Storie di donne, letteratura di genere/ 471 – Di Luciana Grillo
Federica Lauto, «Suite per Irène» – Un romanzo che si intreccia con la storia e la guerra in un paese oggi drammaticamente attuale
Titolo: Suite per Irène
Autrice: Federica Lauto
Editore: Le plurali, 2022
Genere: Narrativa Italiana moderna
Pagine: 328, Brossura
Prezzo di copertina: € 18
Ho letto e scritto molto su Irène Némirovsky, recensendo in questa rubrica i testi che Fiorella Soldà ha dedicato a una donna straordinaria, scrittrice sensibile, autrice di romanzi e racconti indimenticabili.
Il solo titolo «Suite per Irène» è stato per me un richiamo ineludibile: l’autrice indossa i panni di Irène e confeziona una storia complicata, di agi e di dolori, di rivoluzioni e di fughe, di ricchezza e di fame.
Irène racconta la sua vita, il «prima» – quando era una ragazzina affamata di amore, trascurata dalla madre che non voleva vederla crescere per non sentirsi invecchiata – e il «dopo» – il campo di concentramento: «È incredibile fino a che punto si possa resistere senza corpo, senza cibo, senza pulizia, senza dignità. Senza sonno, senza affetti, senza forze, senza più niente… A volte viene da pregare che tutto questo finisca presto. A volte le preghiere sono semplicemente finite».
Della madre, Irène racconta senza peli sulla lingua: «ha sempre trovato qualcuno che le pagasse abiti di lusso e cene eleganti. Sepolta dai gioielli… si inabissava in un turbine di feste da cui usciva stordita e felice, tornando a casa con risate chiassose assieme a uomini che la seguivano in punta di piedi».
Ma si domanda anche, con un briciolo di pietà, «quale ferita nascondeva mia madre sotto la pelle per essere diventata così avida d’amore e capace di guardare solo se stessa?».
Se il rapporto con la madre è stato infelice, molto diverso è stato quello con il nonno che la accompagnava a passeggio, e al caffè le comprava un gelato.
Era nato a Odessa, città che «sapeva di aglio, di mare e di spezie… lì si incontravano i popoli di tutto il Mediterraneo. Si parlava un’infinità di lingue e quasi tutti gli ebrei andavano a scuola…» fin quando un’ondata di odio non li aveva travolti.
Il nonno era andato a Parigi e raccontava alla piccola Irène una vita serena, il carnevale di Nizza, le donne languide che vedeva passare in carrozza.
Forse era per questo che Irène amava la Francia, parlava e scriveva in francese. E poi, c’era Zézelle, cara e dolce tata, licenziata improvvisamente da sua madre e suicidatasi nella Senna.
Grande dolore per Irène, «ho ancora paura a dire il tuo nome, come se potessi riscuoterti dalla tomba. No, Zézelle, resta dove sei. In questi tempi terribili è meglio essere morti…».
Lauto passa dai ricordi infantili e adolescenziali agli amori di Irène, dall’affetto per un padre molto assente al matrimonio con Michel, dalla passione per la scrittura alla tenerezza per le sue bambine, dal legame con Ester – che nasce nel campo – all’odio per i nazisti: «che piacere sarebbe svergognare i nazisti, vendicarsi dei soprusi. Ormai l’unica emozione che ci è rimasta è l’odio. È l’unica che ci fa sentire vive».
Irène con la mente fugge dal campo, ricorda, della sua infanzia, «quel senso di solitudine che mi lasciava stordita, impotente e arrabbiata» e degli anni successivi la scoperta «che la scrittura è un atto di libertà. Con la scrittura si può dire tutto. Si può far uscire la voce anche se si sta in silenzio. Si possono mandare dei messaggi. Si può dar vita ai pensieri… Scrivere equivaleva a vivere… continuavo a scrivere, mentre il mondo intorno continuava a crollare».
Il 13 luglio 1942 Irène fu arrestata e deportata ad Auschwitz-Birkenau in quanto ebrea, benché si fosse convertita al cattolicesimo e avesse ricevuto il Battesimo, lì morì dopo un mese e quattro giorni.
Aveva 39 anni e ci ha lasciato romanzi straordinari, come Suite francese, pubblicato nel 2004, «un romanzo che parlava della guerra durante la guerra, un romanzo di attualità mentre quella attualità era in corso…».
Attualità che sembra ancora più attuale mentre il suo Paese d’origine, l’Ucraina, sta sopportando un’altra durissima guerra.
Luciana Grillo - [email protected]
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