Sembra una battuta di cattivo gusto, ma non è uno scherzo

Con una logica davvero stupefacente, la Commissione Europea riconosce l'indicazione geografica protetta del vino croato «Prosek», in barba al «Prosecco» veneto

In un momento in cui il Prosecco veneto si posiziona prodotto leader della produzione spumantistica mondiale, la Commissione Europea decide di accogliere la domanda della Croazia di riconoscere l'indicazione geografica protetta del vino «Prosek».
Anni fa, sempre la CE, aveva deciso che il vino friulano «Tocai» dovesse cambiare nome in quando proprio della produzione ungherese. Oggi invece riconosce alla Croazia la denominazione Prosek, che sembra una forma dialettale veneta del Prosecco.
 
Ovviamente Confagricoltura esprime contrarietà e preoccupazione per la decisione della Commissione europea di accogliere la domanda . Decisione, questa, che appare contraddittoria con quanto stabilito dalla Corte di giustizia Ue pochi giorni fa nel sentenziare come anche le evocazioni dei prodotti - e non solo i prodotti stessi - non possano essere imitate.
A parere della Confederazione la denominazione proposta dalla Croazia è fuorviante e può indurre i consumatori, specialmente quelli che non conoscono il prodotto, in inganno, lasciando adito a confusione tra il Prosecco italiano e il croato Prosek.
 
Non è ammissibile, per Confagricoltura, che una filiera così importante e trainante per l’export, come quella del Prosecco, venga danneggiata per proteggere un prodotto che nulla ha a che vedere con quello italiano.
In gioco c'è il lavoro di chi garantisce la qualità delle denominazioni di origine.
Positiva per la Confederazione la netta presa di posizione del Ministero delle Politiche agricole che si è già opposto a questo riconoscimento e che utilizzerà ogni argomentazione per far sì che la domanda di registrazione promossa dalla Croazia venga respinta.
 
Non è la prima volta che il made in Italy più qualificato viene saccheggiato da decisioni quantomeno incaute della nostra amata Europa.
Parliamo del Parmigiano (prodotto all’estero come Parmesan), del Chianti (prodotto di diritto anche in Australia), del Prosciutto di Parma (chiamato così anche quando è dichiaratamente prodotto altrove) e così via.
È un po’ la storia di tutti gli inventori. C’è chi ha l’idea e chi l’idea la ruba.
E se è vero che di principio è meglio essere copiati che copiare, possiamo affermare che invece le istituzioni dovrebbero assolutamente proteggere le grandi tradizioni in quanto patrimonio indissolubile di precisi territori. Basti pensare che l'Unesco ha riconosciuto Patrimonio dell'Umanità le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.