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Le fate della ginnastica si raccontano al Festival dello Sport

Per realizzare magie come quelle di Parigi ci vogliono i super poteri: «È la forza del gruppo a farci fare magie»

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Foto © Marco Oss.

Per realizzare magie come quelle di Parigi ci vogliono i super poteri: l’unione del gruppo, essere cresciute insieme nella vita e nello sport, come una famiglia. Rispondono all’unisono «le fate» delle ginnastica artistica, straordinario argento a squadre alle Olimpiadi, dietro alle statunitensi dell’inarrivabile Simon Biles. In un auditorium Santa Chiara stracolmo di tute sportive e «future fate», Angela Andreoli, Alice D’Amato, Manila Esposito, Elisa Iorio e Giorgia Villa si sono raccontate, dai primi salti sul divano di casa a quelli olimpici di Parigi, dove hanno regalato all’Italia uno storico argento nella gara a squadre.
 
Per trovare una medaglia olimpica nella ginnastica a squadre dobbiamo tornare indietro nel tempo di quasi cent’anni: Amsterdam 1928. A intervistare le «fate», una presentatrice d’eccezione: Vanessa Ferrari, argento olimpico a Tokio, la prima ad alimentare la passione di tante ragazze verso uno sport come la ginnastica artistica, simbolo di caparbietà e tenacia, capace di coronare il sogno olimpico dopo tanti infortuni, l’ultimo dei quali le ha fatto saltare a malincuore Parigi. E poi l’annuncio del ritiro.
 
«La forza di Vanessa e Asia (la sorella gemella di Alice d’Amato infortunata alla vigilia delle Olimpiadi) la sentivamo a bordo pedana. Per me Vanessa è sempre stata un mito, un punto di riferimento, mai avrei pensato di poter allenarmi e gareggiare con lei, è stato come realizzare un sogno», rivela Manila Esposito, la più piccola del gruppo, quella ad aver fatto «il salto» più incredibile, da soli due anni in squadra e già uno splendido terzo posto anche nella gara individuale della trave.
 
Il momento più bello dell’argento olimpico a squadre lo racconta Elisa Iorio: «Oltre al podio, porterò sempre nel cuore gli occhi di Angela alla fine del suo esercizio al corpo libero; sono stati loro a parlare, ancora prima del punteggio. Era argento!».
Un argento di certo sofferto per lei, costretta a gareggiare con una caviglia malandata.
La ginnastica è prima di tutto sacrifico. Non solo delle atlete, ma di tutte le famiglie che le accompagnano in questo percorso o le lasciano andare lontane ancora giovanissime per realizzare un sogno. Senza mai far mancare il loro sostegno.

Sacrifici, capacità di ripartire dopo un infortunio o una delusione, ma senza mai dimenticare il divertimento. È questo il segreto, racconta Angela Andreoli: «Sapevo che il mio esercizio a corpo libero sarebbe stato decisivo, ma ho cercato di non dimenticare mai perché ho scelto questo sport: perché mi diverte. Questo mi ha aiutato a non pensare troppo, quasi fosse una gara normale. Sono riuscita a dare il 100% e a godermi il momento».
La forza del gruppo, ciò che ha reso possibile la magia, è nelle parole di Giorgia Villa: «Siamo come una famiglia, viviamo insieme 24 ore su 24 da tanti anni. Siamo cresciute insieme, non solo sportivamente, ed è questa la nostra forza, l’unione del gruppo».
 
A chiudere «la chiacchierata» è Alice D’Amato, che fa brillare in platea l’incredibile oro olimpico della gara individuale alla trave, nell’attrezzo che le è meno congeniale: «La ginnastica è uno sport bellissimo, devi avere determinazione, caparbietà, sicurezza, passione. È uno sport che può cambiarti la vita. L’importante è darsi degli obiettivi personali e non focalizzarsi su quelli degli altri. Mi sono sempre sentita l’ultima del gruppo e ora sono qui con questa medaglia d’oro al collo, forse è davvero l’ora, come mi dicono tutti, di cominciare ad avere più fiducia in me».

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