«È una questione di dignità»

Intervista a Paolo Calovi, presidente di CIA-Trentino

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I trattori sono comparsi ovunque (dalla Germania alla Francia, all'Italia alla Spagna e ora anche in India) accolti da applausi della cittadinanza. Ma, come direbbe il poeta, «fu vera gloria»?
«Per rispondere alla domanda è doveroso innanzitutto analizzare il contesto che ha portato alle manifestazioni di protesta. La crisi geopolitica, economica, sociale, climatico-ambientale sta attraversando l’intero continente, creando situazioni di scontro ideologico politico, ma anche drammatici eventi bellici che sono alle nostre porte. Questo mix esplosivo, di difficile risoluzione, va a colpire soprattutto quelle fasce economico sociali più deboli che soffrono maggiormente per l’aumento dei costi di generi alimentari, delle materie prime e del denaro. In questa fascia possiamo inserire pure il settore agricolo e zootecnico che, oltre ai temi già citati, deve confrontarsi anche con la crisi climatica che sta mettendo a rischio i raccolti, con una forte volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli e con delle politiche ambientali di difficile messa a terra in tempi brevi. Il tutto è poi condito da una burocrazia davvero asfissiante.
«In questo difficile contesto generale, la scintilla che ha fatto esplodere la protesta dei trattori è scattata per prima in Olanda, seguita dalle grandi manifestazioni in Germania. Da qui una reazione a catena ha coinvolto mezza Europa, Italia compresa, con motivazioni spesso diverse nei vari Paesi membri e nelle differenti agricolture europee, nazionali e territoriali. Lo sfogo, sicuramente legittimo, che ha portato sulle strade e nelle piazze i trattori, porta con sé una grande novità: la sua partenza dal basso. La protesta è un evento straordinario che ha occupato molte pagine di tutta la stampa mettendo in secondo piano, addirittura, eventi ben più drammatici come le guerre in corso. A questo punto per chi cercava visibilità mediatica, per protagonismo personale, economico, politico, è diventato molto facile salire sui trattori viste le elezioni europee alle porte. I trattori sono divenuti un simbolo di protesta generale anche per la società civile oppressa da questo vortice di incertezza e mancanza di visione a tutti i livelli, a partire da quella politico-amministrativa.
«La risposta non sarà così rapida come forse qualcuno si aspetta. Ci preme infatti ricordare che abbiamo da mettere d’accordo 27 Paesi che hanno agricolture molto diverse tra loro e dobbiamo rivedere una PAC a cui sono serviti 6 anni di discussioni per essere approvata. Non dimentichiamo poi che il suo valore è circa il 30% della spesa pubblica e il Pil dell’agricoltura è poco oltre il 1,5%. Di sicuro deve essere valorizzato il ruolo strategico del settore primario sia nella produzione di cibo che nella manutenzione e la salvaguardia del territorio, ma questi elementi ci fanno comprendere che non sarà facile trovare immediate risposte alle richieste che sono state presentate. Se fu vera gloria non lo so dire, alla domanda il poeta avrebbe risposto così: ai posteri l’ardua sentenza
 
