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Co-genitorialità effettiva – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Far crescere insieme i figli può garantire loro il contenimento del trauma della separazione dei genitori o almeno ridurre il danno della distanza

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La parola co-genitorialità è decisamente nuova. Ha fatto ancora poca strada perché la si è cominciata ad usare negli anni ‘90 dopo la Convenzione sui diritti del fanciullo (1989).
Da lì nasce il concetto che il bambino ha il diritto di mantenere con entrambi i genitori, sposati, compagni, separati o senza un vincolo definito, un rapporto intenso e costante fin dai primi momenti di vita.
Stupisce quindi la recente sentenza della Cassazione quando definisce che i figli delle coppie separate, fino a 3 anni debbano dormire nella casa della madre che ha la relazione più significativa. Stupisce in quanto da tempo si punta sulla bi-genitorialità e sulla condivisione dei compiti tra madre e padre. Non sulla limitazione di essi!
 
La decisione dei giudici che respingono il ricorso di un padre di Macerata, di fatto non prende in considerazione le funzioni paterne ed esclude il padre dai compiti di accudimento.
C’è chi vede con favore questo provvedimento e sottolinea i bisogni primari del neonato e necessita della madre per l’allattamento al seno e anche di non essere «sballottato» da una casa all’altra. Valide motivazioni ma a mio avviso non adeguate.
Perché è necessaria la maggiore attenzione possibile alla sua crescita, rispettando i suoi tempi evolutivi, ma pensare che il neonato fino ad una certa età abbia un rapporto esclusivo con la madre significa non sapere che la ricerca più recente ci mostra come il bambino è in grado di interagire con entrambi i genitori fin dai primi istanti di vita.
 
Di certo l’allattamento al seno è questione materna, ma quanti padri nel dedicarsi con attenzione e affetto al «mestiere» di genitore hanno imparato a passare dal ruolo di sostegno alla madre che allatta, all’ascolto dei suoi bisogni pratici ed emotivi e all’assunzione concreta dei compiti di cura.
Pensiamo ai padri che alimentano il piccolo col biberon, che sanno cambiare i pannolini e lavare il sederino o fare il bagnetto e lo sanno tranquillizzare.
Da anni sosteniamo l’importanza che i padri si occupino precocemente dei figli e chiedano il congedo parentale come previsto dalle le normative vigenti!
 
La sentenza della Cassazione rischia di far fare un salto indietro all’affido condiviso e a una bi-genitorialità responsabile.
Che non vuol dire unicamente suddividere il tempo tra padre e madre con salomonica precisione, ma significa partecipare attivamente alla loro crescita e sviluppare la cultura della co-genitorialità.
È questa che serve per riconoscere le pari responsabilità dell’essere genitori e i reciproci doveri educativi che non aspettano il terzo anno di vita per essere concretamente messi in atto.
 
La co-genitorialità effettiva può garantire a un figlio il contenimento del trauma della separazione o ridurre il danno della distanza, perché è il senso di responsabilità genitoriale che fa prevalere i bisogni del bambino sugli interessi personali.
Ma la co-genitorialità si fonda sulla cooperazione e sulla coerenza dei genitori, sull’arte di trovare compromessi per il benessere dei figli e sulla capacità di comunicare in modo efficace perché si costruisca con il bambino una fondamentale comunicazione affettiva.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento

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