui cominciano le note
dolenti.
«Murdoch e per certi aspetti anche Berlusconi - dice Michael Wolff,
- pensano ancora che il segreto del potere sia nella distribuzione
delle notizie. Non si sono accorti che internet ha rivoluzionato il
modo di mettere in rete i fornitori e i consumatori di notizie.
«Non si sono accorti che la raccolta e il confezionamento delle
notizie hanno bisogno di investimenti sempre troppo alti e sempre
meno remunerativi, mentre dall'altra parte i blog gratuiti imperano
e si diffondono in tutto il pianeta.
«Murdoch non sa accendere un PC... e non sa usare un cellulare!
Murdoch si illude che, mettendo a pagamento le news sulla rete, il
business tradizionale si moltiplicherà all'infinito.
«Non si accorge, il magnate che ha fatto la propria fortuna sapendo
leggere i tempi, che gli utenti che oggi accendono le sue reti
televisive o che acquistano i suoi giornali conoscono già le
notizie che vi trovano, perché in tempo reale le hanno trovate
altrove sul web!»
«Indubbiamente la carriera di Murdoch, conclude Michael Wolff, -
riflette lo sviluppo, l'espansione e il declino della storia dei
media mondiali.
«Adesso lui e Berlusconi si trovano in mezzo al guado: sono
entrambi al tempo stesso i "killer" dell'informazione e i detentori
di un enorme potere mediatico.
«Per qualche tempo ci saranno senz'altro persone che pagheranno per
andare a leggere le notizie sulla rete, ma poi si rivolgeranno ad
altri canali, ad altri media: abbandoneranno le pay-news per
cercare informazioni là dove troveranno giornalisti capaci di usare
i nuovi linguaggi per rendere appetibile il flusso di notizie.»
«Rupert Murdoch sarà ricordato come colui che ha dominato il mondo
prima dell'avvento dell'era moderna dei media! - Afferma in
conclusione Michael Wolff. - E sarà un avvento rapidissimo, dai
contenuti sostanziali e soprattutto senza ritorno, - sono sempre
parole di Wolff, usando fino alla fine il suo linguaggio caustico e
perentorio. - Murdoch e Berlusconi? Due dinosauri dell'informazione
che cadranno di fronte al potere della rete.»