Dal mistero dei gruppi sanguigni alla cupidigia – Di Daniela Larentis
L’essere vivente vale più di mille ricchezze. A detta di molti ciò accade solo nelle favole…
>
L’unicità di ogni essere umano è confermata anche da un autorevole studio sui gruppi sanguigni effettuato da Peter J. D’Adamo, ricercatore e docente nel campo della medicina naturopatica, autore di numerosi libri che trattano di argomenti medico-scientifici, come quello intitolato «L’alimentazione su misura» edito dalla Sperling Paperback.
Nell’introduzione del sopracitato testo il dottor D’Adamo scrive (pag. 2): «I gruppi sanguigni sono fondamentali come la creazione stessa dell’uomo. Nella logica esemplare della natura, essi seguono un percorso ininterrotto che parte dalla comparsa dell’uomo sulla terra e arriva fino ai nostri giorni.
«Sono il marchio che i nostri progenitori hanno lasciato nell’inarrestabile cammino della storia. Ora abbiamo iniziato a comprendere come utilizzare il gruppo sanguigno alla stregua di un’impronta cellulare che racchiude in sé molti dei misteri legati alla nostra ricerca del benessere psicofisico.
«Questo lavoro rappresenta un’estensione delle recenti scoperte relative al DNA umano. Lo studio e la comprensione dell’importanza dei gruppi sanguigni fa compiere un passo avanti alla genetica stabilendo inequivocabilmente che ogni essere umano è assolutamente unico. Non ci sono diete e stili di vita giusti o sbagliati, ma solo scelte corrette o scorrette rispetto al codice genetico individuale…»
È un po’ il concetto del «quello che fa male a Tizio può far bene a Caio e viceversa», trasferibile anche nel campo dell’alimentazione, infatti, stando agli studi di P. J. D’Adamo, alcune malattie sembrerebbero essere associate a determinati gruppi sanguigni.
Per esempio: gli individui che appartengono al gruppo 0 sembrano essere più predisposti alle malattie infiammatorie, all’artrite, al cattivo funzionamento della tiroide, mentre le persone che appartengono al gruppo A pare siano più colpite da tumori e da disturbi cardiaci; chi appartiene invece al gruppo B mostrerebbe di avere una certa predisposizione al diabete e alle malattie autoimmuni, alla sclerosi, mentre chi appartiene al gruppo AB avrebbe problemi all’apparato digerente e sembrerebbe essere soggetto a malattie legate al sistema immunitario oltre ad avere una spiccata predisposizione per le infezioni. Facciamo un passo alla volta.
Che cosa è un gruppo sanguigno? È lo stesso autore che risponde a pag. 6, dicendo «Il gruppo sanguigno è una delle numerose variabili di un individuo, proprio come il colore degli occhi e quello dei capelli».
Molte di queste caratteristiche, come le impronte digitali o, più recentemente, la mappa del DNA, vengono ampiamente utilizzate non solo dai medici legali e dai criminologi, ma anche dai ricercatori che studiano le cause delle malattie e le loro diverse possibilità di cura…»
Stando alle informazioni contenute nel testo, il gruppo 0 è il più antico, quello dei nostri progenitori, abili cacciatori vissuti all’incirca 40.000 anni fa o giù di lì (l’uomo Cro-Magnon, un’antica varietà dell’homo sapiens, è comparso più o meno in quel periodo).
Chi appartiene a questo gruppo sanguigno sembra avere un sistema immunitario particolarmente reattivo e forte.
Il gruppo A ( definito nel libro «caucasico»), pare sia comparso nel Neolitico, quando l’uomo era ormai dedito all’agricoltura e all’allevamento degli animali. Il gruppo B (definito nel libro «mongolico») è relativamente più recente e risale a circa 10-15.000 anni fa, sviluppato inizialmente nelle zone che corrispondono all’attuale Pakistan e India e diffondendosi poi in tutta l’Asia.
Il gruppo AB è il più moderno ed è il risultato della mescolanza di quello A e B (pare sia comparso “solo” meno di mille anni fa).
Per quanto concerne la dieta adatta a ogni gruppo sanguigno, l’autore suggerisce quanto segue (e molto altro a dire il vero): molta carne per chi appartiene al gruppo 0 (che ha un sistema digestivo robusto), evitando o limitando però quella di maiale, i salumi e alcuni pochi altri alimenti.
Tante verdure e una dieta prevalentemente vegetariana a chi appartiene al gruppo A (che possiede un apparato digerente più sensibile), evitando fra il resto il consumo di gamberi e ostriche, vongole e calamari; un po’ di tutto in maniera bilanciata per chi appartiene al gruppo B («il risultato di un perfezionamento realizzato lungo il cammino dell’evoluzione, di uno sforzo volto ad avvicinare popoli e culture differenti» come viene definito il tipo B, a pag. 151), mentre per il gruppo AB, che pare appartenere alle persone più resistenti e attive, il discorso si complica, poiché dette persone pur avendo una certa difficoltà a digerire la carne sembra abbiano una predisposizione genetica a consumarla, insomma, in parole povere è meglio che non ne consumino troppa anche se venissero colte da una gran voglia di farlo.
