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C’è illusione e illusione – Di Daniela Larentis

«Vi sono quelle ottiche, quelle percettive, quelle cognitive e quelle amorose»

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Friedrich Dürrenmatt, nato nel 1921, scrittore e drammaturgo svizzero («La promessa», «Lo scrittore nel tempo», «La Valle del Caos» e «La visita della vecchia signora» fra i suoi romanzi più noti) scrisse nel 1952 «Il giudice e il suo boia», un arguto romanzo il cui protagonista, il vecchio ispettore Bärlach (aiutato dal giovane agente Tschanz), si trova a indagare sull’omicidio del tenente di Polizia di Berna, Schmied (il giallo in realtà è solo un espediente per poter trasmettere alcuni suoi pensieri. Per esempio, Dürrenmatt è convinto del fatto che occorra una conoscenza profonda per poter giudicare qualcuno).
Ammalato e stanco, l’ispettore tesse quindi con astuzia una raffinata ragnatela, fino all’epilogo finale.
«Il gioco crudele del gatto con il topo, che è il tema peculiare di questa vicenda, allude a una tragicommedia esistenziale più vasta, a quel rapporto di inscindibilità fra vittima e carnefice…» (Friedrich Dürrenmatt – Il giudice e il suo boia – Ed. Feltrinelli).
 
Insinuando il dubbio che la realtà spesso non è ciò che appare, il libro solleva vari interrogativi, fra cui le domande: «Quando l’uomo è uno strumento in mano d’altri?» e «La realtà è quello che appare?».
 
Quesiti inquietanti, che affiorano durante la lettura e che al di là del racconto aprono scenari ipotetici di grande effetto (per esempio si potrebbe fantasticare sull’ipotesi che dietro a uomini apparentemente influenti vi sia la regia di persone-ombra che abbiano un’effettiva capacità decisionale).
Vagamente sorge il dubbio che il mondo sia quindi un grande inganno, poiché nulla è come appare. In natura, ciò che noi definiamo reale è esattamente ciò che i nostri sensi percepiscono.
Aveva ragione il filosofo Nietzsche affermando che i sensi non mentono?
O aveva ragione Schopenhauer nel sostenere che il mondo non è altro che pura illusione, una rappresentazione personale, in quanto non esiste se non nella mente dell’individuo?
Illusione? Inganno dei sensi? E chi lo sa…
 
Salvador Dalì, il celeberrimo pittore spagnolo del Novecento, fu molto interessato alle illusioni ottiche, tanto da dipingere numerose opere creando effetti di grande suggestione (si veda come esempio l’immagine sotto il titolo).
Nel libro di Andrea Frova intitolato «La fisica sotto il naso» (Saggi BUR) all’inganno dei sensi è dedicato un intero capitolo (pag. 153 – La camera distorta, ovvero l’inganno dei sensi in cui viene descritta l’illusione ottica della cosiddetta «Camera di Ames», al fine di illustrare quanto possa essere ingannevole la nostra percezione in ambientazioni particolari).
Il mondo è popolato da moltissime persone che credono nelle apparenze.
Nel capitolo III.8 è riportata una citazione di Foucault, il quale affermò che «la specie umana adora l’inverosimile».
 
Molte persone infatti credono all’impossibile, attribuendo alle apparenze un significato reale.
Basti pensare alla strada che nel paese di Montagnaga (la S.P. dell’Altopiano di Piné, in provincia di Trento) sembra assoggettata a una forza di gravità alla rovescia (se si pone una palla o dell’acqua al centro di quella che sembra essere una salita, questa pare scivolare non verso il basso, come ci si aspetterebbe, ma dà l’impressione di arrampicarsi in senso inverso, verso l’alto, con grande stupore di chi osserva).
La spiegazione di questo fenomeno è in realtà molto più semplice di quanto si possa immaginare ed è dovuto al particolare quadro ambientale capace di ingannare la nostra percezione visiva (è il famoso effetto del «falsopiano»).
 
Montagnaga è solo uno degli esempi in cui il fenomeno si manifesta (una strada come quella vi è pure in Lazio, a trenta chilometri da Roma, e in moltissimi altri luoghi in Italia e nel mondo, esempio in California).
Non dimentichiamo che quello che noi percepiamo è l’aspetto elettromagnetico della realtà e che le illusioni non sono tutte uguali.
Vi sono quelle ottiche, quelle percettive e quelle cognitive.
 
A quest’ultima categoria appartengono le illusioni geometriche, dovute all’interpretazione delle immagini elaborate dal cervello (viene percepita la geometria di un’immagine in modo anomalo, per esempio due oggetti della stessa dimensione vengono percepiti di dimensioni differenti). Il miraggio, invece, è un’illusione ottica naturale e si verifica di solito quando i raggi solari si imbattono in uno strato d’aria più calda rispetto agli strati sovrastanti dove l’aria ha una densità maggiore, essendo più fredda.
I raggi luminosi subiscono un incurvamento, di conseguenza a un oggetto distante appare associata una sua immagine speculare (miraggio inferiore o superiore).
Dimenticavo di menzionare, dopo le cognitive, quelle amorose (sono quelle che generalmente traggono maggiormente in inganno, non solo l’occhio, ma anche il cuore) e meriterebbero un approfondimento in un articolo a parte che forse un giorno scriverò, chissà…
 
Daniela Larentis
 
Nelle immagini, Salvador Dalì.
 

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