«Veniva nel mondo la luce vera» – Di Daniela Larentis
La spiegazione teologica di Mons. Lodovico Maule – La splendida esposizione sulla Natività curata da Massimo Parolini è visitabile in Duomo fino all’11 gennaio»
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Sotto la Sacrestia, nel Duomo di Trento (Aula San Giovanni), è aperta al pubblico fino all’11 gennaio 2016 «Veniva nel mondo la luce vera», una meravigliosa mostra sull’Avvento e la Natività curata da Massimo Parolini, di cui avevamo già dato notizia in un precedente articolo (vedi), orari di visita: 9.30-12/14.30-18 ingresso libero.
Si tratta di una bellissima raccolta di arte sacra degli artisti Armani Giuliano Ernesto, Berlanda Marco, Bonacina Carlo, Colorio Bruno, De Carli Mauro, Grott Cirillo, Mastro 7, Senesi Luigi, Verdini Pietro, Winkler Othmar.
Noi abbiamo avuto l’onore di porre un paio di domande a Mons. Lodovico Maule, decano del Capitolo del Duomo, il quale ci ha guidati lungo il percorso espositivo, dandoci una spiegazione teologica delle opere esposte.
Qual è il significato del titolo e quindi il tema della mostra?
«La Santa Scrittura fin dall’antico Testamento al peccato di Adamo ed Eva annuncia la Redenzione: Dio quando incontra Adamo ed Eva dopo il peccato non maledice l’uomo, ma all’uomo annuncia profeticamente che verrà una donna la cui discendenza schiaccerà il capo del serpente tentatore, ed ecco allora la scelta del titolo, in riferimento a tutto il filone della Scrittura, in base a questa profezia.
«I profeti annunciavano che sarebbe venuto il tempo della luce, il tempo del Messia, e gli evangelisti, Giovanni in particolare (il quale annuncia che nel mondo entra la luce vera).
«A Natale celebriamo l’arrivare della luce vera. Già il papà di Giovanni Battista, Zaccaria, alla nascita di suo figlio canta profeticamente che quel bambino precederà il sole che sorge dall’alto, quindi Cristo.
«Il titolo della mostra si rifà proprio al tempo che stiamo vivendo, al Natale, il tempo della venuta della luce vera nel mondo, quel sole che non tramonta e che è Cristo.
«La sala che ospita la mostra anticamente era una chiesa, è la più antica chiesa nella zona della cattedrale, un tempo legata al palazzo del Principe Vescovo. C’erano due chiese sovrapposte: la più bassa dedicata a San Giovanni, quella più in alto dedicata a San Biagio, consacrate attorno al 1070.
«Abbiamo recuperato questa sala perché diventi luogo di incontro, di riflessione e di arte, chiaramente arte sacra. C’è da fare una precisazione: arte sacra è un titolo molto più ampio rispetto ad arte per la liturgia.
«Alcune fra le opere qui esposte non troverebbero collocazione in chiesa, proprio perché per la gente diventerebbe difficile mettersi a pregare davanti ad esse, non capendole. L’arte sacra indica tutti quei soggetti che hanno un’ispirazione che rinvia al trascendente, che rinvia oltre la realtà contingente.
«L’arte per la liturgia è invece quell’arte che ti pone immediatamente davanti al mistero di Dio, ti apre alla preghiera spontanea, quindi anche una persona semplice, per esempio una povera vecchietta che non ha avuto istruzione, davanti a una Madonna con il bambino capisce e prega.
«Questo spazio è vicino alla cattedrale e aiuta a riflettere sul senso del sacro, non è necessariamente luogo di preghiera.»
Appena entrati, sulla destra ci troviamo di fronte a due splendide opere di Matro 7, una delle quali è intitolata Ottavo giorno, sulla sinistra la nostra attenzione viene catturata da uno stupendo quadro di Pietro Verdini, a seguire le meravigliose opere di tutti gli altri artisti lungo un circuito ovoidale. Qual è il senso del percorso espositivo da un punto di vista teologico?
«Il prof. Parolini in maniera molto acuta ha previsto un percorso che parte dalla Resurrezione, infatti noi non possiamo celebrare il Natale di Cristo se non a partire dalla Resurrezione di Cristo.
«Non ci sarebbe senso a celebrare la nascita di Gesù se non fosse veramente Colui che porta la speranza del mondo, la Salvezza.
