Home | Rubriche | Pensieri, parole, arte | E se l’utile fosse del tutto inutile? – Di Daniela Larentis

E se l’utile fosse del tutto inutile? – Di Daniela Larentis

Si sacrifica spesso ciò che è davvero utile, spacciandolo per inutile, e ciò che si ritiene essere assolutamente essenziale poi si rivela improvvisamente superfluo

image

>
Pensiamo a quanti beni di consumo compriamo ogni giorno: sono tutti davvero utili?
Si entra per esempio in un supermercato per comperare del pane e della frutta, un po’ di carne e della verdura, magari anche un pezzo di buon formaggio, si pensa che tutto sia utile e quando ci si ritrova davanti alla cassa ci si rende conto improvvisamente di quanti prodotti assolutamente non indispensabili siano stati infilati nel carrello.
Non c’è poi quasi più nessuno che aggiusta un oggetto rotto, si preferisce comperarne un altro, con la scusa che, tanto, costerebbe più ripararlo che ricomprarlo.
Alcuni acquistano addirittura cose che già possiedono (ma non sanno di avere), del resto viviamo in un mondo di consumismo spinto, nell’era del tutto e subito, dove talvolta il sapere conta molto meno dell’avere.
 
Le persone si dedicano un po’ tutte, chi più chi meno, all’accumulo, che può essere di beni, di denaro, nel frenetico inseguimento della fama e del potere.
Pare proprio che per alcuni «fare soldi» e poi spenderli rappresenti il modo migliore per vivere la vita. Peccato che non tutto ciò che ha davvero importanza produca un guadagno immediato, infatti non è utile solo ciò che produce profitti, ci sono occupazioni che sembrano essere più inutili che utili ma che danno sapore alla vita, che la rendono accettabile, che ci fanno sentire meno «macchine» e più «uomini».
 
C’è un bellissimo libro che parla proprio di questo, dal titolo «L’utilità dell’inutile – Manifesto – con un saggio di Abraham Flexner» edito da Bompiani.
L’autore è Nuccio Ordine, professore ordinario di Letteratura Italiana nell’Università della Calabria, nonché scrittore (ha scritto numerosi libri, su Giordano Bruno ne ha scritti tre, tradotti in tredici lingue, fra cui il cinese e il giapponese), Membro d’Onore dell’Istituto di Filosofia dell’Accademia Russa delle Scienze (in Italia dirige la collana «Classici della letteratura europea», Bompiani), il quale introducendo il saggio scrive (pag. 13): «Ho voluto solo raccogliere, all’interno di un contenitore aperto, citazioni e pensieri collezionati in tanti anni di insegnamento e di ricerca».
 
E’ proprio lui che nella prefazione sottolinea: «Esistono saperi fine a se stessi che – proprio per la loro natura gratuita e disinteressata, lontana da ogni vincolo pratico e commerciale – possono avere un ruolo fondamentale nella coltivazione dello spirito e nella crescita civile e culturale dell’umanità. All’interno di questo contesto, considero utile tutto ciò che ci aiuta a diventare migliori».
Aggiunge poi: «Ma la logica del profitto mina alle basi quelle istituzioni (scuole, università, centri di ricerca, laboratori, musei, biblioteche, archivi) e quelle discipline (umanistiche e scientifiche) il cui valore dovrebbe coincidere con il sapere in sé, indipendentemente dalla capacità di produrre guadagni immediati o benefici pratici».
Fa l’esempio proprio dei musei, dicendo che spesso assieme ai siti archeologici possono essere fonte di grandi introiti, tuttavia la loro esistenza non può essere subordinata agli incassi ottenuti, afferma che «la vita di un museo o di uno scavo archeologico, come quella di un archivio o di una biblioteca, è un tesoro che la collettività deve gelosamente preservare a ogni costo».
 
