«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis
Il glaciologo Christian Casarotto giovedì 13 ottobre 2022 parlerà di ghiacciai, di clima, paesaggi e uomini che cambiano – L’intervista
Il glaciologo Christian Casarotto.
Partirà a breve un nuovo interessante ciclo di incontri organizzato dall’Associazione Castelli del Trentino.
Tutti gli otto appuntamenti in programma si terranno in presenza a Mezzolombardo, Sala Spaur, Piazza Erbe, da ottobre 2022 a marzo 2023, alle ore 20.30.
Dopo anni di impegno e soddisfazioni, Bruno Kaisermann e Pietro Marsilli, rispettivamente ex presidente ed ex vicepresidente dell’Associazione, curatori dei cicli (seguitissimi) delle passate stagioni, hanno ceduto il testimone a un nuovo direttivo presieduto dall’archeologo Andrea Sommavilla, Responsabile del Servizio Biblioteca e Attività culturali del comune di Borgo Valsugana.
Il protagonista della serata inaugurale di giovedì 13 ottobre 2022, dal titolo «I Ghiacciai, il cuore bianco delle montagne, clima, paesaggi e uomini che cambiano», sarà Christian Casarotto, glaciologo MUSE Museo delle Scienze.
Da oltre trent’anni l’Associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
Le iniziative proposte godono del patrocinio della PAT e della Regione, sono inoltre riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
Continua la collaborazione con l’Accademia roveretana degli Agiati e con la Società di Studi trentini di Scienze storiche.
Il tema proposto in occasione di questo primo incontro invita a una profonda riflessione sul cambiamento climatico, la più urgente crisi ambientale, un’emergenza assoluta che minaccia il nostro benessere e quello delle generazioni future, come molti scienziati denunciano da lungo tempo.
Per cercare di preservare la biosfera minacciata occorre attuare delle contromisure urgentissime, lo scioglimento dei ghiacciai è sotto gli occhi di tutti, negli ultimi cento anni sono arretrati in maniera inquietante.
Alcune brevi note biografiche del relatore prima di passare all’intervista.
Christian Casarotto, 1975.
Laurea in Scienze Naturali. Si dedica alla Geomorfologia, Geologia del Quaternario e quindi all’evoluzione del paesaggio alpino relativamente alle dinamiche glaciali attuali, recenti e passate.
Dopo essersi dedicato ai ghiacciai alpini di Monte Bianco, Monte Rosa e Bernina, concentra oggi la sua attività sui ghiacciai trentini.
Altre attività di sua competenza sono la gestione e progettazione delle attività didattiche a carattere geologico, lo sviluppo di progetti museologici diffusi sul territorio, la divulgazione con convegni e mostre, l’organizzazione di eventi culturali, mostre interattive ed esposizioni temporanee e permanenti, fra le quali ricordiamo: Casarotto C. , Fontana S. e Seppi R. (2004), Mostra glaciologica permanente presso il Centro Studi Adamello «Julius Payer», Museo Tridentino di Scienze Naturali e Comitato Glaciologico Trentino della SAT, Val Genova (Trentino, Italy); Casarotto C. (2007), Mostra temporanea itinerante «Pole Position. Aree polari e cambiamenti climatici», Genova Festival della Scienza; Casartotto C., (2010), «Il Bosco scolpito», Museo delle Scienze, Trento; Casarotto C., (2011), Mostra temporanea itinerante «Riverso f ice», TrentoFilm Festival della Montagna, Museo delle Scienze, Trento.