«La Pasqua di Cristo è definita l’ottavo giorno, nel primo giorno Dio creò la luce. Nel primo giorno dopo il sabato, quindi nel giorno che rinnova la creazione, ecco che la Resurrezione di Cristo riporta la luce vera nel mondo.
«Noi celebriamo Cristo nato solo perché è il Crocefisso risorto. La luce che l’uomo desidera è la luce di una pienezza di vita. Il curatore ha avuto l’idea di partire dall’idea dell’Annunciazione, rappresentata dall’opera di Pietro Verdini; è un angelo piuttosto massiccio, pesante, non come gli angeli eterei a cui siamo abituati.
«È interessante ricordare che santità nella lingua materna di Gesù, in aramaico, indica l’idea della pesantezza: santo è qualcosa che pesa, infatti nel Vangelo ogni volta che Dio si rivela, quelli che godono di questa rivelazione provano il senso della stanchezza, della spossatezza, pensiamo alla trasfigurazione degli apostoli che si addormentano, cadono a terra quasi addormentati. Quest’angelo così robusto dà quest’idea di pesantezza, pur avendo un aspetto al contempo gentile, dolce.
«Si collega all’opera di Verdini l'astrazione delle Gradualità segniche di Luigi Senesi, un’opera curiosissima, inserita nell’arte sacra perché dà un’idea di luce, è un annuncio di luce; segue un’altra opera di Verdini intitolata Natività nel bosco, è una presenza: noi non vediamo nulla, osserviamo la cavità di questi alberi che ispira un senso di spiritualità molto interessante, l’umiltà della Vergine che quasi quasi si nasconde (lei all’angelo risponde: Benedicendo Dio ha guardato l’umiltà della sua serva).
«Lei sembra quasi scomparire per benedire la grandezza di Dio; in quest’opera non viene quindi rappresentata la Madonna né la natività, ma questa cavità che indica realtà di accoglienza, profondità di ascolto, che indica questa spazialità che è disponibile all’assoluta novità che Dio porta.
«Dall’Annunciazione di Verdini e Senesi si arriva alla Preghiera di Cirillo Grott, un’incantevole scultura in legno raffigurante una madonna in dolce attesa, una madonna del parto. La mano sembra proteggere il grembo e al contempo indicarlo, quindi apre a un senso di attesa, di accoglienza. Maria porta in grembo il Salvatore e fa pensare all’idea di incarnazione: Dio si è fatto creatura.
«Ed ecco fa risuonare lo splendido canto di Dante che conclude la Divina Commedia: Vergine Madre, figlio del tuo Figlio, umile e alta più che creatura….
«Dopo l’Annunciazione e l’Attesa arriviamo a un quadro di Marco Berlanda, un naïfs di spessore che rappresenta una natività con una grande stella cometa. L’aspetto più interessante è proprio la grandezza della stella cometa, la quale rappresenta la luce vera.
«Dobbiamo tenere presente che nelle Scritture la stella è Cristo stesso. I magi gioiscono nel vedere la stella, in realtà quella stella non è solo l’astro che li accompagna, ma è Cristo.
«La natività di Cirillo Grott, uno splendido bassorilievo in bronzo, presenta un aspetto molto curioso, si tratta di un’opera ricca di simbologie: qui è raffigurato Giuseppe in procinto di stendere un manto sopra Maria, in un atteggiamento protettivo, sembra voler stare in disparte, è nella perfetta iconografia anche dell’Oriente, dove Giuseppe è custode, sta in disparte per difendere la realtà di quel parto verginale: quel bambino è opera di Spirito Santo.
«Giuseppe copre Maria con un velo, qui è un riferimento che si rifà all’Antico Testamento. Nell’A.T. nel tempio il Santo dei Santi, quel luogo più riservato dove, secondo la fede di Israele, Dio che risiede nei cieli appoggiava i suoi piedi sull’Arca, ossia è il luogo dove abitava, era chiuso da una tenda.
«Nell’Annunciazione spesse volte Maria era raffigurata mentre sta tessendo, perché i Vangeli apocrifi dicono che Maria stesse intessendo il velo per il tempio, ma è simbolico, in quanto da quel momento Maria nel suo grembo inizia a intessersi il vero Santo dei Santi. Dice l’angelo: «Quel bambino sarà chiamato Santo».
«Qui c’è un riferimento a quel velo, che viene messo per proteggere, ma che al contempo rivela la presenza salvifica. E’ la rivelazione della Salvezza. La tenda è anche simbolo della dimora.