Una sua riflessione ci colpisce particolarmente (pag 18): «Fa male vedere uomini e donne impegnati in una folle corsa verso la terra promessa del guadagno, dove tutto ciò che li circonda – la natura, gli oggetti, gli altri esseri umani – non suscita alcun interesse. Lo sguardo puntato sull’obiettivo da raggiungere non permette più di cogliere la gioia dei piccoli gesti quotidiani e di scoprire la bellezza che pulsa nelle nostre vite: in un tramonto, in un cielo stellato, nella tenerezza di un bacio, in un fiore che sboccia, in una farfalla che vola, nel sorriso di un bambino. Perché, spesso, la grandezza si percepisce meglio nelle cose più semplici».
Come non essere d’accordo con lui? Quante volte capita di far trascorrere intere giornate senza saperne cogliere la meraviglia, senza la consapevolezza di essere al mondo, qui e ora, rinunciando a osservare tutto ciò che ci circonda con occhi diversi, meno distratti?
«Se non si comprende l’utilità dell’inutile, l’inutilità dell’utile, non si comprende l’arte» sottolinea Nuccio Ordine, ricordando un’osservazione di Eugène Ionesco, il famoso drammaturgo e saggista francese.
Non si vive infatti di sola materia, non si vive per soddisfare solo i bisogni fondamentali, siamo umani e abbiamo tutti bisogno di nutrire la nostra anima, abbiamo bisogno più che mai di sognare, di immaginare, di creare, di desiderare, di emozionarci, di coltivare un certo tipo di «inutilità».
 
Nel saggio sono sviluppati diversi interessanti temi, a noi è piaciuto molto, nella prima parte, «L’utile inutilità della letteratura», il primo brano intitolato «Chi non ha non è».
Riporta un racconto autobiografico di Vincenzo Padula, un prete rivoluzionario vissuto in Calabria nell’Ottocento, ricordando la prima lezione di vita che lui, giovane studente, ricevette in famiglia. Il padre gli aveva chiesto come mai nell’alfabeto di ogni lingua la lettera «a» venisse sempre prima della «e», fornendogli poi una singolare spiegazione e cioè che in questo povero mondo «chi ha è e chi non ha non è» (pag 37: «In questo misero mondo chi “à” è, e chi non “à” non “è”, per questo la lettera “a” precede sempre la lettera “e” …»).
Più avanti Nuccio Ordine sottolinea quanto segue: «A distanza di quasi due secoli, l’immagine di una società dicotomica rigidamente distinta in padroni e servi, in ricchi sfruttatori e in poveri degradati a bestie, così come l’aveva descritta Padula, non corrisponde più, o quasi, al ritratto del mondo in cui viviamo. Resta però, in forme molto diverse e più sofisticate, una supremazia dell’avere sull’essere, una dittatura del profitto e del possesso che domina ogni ambito del sapere e ogni nostro comportamento quotidiano. L’apparire conta più dell’essere: ciò che si mostra – un’auto di lusso o un orologio di marca, un incarico prestigioso o un posto di potere – ha molto più valore della cultura o del grado d’istruzione».
 
Queste parole dell’autore invitano a una riflessione profonda, come del resto il brano successivo (il secondo, a pag. 38), nel quale viene evidenziato come negli ultimi decenni le discipline umanistiche vengano considerate inutili o poco utili, vengano snobbate e marginalizzate dai programmi scolastici, nelle voci dei bilanci statali.
Dell’utile e dell’inutile ne hanno disquisito per secoli grandi pensatori, pensiamo ai filosofi Aristotele, a Ovidio, a Montaigne (fu lui a scrivere «non c’è niente di inutile in natura, nemmeno la stessa inutilità»), Heidegger e moltissimi altri ancora, nonché scrittori, poeti come Giacomo Leopardi, riferito al quale a pag. 76 viene menzionato quanto segue: «Tra il 1831 e il 1832, Giacomo Leopardi progetta, assieme al suo caro amico Antonio Ranieri, un giornale settimanale (Lo Spettatore Fiorentino) che vuole essere inutile.
Nel Preambolo, infatti, l’autore dichiara: «Confessiamo schiettamente che il nostro Giornale non avrà nessuna utilità» (p.1.032). In un secolo interamente votato all’utile, diventa di fondamentale importanza richiamare l’attenzione sull’inutile…».
E lontani da qualsiasi pretesa noi potremmo infine aggiungere che proprio in un certo tipo di inutilità, spesso, sembra trovare un vero conforto l’animo irrequieto dell’uomo.
 
Daniela Larentis – [email protected]
 

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande