Fermiamo le «Shitstorm» – Di G. Maiolo, psicoanalista

La «Tempesta di fango» che si è abbattuta in rete ha ucciso Giovanna Pedretti

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La storia di Giovanna Pedretti della scorsa settimana è emblematica. Ci impone di riflettere sulle vicende umane sempre più complesse e difficili, complici i social, la comunicazione digitale la viralità della rete che spesso alimentano una vera e propria tempesta di fango.
 
È la storia tristissima di una ristoratrice che in poche ore è passata da eroina coraggiosa, capace di ergersi a difesa di sacrosanti diritti civili, a sospetta falsificatrice.
Prima lodata e osannata, poi ipotizzata mentitrice per interessi personali o di bottega. Infine suicida, probabilmente travolta da un’imbarazzante viralità mediatica, screditata nella sua affidabilità personale e professionale e forse travolta da una possibile gogna mediatica.
 
In inglese è stata chiamata «shitstorm», letteralmente «tempesta di merda», cioè offese e calunnie che hanno trasformato in tragedia la storia di una persona.
Una vicenda scabrosa da ogni punto di vista, che lascia tutti sconfitti e mette in luce le nostre fragilità di fronte a una tecnologia potente e capace di diventare devastante se non abbiamo le competenze per gestirla.
Solo in parte le colpe sono della rete e dei social media. Ritengo che siamo tutti responsabili se non colpevoli, quando non sufficientemente competenti e capaci di riconoscere i rischi del web.
 
La storia, del resto, non è nuova, anzi si ripete, ed è quella dell’odio che corre e contagia in internet, della gogna mediatica che travolge e non lascia scampo a chi né è vittima.
Una delle tante narrazioni digitali violente che annientano, è il devastante cyberbullismo che con le sue varianti infinite come il Revenge porn, vede i minori protagonisti (ma non solo loro) di azioni offensive, fa vittime e carnefici e abita lo scenario della violenza verbale e dunque della gogna.
 
La dinamica psicologica è nota, si sviluppa in tre fasi e vale la pena ricordarle.
La prima nasce in occasione di un commento negativo espresso da chiunque, anche legittimamente.
La seconda invece si sviluppa in un momento successivo quando esplicitamente o meno si invita a condividere e commentare. Ed è allora che si infiammano gli animi e repentinamente un po’ tutti gli odiatori si ritengono autorizzati ad esprimere i propri pensieri negativi con parole offensive. Di solito questo nasce da una distorta percezione della realtà virtuale, più emozionale che ragionata e da una contagiosa aggressività sovente repressa che davanti a una tastiera e a un monitor spinge a pensare che sia legittimo il poter dire quello che si pensa.
La terza fase è quella virale e contagiosa che una miriade di giudizi offensivi e sprezzanti “imprigiona” la vittima, la incatena e ne distrugge la reputazione, togliendole qualsiasi via di uscita. È la gogna che non lascia scampo a nessuno ed è il pericolo che oggi corriamo tutti in rete, quello di poter essere ora vittime e poi carnefici, se non abbiamo coscienza dei processi che si innescano.
 
Ma è proprio questo che rende urgente la riflessione sulle regole fondamentali da usare in rete e sulla consapevolezza dei rischi che si corrono.
Ma soprattutto è necessario provvedere ad attivare al più presto possibile per i minori l’educazione digitale sia a casa che a scuola.

Giuseppe Maiolo - sicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it