Mostra sulla montagna fra arte e fotografia – Di Daniela Larentis
A Cles «La montagna di Eugenio Dallafior. Dialogo con l’arte di Mauro Larcher e Gianluigi Rocca», a cura di Lucia Barison – Visitabile fino al 16 giugno 2019
Mauro Larcher - Senza titolo - 2013.
Lo scorso 13 aprile, è stata inaugurata a Cles, Trento, nella splendida cornice di Palazzo Assessorile, la mostra intitolata «La montagna di Eugenio Dalla Fior. Dialogo con l’arte di Mauro Larcher e Gianluigi Rocca», curata da Lucia Barison.
Sarà visitabile fino al 16 giugno 2019, nei seguenti orari di apertura: dal martedì alla domenica in orario 10.00-12.00 / 15.00-18.00.
Segnaliamo che l’Amministrazione offre al visitatore la possibilità di un accompagnamento guidato gratuito, della durata di 45/50 minuti, nei giorni sabato 27 aprile, sabato 11 maggio, sabato 1 giugno e sabato 15 giugno.
Nell’ambito dell’esposizione (che per l’occasione rimarrà aperta anche in orario serale 20.30 – 22.30) sono stati organizzati due eventi: giovedì 2 maggio l’avvocato Massimiliano Debiasi presenterà il libro «Luciano Debiasi - il camoscio del Peller. Storie e aneddoti della carriera di un nostro campione sportivo» a cura di Walter Corradini, mentre venerdì 31 maggio, sempre alle ore 20.30, ci sarà una tavola rotonda tra gli organizzatori della mostra Lucia Barison, Mauro Grazioli, Marcello Nebl e Riccardo Decarli della Biblioteca della Montagna – SAT.
Eugenio Dalla Fior - Fondo SAT Riva.
Il progetto, voluto fortemente dal Sindaco Ruggero Mucchi e dall’Assessore alla Cultura del Comune di Cles Vito Apuzzo, è nato per ricordare la figura di Eugenio Dalla Fior, medico condotto a Cles dal 1920 al 1951, il quale realizzò un importante lavoro nel campo della documentazione fotografica e descrittiva di numerosi percorsi di montagna.
Personaggio illustre e co-fondatore dell’Ospedale civile del capoluogo, fu forte sostenitore della Sezione Universitaria della Società degli Alpinisti Tridentini - SUSAT, nata come appendice della già attiva SAT (nel 1961 gli è stata anche dedicata una via, quella che dalla moderna stazione conduce alla frazione di Maiano e porta al cimitero, dove è sepolto dal 1956).
Numerose le fotografie esposte e selezionate dal corposo fondo fotografico del Dalla Fior, conservato presso la Società degli Alpinisti Tridentini di Riva del Garda. I suoi scatti non si limitano a immortalare la montagna, evidenziandone aspetti morfologici ed orografici, ma ritraggono anche persone, rifugi, malghe, case, scorci particolari.
Mauro Larcher - Senza titolo - 2016.
La mostra rievoca una gradevole passeggiata in montagna, tra vedute mozzafiato e meravigliosi scorci, ed è allestita su più livelli.
Partendo dal piano terra, dove sono esposti alcune fotografie, si passa al primo piano dove sono raccolti documenti e oggetti dell’epoca; salendo al secondo piano, si possono ammirare le opere di due noti artisti, ambedue amanti della montagna, Mauro Larcher e Gianluigi Rocca, i quali hanno saputo intrepretare il tema proposto realizzando quadri di grande suggestione.
La sezione che si trova al terzo piano, infine, curata da Marcello Nebl, propone al visitatore altre fotografie di Dalla Fior, che testimoniano il cambiamento di Cles nel tempo, e una serie di dipinti realizzati da metà ottocento fino agli anni cinquanta del secolo scorso.
Eugenio Dalla Fior - Fondo SAT Riva.
Il percorso espositivo è dedicato a chi ama la montagna proprio nell’anno del turismo sostenibile, ed è rivolto a tutti i viaggiatori che si spostano a ritmi slow e a stretto contatto con la natura, lontano dalla frenesia di tutti i giorni.
I quadri di Larcher e Rocca, a nostro avviso, rappresentano un implicito invito non solo a ristabilire un contatto con l’ambiente naturale che ci circonda, una relazione con l’ambiente montano, prendendo coscienza di quelle che sono le nostre radici, ma anche a rallentare i ritmi frenetici di una vita divenuta davvero troppo veloce.