«Un aspetto curioso dell’opera è che Cirillo Grott ha inserito la Sacra Famiglia in una finestra, quindi la natività diventa finestra che ti proietta nel mistero di Dio: tu sei chiamato ad andare oltre il fatto in sé per contemplare l’infinito amore di Dio, che ti viene incontro mandando suo Figlio a farsi uomo perché l’uomo sia redento, quindi questa finestra che spalanca la storia caduca dell’umanità ormai sull’eternità a cui l’uomo è chiamato ad essere partecipe.
«Si arriva poi innanzi a una magnifica opera di Othmar Winkler, una statua in legno policromo raffigurante una Madonna dell'uva, simbolo del sangue della passione e morte di Cristo. E’ la Madonna della Passione. Ai suoi piedi c’è la luna, è l’immagine della Donna dell’Apocalisse. Accanto a questo aspetto c’è quell’uva che rinvia alla Passione di Cristo.
«Ci colleghiamo a Mauro de Carli e alla sua Donna con bambino.
«È una maternità che ci rinvia a un aspetto splendido: Dio si è fatto uomo, «il Figlio di Dio eterno con il Padre comincia a esistere nel tempo», come la maternità che troviamo più avanti di Bruno Colorio.»
«Un’altra maternità è quella rappresentata dall’opera di Carlo Bonacina intitolata Madonna con bambino: c’è qui un richiamo all’icona bizantina, questo bambino è fasciato con la fasciatura di chi è deposto nella tomba.
«Le antiche icone del Natale, prima del Mille, vedevano il bambino fasciato a questo modo e deposto non in una mangiatoia, ma in una tomba, in un sarcofago di marmo, c’è un richiamo alle bende della sua morte e quindi alla Resurrezione.
«Maria poi non guarda dolcemente il figlio, ma sembra fissare l’osservatore. Guarda chi si pone davanti a lei, sembra quasi voler offrire quel figlio, come nella tradizione più antica della Chiesa.
«Sempre di Bonacina la Madonna con bambino e colomba, raffigurante una papagna, una sorta di biberon ante litteram che serviva a calmare le coliche dei più piccoli.
«A me piace più l’idea della Madonna del latte, di Maria mentre allatta, quasi a voler indicare che veramente quel bambino è figlio suo. Comunque lo si interpreti è sempre il segno che rinvia all’autentica maternità, il Figlio di Dio si è veramente fatto uomo nel grembo di Maria. La colomba infine simboleggia lo Spirito Santo.»
«Si arriva poi innanzi alla Madonna dei bombardamenti di Giuliano Ernesto Armani. Colpisce particolarmente oltre alla dolcezza della Madonna, lo sguardo spaventato del bambino che guarda la città incendiata dalla guerra.
«Arriviamo alle due splendide opere di Mastro 7 intitolata Ottavo giorno.
«L’Ottavo giorno è il giorno della Resurrezione. La domenica secondo la Scrittura è il primo giorno della settimana, è il giorno che viene dopo il sabato. La settimana per gli Ebrei si concludeva con il sabato che è l’ultimo giorno della Creazione, il giorno in cui Dio ha riposato.
«Il primo giorno dopo il sabato Gesù risorge dalla morte, simbolicamente diventa l'Ottavo giorno. Se ci riferiamo alla Sacra Scrittura, alla Creazione, il primo giorno Dio creò la luce.
«Gli astri li crea il quarto giorno. Quindi cosa vuol dire che la luce è creata prima degli astri, secondo noi sorgente della luce?
«La Bibbia in maniera poetica-teologica dice che quella luce che Dio crea è la rivelazione di se stesso. Dio si rivela e la luce è la conoscenza che lui offre di sé.
«L’Ottavo giorno è il giorno in cui risorgendo Gesù dalla morte la Creazione acquista il suo pieno senso. Che senso avrebbe la Creazione se noi poi morissimo?
«Custodi dell’anima è un’altra opera di MASTRO7 che può dare l’idea dell’angelo, l’ala, ma che ha una forma che ricorda soprattutto anche un orecchio e quindi rimanda all’ascolto e a Maria.
«Di Maria i Padri dicono che «accolse prima nel cuore e generò nel grembo» per cui l’Annunciazione avviene prima nel cuore e nella mente di Maria, che obbedisce, e nel momento in cui accogliendo la parola dice sì, ecco che nel suo grembo avviene il miracolo del concepimento. Chi obbedisce è colui che ascolta e ascoltando cambia.»
Daniela Larentis – [email protected]
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