Esiste davvero l’Inferno? – Di Daniela Larentis
«Nel libro di un noto teologo italiano, docente presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffale di Milano, si parla di due ipotesi ritenute possibili»
L’inferno, luogo di dannazione per le colpe commesse, viene magistralmente descritto da Dante Alighieri nella prima delle tre cantiche della Divina Commedia. Ma anche il poeta inglese John Milton lo descrisse nel suo poema epico «Paradiso perduto».
Egli narrò la caduta di Satana, l’Angelo caduto per il troppo orgoglio e per la sfrenata ambizione, il quale osò sfidare Dio Onnipotente muovendo guerra contro il Paradiso (insieme agli altri angeli ribelli fu gettato nell’Inferno, nel «Pandemonio»), la tentazione di Adamo ed Eva e la loro cacciata dal Giardino dell’Eden (due sono le vicende narrate, quella di Satana e quella di Adamo ed Eva).
Ma l’inferno esiste davvero e se esiste è eterno?
Il teologo italiano Vito Mancuso, docente presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, nel suo incredibile libro «L’anima e il suo destino» – Raffaello Cortina Editore – (con prefazione di Carlo Maria Martini, un libro che è oggetto di animate discussioni a causa delle posizioni non sempre allineate con le gerarchie ecclesiastiche) offre al lettore delle ipotesi molto interessanti che invitano a una meditazione profonda.
Mancuso, a pag. 262, nel capitolo intitolato «Eternità dell’Inferno = impossibilità logica», così scrive:
«Contro la dottrina dell’eternità dell’Inferno vi è anche una difficoltà logica. Essa consiste nel fatto che la posizione nell’eternità di qualcosa come l’Inferno, cioè l’esatto contrario dell’ordine, è semplicemente impossibile, è contraddittoria.
«Nella dimensione di eternità, che è ordine e perfetta armonia, l’Inferno, che è il massimo del disordine e della disarmonia, non può sussistere. Non può. Si tratta di una contraddizione assoluta, come il ritenere che le tenebre esistano nella luce o il freddo nel caldo.
«L’Inferno, se esiste, esiste necessariamente nel tempo, come una continuazione del tempo, e quindi, come il tempo, è necessariamente destinato a finire.»
Pensare a un inferno «non eterno» non è comunque particolarmente consolatorio, poiché anche un lungo periodo come «miliardi di anni» sarebbero sufficienti a chiunque per scongiurarlo.
Secondo il teologo, come l’Inferno anche il Diavolo, personificazione del disordine, non può esistere in eterno.
Non solo, ma non può essere certo una persona fisica, poiché l’individuo nella sua essenza è relazione ordinata, mentre l’idea di Diavolo esprime il disordine, l’entropia.
A pag 265 si legge poi: «Ne viene che come Dio, la cui natura è il bene, è in sé eminentemente personale ed esistente, per lo stesso motivo il Diavolo, la cui natura è la totale assenza di bene, è in sé eminentemente impersonale e quindi inesistente».
«Il Diavolo è il contrario del bene in quanto è il contrario dell’ordine. Ora, come insegna giustamente la metafisica classica, il male è privazione dell’essere, il non-bene equivale al non-essere.
«Allo stesso modo quindi, colui che è la personificazione del non-bene, non può che risultare come non-essere. Il Diavolo non esiste, non c’è…».
Proseguendo la lettura, ad un certo punto Mancuso spiega che il Diavolo, personificazione della «temporale “reale” possibilità di perdersi che è data al destino umano», pur non essendo eterno, potrebbe esistere tuttavia nel tempo.
Dopo una serie di ragionamenti conclude presentando due ipotesi (la prima delle quali ritenuta da lui più corretta).
O il Diavolo non esiste nel tempo oppure esso esiste, ma è destinato alla sua conversione finale.
Infatti, se il Diavolo dovesse rimanere tale «cioè separato, sarebbe lui a vincere, perché la separazione era esattamente quello che volle fare peccando contro la luce, lui che ne era il portatore, Luci-fero.
Da Lucifero portatore della luce, egli divenne Dia-volo perché volle dividere (diaballo) l’essere in due.
Se l’essere rimanesse diviso in due, sarebbe la sua vittoria».
Mancuso ritiene «teologicamente inconsistente e moralmente riprovevole» la dottrina dell’eterna dannazione.
Ma cosa succede secondo lui, una volta che un essere umano muore nel peccato contro lo Spirito santo?
Egli spiega al lettore due ipotesi, secondo lui «le uniche due posizioni sostenibili»e cioè l’apocatastasi e la dissoluzione definitiva del peccatore.
La prima «suppone l’esistenza dell’Inferno e del Diavolo in esso, solo che li pensa giustamente e logicamente nel tempo e quindi assegna loro, così come alla dannazione meritata dai malvagi, un termine.
A un certo punto essi dovranno essere reintegrati nell’essere e nella sua positività, perché si compia il progetto divino di essere tutto in tutti, la ricapitolazione di tutte le cose (pag. 267)…».
Dio alla fine salva tutti, vi sarebbe una sorta di salvezza universale. La seconda prospettiva «prevede per chi muore nel peccato contro lo Spirito la dissoluzione dell’anima, la morte definitiva e irreversibile».
«Questa visione sostiene che l’anima umana può morire, lo può nella misura in cui cade preda del disordine totale, il quale si esprime come devozione verso il male assoluto e odio verso il bene.
«L’anima che odia l’ordine ottiene il conseguente destino senza ordine, e quindi la disgregazione della sua preziosa energia personale. L’inferno è il simbolo vuoto di questo oscuro destino».
Quale delle due teorie risponda più al vero io proprio non lo so (talvolta, osservando certi orrori, verrebbe da pensare che l’inferno esista proprio in questa vita che noi tutti sperimentiamo).
Mancuso ci tiene a sottolineare che «la teoria della dissoluzione dell’anima, che esclude l’eternità dell’Inferno, non porta in alcun modo a negare la terribile serietà di ciò di cui l’Inferno è simbolo».
Egli a pag. 268 scrive che «proprio come l’esistenza della luce contiene la possibilità della sua assenza che sono le tenebre, così l’esistenza della perfezione dell’essere nell’eternità contiene la possibilità della sua assenza, cioè il nulla simboleggiato dall’Inferno».
«Se l’anima si rifiuta consapevolmente di compiere il medesimo lavoro del Principio Ordinatore, non vivrà, sarà dissoluta per sempre nei suoi elementi costitutivi per confluire nel flusso anonimo dell’essere naturale senza nome. Questa possibilità è terribilmente reale ed ciò che le religioni, ciascuna a modo suo, chiamano Inferno».
Pensare, una volta lasciato questo mondo così come lo conosciamo, di non esistere più, di divenire un’anonima energia riciclabile, rinunciando così alla propria personalità, suona spaventoso e gelido.
Anche figurarsi un Inferno in una dimensione spazio-temporale a noi ignota è una prospettiva terribile, anche se alla fine (certo, ma fra quanti miliardi di anni luce?) la punizione potrà cessare.
Pare che i malvagi verranno quindi puniti, non importa in quale delle due modalità descritte (le due posizioni ritenute da Mancuso sostenibili) o in un qualsiasi altro modo (come per esempio quello di farli sprofondare in un’assoluta e totalmente angosciante solitudine eterna, quello sì che sarebbe un vero inferno!).
Quello che conta è pensare che vi sia in questa vita come in quell’altra dimensione una giustizia o poterlo, nel dubbio, almeno sperare…
Daniela Larentis
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