Fra le numerose pubblicazioni al suo attivo, ne citiamo alcune a titolo esemplificativo: Casarotto C. (2007), «La Regina delle Dolomiti ed il suo ghiacciaio in bilico», Natura Alpina, Vol. 57 - 2006 n. 2; Casarotto C. (2007), «Marmolada: stato di salute», La Rivista del Club Alpino Italiano, luglio agosto 2007; Casarotto C (2007), «La geologia in un progetto di turismo sostenibile per la Marmolada», Geologia e turismo. Beni geologici e geodiversità, atti del terzo congresso nazionale; Casarotto C. (2010), «Ghiacciai in Trentino. Ricerca e stato di salute», Atti della Accademia Roveretana degli Agiati, CCLX anno accademico 2010 ser. VIII, vol. X, B;
Glacer Blanc, Gruppo degli Ecrins, foto di © Christian Lorenz.
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
Nell’incontro di giovedì 13 ottobre, su quali aspetti verrà focalizzata maggiormente l’attenzione?
«Durante l’incontro saranno messe in evidenza quelle che sono le dinamiche proprie dei ghiacciai (come nascono, vivono, si estinguono, il loro movimento e le loro forme) in relazione all’uomo che, direttamente e indirettamente, ha costruito stretti legami con loro.»
Che cosa rappresentano i ghiacciai in termini di risorsa per il territorio?
«I ghiacciai non sono soltanto un elemento paesaggistico del territorio alpino. Sono anche una risorsa per l’uomo, che la utilizza in vari modi per perseguire diversi obiettivi, anche a beneficio di persone che vivono a centinaia di chilometri dalle Alpi e, magari, non hanno mai visto un ghiacciaio.
«I ghiacciai sono una risorsa idrica, utilizzata per scopi energetici e agricoli. L’acqua di fusione glaciale contribuisce fortemente, assieme alla copertura nevosa invernale, a regolare il deflusso idrico superficiale e, quindi, le portate dei fiumi.
«Sono un ecosistema capace di ospitare molte specie di organismi invertebrati amanti del freddo.
«Il ritiro dei ghiacciai, e del ghiaccio presente nel terreno, il cosiddetto permafrost, conduce a importanti dissesti del territorio alpino che devono essere gestiti per limitare i rischi idrogeologici.
«E questi sono soltanto alcuni aspetti messi in luce per inquadrare l’argomento.»
Quanto si sono ritirati i ghiacciai negli ultimi 10 anni, nell’arco alpino?
«L’ultimo periodo particolarmente freddo si è concluso intorno alla metà del XIX secolo; in quel momento finiva la Piccola Età Glaciale, all’epoca in cui i ghiacciai avevano la loro fronte anche 2 chilometri più a valle rispetto alla posizione attuale.
«Da allora è iniziato un ritiro, non costante, interrotto per alcuni brevi periodi, come quello fra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso; è stata quella l’ultima volta in cui i ghiacciai italiani hanno fatto registrare avanzate.
«I ghiacciai sono oggi in costate ritiro, con valori che oscillano tra i 10 e i 40 m di ritiro frontale all’anno e riduzioni di spessore alle quote più basse di diversi metri.»
Quali importanti variazioni glaciali si possono leggere negli strati di ghiaccio delle nostre montagne?
«Gli strati di ghiacciaio, accumulati nel tempo, conservano i caratteri dell’atmosfera che, in quel momento, ha portato all’accumulo nevoso diventato poi ghiaccio.
«Raccontano delle variazioni delle concentrazioni di gas serra, del particolato inorganico di diversa origine e di natura antropica emesso in atmosfera con le attività industriali, dei cambiamenti del tessuto vegetale che, a quote più basse, cresce attraverso i pollini trasportati dal vento e imprigionati sul ghiacciaio… e molto altro ancora.
«Gli strati di ghiaccio sono come le pagine di un libro che possono essere sfogliate per leggere una storia climatica in cui l’uomo è un protagonista negativo, a seguito del riscaldamento climatico che egli stesso ha indotto.
«Tutto questo, però, soprattutto attraverso gli strati di ghiaccio formati su ghiacciai polari, e non tanto alpini, perché i nostri ghiacciai sono più soggetti alla fusione estiva che strappa le pagine del libro.»
