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LA NOIA – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

È uno stato pesante, ma serve: la noia non è di per sé pericolosa ma semmai è problematica la sua gestione

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C’era una volta la noia. Sembra una battuta, ma non lo è, perché un tempo ci si annoiava di più, mentre oggi c’è il cellulare che non fa annoiare nessuno.
Quando ci si annoiava, il sentimento provato era quello di non aver voglia di fare nulla.
Uno stato psicologico comune a tutti, ma in particolare agli adolescenti che di solito indica disinteresse e un senso di vuoto pesante e vischioso.
È una condizione temporanea in cui prevale la sensazione di essere in disparte dal mondo.
È mancanza di voglia e fa pensare che tutto dentro sia immobile e che manchino le energie.
In tedesco la parola che la definisce è «langeweile» (tempo lungo e immobile) è soprattutto distanza dal mondo e sguardo privo di interesse.
 
Negli anni giovanili, per alcuni la noia è un peso insopportabile che non lascia intravvedere nulla di buono.
Scriveva Roberto Gervaso: «La noia è incapacità di godere» (Il grillo parlante, Bompiani), cioè assenza di entusiasmi, apatia e abulia insieme e volontà inerte.
La paura maggiore però è di chi sta a fianco a chi vive la noia per cui teme un ritiro globale dell’energia vitale e quel ripiegamento che potrebbe essere l’incipit di una depressione.
In famiglia così la noia è combattuta o messa al bando dai genitori, solitamente incapaci di tollerare un figlio inoperoso, senza interessi e in ozio.
È assenza di vitalità del pensiero che fa pensare a un disturbo dell’umore, ma la noia non è una patologia, anche se non va mai trascurata come condizione.
 
Si tratta invece di un’esperienza umana universale ineliminabile, di certo uno stato emotivo difficile che può essere un potente stimolo alla creatività.
Perché quando la noia ci riempie, il nostro cervello cerca di uscire da quella situazione di stallo operativo e si mette alla ricerca di soluzioni nuove, attiva il cosiddetto pensiero divergente con cui si possono trovare soluzioni originali che riguardano il senso della vita o le possibili vie di uscita dal disagio.
In altre parole la noia non è di per sé pericolosa ma è problematica la sua gestione, perché sappiamo che il benessere mentale si costruisce con l’accettazione di essa e non con l’evitamento.
 
Questa condizione psicologica appartiene all’esistenza comune e ha un suo preciso valore. Allora ci serve saper governare la noia e non sostituirla con altro, piuttosto poterla attraversare con qualcosa di creativo, magari dipingendo, suonando o scrivendo.
Agli adolescenti personalmente suggerirei di connettersi con se stessi e li inviterei a riflettere su quei pensieri noiosi e ricorrenti.
Chiederei loro di fare qualcosa di nuovo, come una riflessione o una meditazione. Di certo chiederei in modo deciso di non riempire i vuoti reazionali con le connessioni digitali.
A chi sta negli immediati dintorni dei giovani invece di criticare e «predicare» a dismisura, suggerisco di condividere con l’annoiato un’attività comune come una passeggiata nella natura, magari senza parlare e in silenzio.
 
Le ricerche sembrano dirci che c’è un rapporto diretto tra noia e benessere, tra silenzio delle parole dette e l’ascolto delle sonorità interiori e della comunicazione verbale e non verbale che ci riguarda.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento

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