Sembrerebbe, invece, che possano trarre un certo beneficio dal consumo di cavolfiore, melanzane e patate dolci.
Per quanto riguarda le patate, è interessante ricordare che la pianta erbacea il cui nome latino è «Solanum tuberosum» arrivò in Spagna dall’America meridionale e dal Messico sul finire del Cinquecento (pare verso il 1570 o giù di lì) e si diffuse presto in tutta Europa, anche se passò del tempo prima di diventare un alimento di tutto rispetto (la diffusione avvenne anche a seguito delle grandi carestie, si pensi alla guerra dei trent’anni per esempio).
Ricca di sali minerali, di carboidrati, fonte di vitamina C e di potassio, la patata è conosciuta davvero in ogni angolo del mondo o quasi.
Ne esistono di molte varietà: c’è quella a pasta bianca, quella a pasta gialla, c’è la patata rossa, la novella, quella nere (tende al viola) e quella americana, poi ci sono le patate novelle e le famose patate dalla forma allungata e dalla buccia sottile, tanto amate dalla cucina francese, di cui, ahimè, ora non ricordo il nome.
In Europa se ne consumano in gran quantità: fritte, dorate al forno, lesse o in mille altri modi, come sotto forma di crocchette, nel purè, o nelle zuppe e chi più ne ha più ne metta.
Il paese dove si consumano più patate dicono sia il Belgio, ma in tutta sincerità credo sia la Germania.
A proposito di Germania, c’è una nota fiaba tedesca che parla non di golosità, ma di un altro vizio, la cupidigia, per la precisione quella di un re al quale arrivò un bel giorno la notizia che la figlia di un mugnaio era in grado di trasformare la paglia in oro, semplicemente filandola.
In realtà la ragazza non possedeva affatto tale capacità, la voce si era diffusa grazie al padre che lo andava sbandierando ai quattro venti, così, tanto per vantarsi e per offrire al prossimo un motivo d’invidia.
Fu così che il re volle convocarla a corte, minacciandola di mandarla a morte qualora non fosse riuscita, entro la mattina successiva, a trasformare la paglia (contenuta in una stanza) in oro.
La poveretta si mise a piangere disperata e per fortuna dalla porta entrò uno strano omino, Strepitolino, il quale l’aiutò, ma volle ricavarne anche lui qualcosa, e in cambio ne ottenne una collana.
Il re non contento costrinse la ragazza a ripetere per varie volte il prodigio, arricchendosi notevolmente; l’omino aiutò la disgraziata, alla quale alla fine venne chiesto di filare la paglia un’ultima volta (a quel punto sarebbe divenuta regina), ma lei non aveva più nulla da offrire a Strepitolino per sdebitarsi dell’aiuto e l’omino così le estorse una promessa: lui l’avrebbe aiutata se lei gli avesse consegnato il suo primo figlio, una volta divenuta madre.
Dopo aver partorito, però, la ragazza incoronata regina non volle affatto onorare la promessa e tanto fece e supplicò l’omino, pregandolo di lasciarle suo figlio, che lui, spazientito, le disse che avrebbe acconsentito, a patto che entro tre giorni lei avesse indovinato il suo vero nome.
Come finì? Dopo vari tentativi la donna arrivata al terzo e ultimo giorno indovinò il misterioso nomignolo; c’è sa sottolineare il fatto che ciò successe grazie al suggerimento fortuito del suo servitore, il quale udì proprio Strepitolino recitare una cantilena nel bosco, recitando il proprio nome.
Quando si dice «fortuna»…
Morale della favola? Potremmo sintetizzarla in tre punti qui di seguito elencati (a proposito, chi la volesse leggere per intero la può trovare contenuta in uno splendido libro intitolato «Fiabe da tutto il mondo» narrate da Neil Philip, edizioni San Paolo).
Punto uno: i re non si accontentano delle loro già immense ricchezze, ma spesso vengono divorati dalla cupidigia, almeno questo è ciò che accade in alcune favole come questa, per quanto riguarda il mondo reale si sa che spesso la realtà supera la fantasia, e qui non si parla di re, ma di molte altre persone il cui sangue, diciamo, non è esattamente blu.
Punto due: un colpo di fortuna fa sempre comodo a tutti, anche se è meglio non contarci troppo.
Punto tre: considerata l’ultima richiesta di Strepitolino verrebbe da pensare che l’essere vivente abbia un valore maggiore di qualsiasi ricchezza. Almeno, questo è quello che insegnano le favole, nella realtà temo che sia tutta un’altra storia…
Daniela Larentis
[email protected]
Commenti (0 inviato)
Invia il tuo commento