E la montagna ha molto da insegnarci in tal senso. Questa è l’epoca del consumismo estremo, dell’individualismo esasperato; come osserva Bauman, il noto sociologo e filosofo polacco morto un paio di anni fa, viviamo in una società liquido-moderna in cui «lo sciame» tende a sostituire il gruppo, riunendosi e disperdendosi a seconda della situazione, guidato unicamente dalla priorità del momento.
Nulla sembra durare a lungo nella società dei consumi, le relazioni durano un battito di ciglia, tutto si consuma in fretta, senza lasciare traccia. La montagna insegna a riscoprire valori perduti, insegna la pazienza, il rispetto per l’ambiente, premia la tenacia e penalizza il delirio di onnipotenza, la troppa sicurezza che, talvolta, porta a sottostimare il pericolo.
Due brevi note biografiche sugli artisti in mostra, i quali, peraltro, essendo noti in ambito artistico, non avrebbero certo bisogno di presentazioni.
Gianluigi Rocca - La corda di Bruno - 2012.
Gianluigi Rocca, artista nato nel Bleggio, Trento, è conosciuto sia in Italia che all’estero e ritenuto da molti critici ai vertici della pittura contemporanea italiana. È autore fin da giovane di opere nate dalla sua grande sensibilità e attenzione verso la natura, vivendo molti mesi all’anno tra l’azzurro del cielo e il verde dei boschi. Compie gli studi presso l’Istituto d’Arte di Trento e all’Accademia di Belle Arti a Milano. Espone verso la metà degli anni settanta, la sua prima mostra personale risale però agli inizi degli anni ottanta. A questo periodo ne segue un altro in cui si ritira in completo isolamento tra le montagne del Brenta, maturando, nell’ambito della sua ricerca figurativa, un’attenta rilettura delle forme e dei contenuti. Viaggia in Italia e in Europa, si reca a Parigi, Roma, dividendosi infine fra Trento e Milano, dove insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Mauro Larcher nasce a Ruffrè, Trento, e fin da adolescente vive a Bolzano, dove frequenta la Scuola Grafica Athesia, diplomandosi grafico specializzato in stampa e fotografia.
La sua esperienza lavorativa presso Mondadori lo influenza artisticamente, tenendolo sempre a stretto contatto con il mondo della grafica. Nato fra le montagne, vive costantemente immerso nella natura, in un mondo in cui lavorare nei boschi e andare per legna, raccogliere il fieno, andare in stalla, sono considerate esperienze quotidiane del tutto normali.
In seguito, mantiene questo legame allenandosi nella corsa in montagna, sciando e dedicandosi all’arrampicata.
Negli anni ottanta diventa maestro di sci, un’occasione che gli permette di coniugare le sue passioni: la montagna e la neve, temi ricorrenti nelle sue splendide opere.
Successivamente, entra a far parte del Gruppo ARS 95 fondato dal prof. Franco A. Lancetti, a Cles, e dell’Associazione FIDA di Trento e Bolzano, partecipando a diverse mostre personali e collettive.
Gianluigi Rocca - Nel sogno dei giorni verticali - 2013.
Invitando i lettori non solo a visitare la mostra, ma anche a compiere delle escursioni fra le nostre spettacolari montagne, ci piace concludere con un pensiero di un grande alpinista, Reinhold Messner, il celeberrimo protagonista di tante avventure consumate fra le cime di tutto il mondo. Fu lui a salire per la prima volta l’Everest senza ossigeno e il primo a raggiungere la vetta di tutti i 14 ottomila, l’ultimo dei quali nel 1986 (conta al suo attivo più di 3500 vette raggiunte in tutti i continenti).
Scrive nel suo libro intitolato «La vita secondo me» (2014), edito da Corbaccio: «Nel camminare è insito un parametro umano. Se superiamo il nostro ritmo sentiamo che abbiamo perso la percezione.
«Tuttavia, camminando il mondo ci appare misterioso, più grande, mai banale.
«La crescente fiducia nelle proprie forze, nella propria resistenza e abilità che ci stimola da giovani quando intraprendiamo un viaggio, col tempo si riduce come la nostra naturale velocità.
«Ma viaggiare e pensare rimangono una cosa sola. Il corpo e la mente diventano un tutt’uno.»
Un po’, aggiungiamo noi, come succede agli artisti, le cui mani, mentre lavorano, diventano un prolungamento della loro mente, donandoci la bellezza delle loro opere.
Daniela Larentis – [email protected]
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