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Il divieto dei cellulari a scuola – Di G, Maiolo, psicoanalista

Il divieto è inefficace quando negli adulti manca una cultura digitale che permetta di conoscere le potenzialità positive e negative dello smartphone

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«Fino alla terza media non si potrà più usare il cellulare nelle classi».
Così diceva un paio di mesi fa il Ministro Valditara che dopo, con una circolare, ha disposto il divieto di utilizzare lo smartphone in classe dalla scuola dell’Infanzia alla Media, anche per scopi didattici.
Le motivazioni sembrano basarsi su alcuni studi internazionali che indicano come sia pericoloso l’utilizzo del cellulare in classe.
Si afferma che il suo uso è responsabile della riduzione di attenzione e concentrazione e in grado di incidere in modo negativo sullo sviluppo cognitivo compromettendo anche la capacità critica.
 
Si può concordare, almeno in parte, con queste preoccupazioni ed è doveroso che lo faccia la scuola come agenzia educativa, prima che di formazione.
In ogni caso la tematica è complessa e non semplificabile, ma personalmente credo che da sola non possa generare quello stato di emergenza e di allarme per una generazione che qualcuno ritiene condannata perennemente all’ansia.
Certo i dati ci parlano di un 20% di adolescenti che soffre di disturbi psichiatrici (Fonte UNICEF), e ci dicono in aumento lo stress patologico e i comportamenti autolesionistici che finiscono anche per incrementare i tentativi di suicidio.
 
Innegabile che molte di queste situazioni siano connesse alle nuove dipendenze e all’abuso nell’utilizzo dei dispositivi digitali, ma le domande urgenti da fare sono:
Quanto è diffuso l’uso incondizionato e libero del cellulare?
Quale educazione al digitale stiamo fornendo?
Quali progetti stiamo sviluppando a scuola per educare precocemente i bambini alla conoscenza della rete e degli strumenti che sono a loro disposizione fin dalla primissima infanzia?
E quanto conta che tutti (ma proprio tutti) utilizzino davanti agli occhi dei minori i propri dispositivi senza alcun contenimento?
 
Pensando ai divieti, vien da dire che in genere non sono granché utili e serve a poco il togliere l’uso del cellulare - che a scuola peraltro non è consentito dal 2008 - se poi famiglia e comunità educante nei fatti non lo usa con ragionevole attenzione.
Inefficace è il divieto, quando negli adulti manca una cultura digitale che permetta di conoscere le potenzialità positive e negative dello smartphone.
 
Il vietare finisce per essere una vana pretesa educativa che attiva piuttosto curiosità e trasgressione. Poi ricordiamoci che bambini e adolescenti non ascoltano tanto le parole dei grandi, ma li osservano in quello che fanno, e li imitano!
Risulta fondamentale invece che la scuola, prima di porre divieti, predisponga progetti e iniziative di formazione mirata sull’uso della tecnologia da offrire ai bambini, agli adolescenti, ma anche ai genitori e agli insegnanti.
Il compito dell’istituzione scolastica è anche quello di impegnare risorse per formare alla conoscenza dei rischi presenti nella realtà virtuale ed educare al digitale per prevenire i pericoli che corrono i figli online.
 
Smettiamola di pensare che il tempo d’uso del telefonino sia l’unico rischio da evitare e il male dei mali, ma cerchiamo piuttosto di sapere cosa fanno con il cellulare i nostri figli, magari di notte all’insaputa di tutti.
 
Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento

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