Su due temi gli agricoltori avevano le idee chiare e davano l'idea di essere ben compatti: taglio dell'IRPEF e fitosanitari. A leggere i giornali l'Europa ha detto di sì al secondo punto e il governo, che aveva aumentato l'IRPEF, ora cerca di fare un passo indietro che pare più elettorale che reale (in ogni caso la manovra varrà solo per due anni). Dopo aver brindato, cosa hanno in mano gli agricoltori?
«Non è facile rispondere senza rischiare di aggiungere polemica alla polemica, o di incorrere in strumentalizzazioni o a distorte interpretazioni, ma dobbiamo essere consapevoli che non è tutto oro quello che luccica. Come dice un proverbio trentino potrebbe essere anche Oro d’Olanda che ‘n Italia ‘l se ciàma banda (latta). Per quanto riguarda l’Irpef sui terreni agricoli, cosa che ha fatto molto clamore, serve ricordare che è calcolata sommando reddito domenicale e agrario dei terreni utilizzati e per la stragrande maggioranza delle imprese coltivatrici questo onere sarebbe stato irrisorio, se non addirittura nullo. Diverso è per quelle aziende agricole di grandi o grandissime dimensioni dove invece questo onere fiscale avrebbe avuto un peso più evidente. Ognuno faccia le proprie valutazioni, le mie credo siano intuibili.
«Ben più complessa è la questione dei fitosanitari che va ad inserirsi in quel pacchetto di norme europee denominato Green New Deal con lo scopo di ridurre l’impatto anche del settore agricolo sull’ambiente e sulla crisi climatica. Gli agricoltori non sono nemici dell’ambiente, però preoccupano le pesantissime conseguenze dovute alla transizione ecologica che impongono una serie di riduzioni a partire dall’impronta carbonica, dall’impatto della chimica in agricoltura, all’efficientamento dell’uso della risorsa idrica. Questi processi di sostenibilità in Trentino-Alto Adige si applicano già da decenni, ben prima che diventassero necessità e questo ci avvantaggia rispetto ad altri territori e nazioni. Ritengo che sarebbe un po’ miope abbandonare adesso.
«Ci sono però alcune criticità delle quali non si è tenuto conto:
- le tempistiche stabilite, che sono sicuramente troppo strette senza adeguati strumenti di accompagnamento nella transizione;
- la continua evoluzione, trasformazione, variabilità dei processi naturali come il cambiamento climatico, i nuovi insetti e fitopatie, che rendono ancor più complesso il lavoro agricolo;
- si vuole togliere senza dare alternative come piante resistenti, sistemi di contenimento di fitofagi e parassiti in grado di garantire produzioni e reddito alle imprese.
«Il pacchetto Green, compreso quello per i fitofarmaci, era già stato sospeso a fine novembre 2023 perché, così come era scritto, diventava inapplicabile e avrebbe portato molte aziende alla chiusura. Questo si è ottenuto grazie al lavoro delle organizzazioni agricole nazionali ed europee che su questi temi hanno operato in maniera unitaria e incisiva. La protesta degli agricoltori ha portato nelle piazze e sulle strade i trattori mettendo giustamente in risalto tutte le suddette tematiche. I risultati, intendo quelli concreti, li potremo vedere, forse, solo dopo le elezioni di giugno, sperando che chi ha cavalcato le proteste contadine, quando noi saremo nei campi a coltivare, si ricordi ancora degli agricoltori.»
 
Nei cartelli di protesta gli agricoltori ricordano che i loro prodotti vengono venduti a prezzi ridicoli e poi diventano merce preziosa sui banchi dei supermercati. Se gli agricoltori falliscono a decidere la sorte dei terreni sarà la finanza speculativa. Come garantire il reddito indispensabile per continuare a lavorare la terra, soprattutto nelle aree di montagna?
«Credo che il nocciolo della questione sia proprio il prezzo troppo basso dei prodotti agricoli, fermi ormai da anni, con costi di produzione triplicati al pari degli adempimenti burocratici e del costo del denaro. Questa pericolosa combinazione sta impoverendo le aziende agricole: se non c’è reddito non c’è investimento e non c’è innovazione. Si sopravvive solo grazie alla grande passione, all’impegno dei contadini e delle loro famiglie che lavorano senza orario e senza considerare la remunerazione. Denunciamo da anni la grande differenza del prezzo dei prodotti agricoli dal campo allo scaffale con i due estremi della filiera, produttori e consumatori, costretti a subire le regole del mercato e della GDO (CIA Trentino nel 2018 ha organizzato il suo convegno annuale su questo tema).
«È proprio qui che dovrebbe concentrarsi la protesta, è una questione di dignità ancor prima che di prezzo: chiedere il giusto è un diritto, garantirlo è un dovere. Se però gli scaffali dei supermercati sono sempre riforniti il consumatore fatica a comprenderne la difficoltà di produzione. Sarebbe perciò fondamentale che i prodotti importati avessero le stesse caratteristiche igenico-sanitarie, sociali e ambientali di quelli dei Paesi europei. Ricordiamoci inoltre che l’agricoltura produce bene comune a vantaggio di tutti, soprattutto nelle aree interne e montane dove tutto è più complesso. Servono politiche dedicate a questi territori che hanno caratteristiche peculiari e specifiche. La cosa fondamentale è che il mondo agricolo non si divida: altrimenti la gloria non sarà sicuramente nostra.»