Può accennare alle campagne condotte dagli esperti per monitorare l’evoluzione dell’estensione glaciale?
«Alcuni ghiacciai provinciali sono monitorati dalla Provincia, dal Muse e dalla SAT, i quali lavorano insieme a seguito della sottoscrizione di un accordo. Un modo per unire le forze, capitalizzare le energie e condurre attività utili a descrivere i cambiamenti di un territorio che ci appartiene e che deve essere attentamente gestito.»
Ghiacciao del Lys, Gruppo del Monte Rosa, foto di © Christian Lorenz.
Potrebbe condividere con noi una riflessione su ciò che è accaduto quest’anno sul ghiacciaio della Marmolada? Quali sono state le principali cause del distacco dell’enorme massa di ghiaccio?
«Più volte sono stati sottolineati gli elementi innescanti del processo: presenza di acqua di fusione glaciale a livello superficiale e profondo a seguito delle alte temperature di quel periodo.
«Ciò, però, non deve portare a una semplificazione della dinamica che comprende molti altri aspetti, come la presenza di fratture capaci di portare l’acqua all’interno del ghiacciaio, la pendenza del versante, la dimensione della massa glaciale, il movimento naturale del ghiacciaio, la forma della roccia sulla quale il ghiacciaio scorre e altro ancora.
«Per le masse glaciali in gioco si tratta sicuramente di un evento eccezionale, anche perché non si ha nessuna notizia dello stesso evento avvenuto in passato sullo stesso ghiacciaio.»
Quali sono e potranno essere in futuro le conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai?
«Come detto prima, i ghiacciai sono una risorsa utilizzata nei suoi molteplici aspetti dall’uomo per perseguire diversi obiettivi. In estrema sintesi, il ritiro dei ghiacciai e del permafrost porta a importanti dissesti del territorio alpino che devono essere gestiti per limitare i rischi idrogeologici.»
Cosa si può fare concretamente per cercare di contenerlo/fermarlo?
«I ghiacciai rispondono a due elementi: il primo riguarda la quantità di precipitazioni nevose invernali e il secondo la fusione estiva. La sopravvivenza dei ghiacciai è quindi determinata da un bilancio tra accumuli invernali e perdite estive, bilancio che deve essere almeno in pareggio ma che, invece, è quasi costantemente negativo.
«L’aumento delle temperature, quindi, porta ad aumentare le perdite estive per fusione e all’innalzamento della quota delle precipitazioni nevose. In sostanza, bilanci sempre negativi. L’unica cosa che si può fare è contrastare l’innalzamento delle temperature globali.»
Che ruolo riveste il MUSE nel raccontare ai visitatori la complessità del fenomeno, sensibilizzando l’opinione pubblica in merito ai problemi legati all’ambiente?
«Il ruolo del MUSE è quello di far nascere una consapevolezza di quanto sta accadendo in merito alla attuale crisi climatica e dei possibili scenari che ci attendono.
«Cerchiamo di raccontare quelle che sono state le variazioni climatiche passate, utili a costruire i modelli futuri che la comunità scientifica sta mettendo in relazione con i nostri tessuti sociali ed economici.
«Prima di avviare un processo di cambiamento, però, se ne deve comprendere l’importanza e, quindi, il ruolo del museo è quello di raccontare a un pubblico eterogeneo (scuole, giovani, anziani, famiglie ecc) l’importanza di costruire modalità di vita e crescita sostenibili al fine di garantire, a chi verrà dopo di noi, un mondo degno di questo nome.»
Progetti futuri?
«Continuare a descrivere i cambiamenti in atto a livello alpino, senza concentrarsi unicamente sui ghiacciai ma anche sugli aspetti (e sono molti) ad essi legati, come il dissesto idrogeologico del territorio d’alta quota, mettendo in luce, quindi, altri elementi che evidenziano un diretto legame, molto più forte di quanto si possa pensare, tra noi e i ghiacciai.»
Daniela Larentis – [email protected]