Matteo Boato, «Cielo di Tetti» – Di Daniela Larentis

La mostra dell’artista trentino è in corso presso la Sala Civica G. Craffonara di Riva del Garda, visitabile fino al 27 ottobre 2024 – L’intervista

Matteo Boato.
 
A Riva del Garda è attualmente in corso la mostra personale di Matteo Boato intitolata «Cielo di Tetti», visitabile fino al 27 ottobre 2024 presso la Sala Civica G. Craffonara.
Inaugurata lo scorso 18 ottobre, con presentazione critica di Nicoletta Tamanini, è aperta tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30 (ingresso libero).
Dopo aver esplorato i temi dell’acqua e delle barche, il noto artista trentino, apprezzato sia a livello nazionale che internazionale, si dedica ora ai cieli urbani, presentando una serie di opere su tela che risalgono a un progetto avviato 23 anni fa, poi ripreso e ampliato di recente.
Si tratta di lavori ad olio di grandi dimensioni, realizzati con una tavolozza ampia, come lo stesso Boato ci aveva anticipato in una precedente intervista.
La mostra è suddivisa in tre sezioni, comprendendo opere che trattano altre tematiche oltre a quelle dell’ultimo ciclo.
Alcune brevi note biografiche.
 
Matteo Boato si laurea nel 1992 in chitarra classica e nel 1997 in ingegneria civile. Nel 1998 consegue il «diploma di architettura bioecologica» (Torino). Nel 2001 sceglie la via della pittura come unica professione.
Opera sia a livello nazionale che internazionale (in Europa, in Russia, Giappone, Cina, USA, Brasile, Azerbaijan).
Ha al suo attivo diverse attività didattiche (MART, 2010 e 2011; varie università in Russia, 2014 e 2015), scenografie (Tour «Tutti Qui» di Claudio Baglioni, 2006), performance musicali e pittoriche (Galleria Civica di Trento, 2011; MUSE, 2013; Roncegno, 2015), la partecipazione alla Biennale di Venezia 2011.
Illustra diversi libri. I suoi lavori vengono inseriti nella scenografia del film «La felicità è un sistema complesso» (2015, reg. Zanasi), nelle serie TV «Tutto può succedere» (2016 – 2017 - 2018, RAI 1), «Nero a Metà 2» (2019, 2021 RAI 1) e «Suburra la serie» terza serie, (Netflix, 2020).
Vincitore di diversi concorsi internazionali per la realizzazione di opere d’arte pubbliche.
Abbiamo avuto occasione di porgergli alcune domande.
 

Inaugurazione.
 
Quando è iniziato il ciclo «Cielo di Tetti»?
«Il ciclo è iniziato nel 2001, a seguito di alcune incursioni nel sud della Toscana, in particolare nei centri storici di Pitigliano, Sorano e Sovana, che offrono paesaggi rurali caratterizzati da case arroccate, inerpicate le une sulle altre, scavate nel tufo e aggrappate alla roccia e al tempo, come fossero tessere di un fragile e raffinato mosaico.
«L'idea, il seme lanciato nel 2001, è stato ripreso e sviluppato in modo più deciso e corposo nel 2023-2024.
«La serie si è arricchita di composizioni tendenti all'astratto e di cromie più vivaci rispetto alla mia produzione pittorica dell'ultimo ventennio, abbracciando una tavolozza più ampia.
«Gli edifici sono stati rappresentati come se formassero una corale a più file: ogni colore è una voce, ogni finestra un occhio che osserva a sua volta il mondo.
«La composizione ha incorporato anche elementi architettonici alpini, come gli antichi balconi in legno che occupano intere pareti, dal terra al cielo, usati un tempo per asciugare le pannocchie e che ancora oggi impreziosiscono alcune case di montagna.
«In questo modo, Toscana e Trentino si sono incontrati e intrecciati nei miei lavori.
«La resa pittorica, marcatamente materica, offre una visione frontale del nucleo urbano, ma suggerisce anche un punto di vista dall'alto, una prospettiva che, insieme alla matericità stessa, è diventata un fil rouge costante del mio percorso artistico, dagli esordi fino a oggi.»
 
In cosa differiscono i lavori del 2001 rispetto a quelli del 2023/2024?
«La differenza principale è l’evoluzione verso l’astratto. Le cromie sono molto più varie e spinte rispetto a quelle iniziali, con l’introduzione di colori che non avevo mai usato prima, come il viola, il rosa e diverse tonalità di verde e blu.
«L’equilibrio dei colori è un’arte a sé, in questo processo mi sono divertito molto; usare colori nuovi, tonalità nuove è come usare timbri musicali nuovi, è come mettere insieme nuovi strumenti musicali in un’orchestra.»
 

Matteo Boato, CIelo di Tetti, olio su tela, 100x100 cm, 2023.
 
Che tipo di case sono rappresentate nei suoi quadri?
«Sono case che raccontano le vite di chi vi ha vissuto, i colori sono le emozioni, i sentimenti, le relazioni intense. I colori però sono anche musica, in me infatti risuonano come precise note chitarristiche che echeggiano sinesteticamente, intessendo un parallelo quadro musicale.
«La materia ribolle, corposa e copiosa, smossa dal pennello e dalle dita, solcata dal segno, incisa dalle unghie, come fosse pelle umana segnata e valorizzata dal sole e dal tempo. Lavoro a due mani e in modo anomalo rispetto alla tecnica tradizionale della pittura ad olio, per questo vado incontro a soluzioni stratificate, tridimensionali con ombre profonde e luci altrettanto estreme.
«Vado anche incontro ad asciugature di un anno, tempi quasi improponibili in questo correre dell’era attuale.
«Guardandole penso a volte che queste case siano leggibili anche come anime che comunicano, che ascendono, che fluttuano; a volte mi ricordano danzatrici colte nel loro momento creativo.»
 
La visione aerea dei tetti è uno dei tratti distintivi del suo stile…
«Osservare dall’alto permette un certo distacco, una curiosità maggiore.
«Questa prospettiva offre la libertà di raccontare la realtà attraverso l’immaginazione.
«I tetti, che di solito non vediamo, diventano la parte nascosta da svelare. La visione dall’alto consente di esplorare ciò che è solitamente invisibile.»
 
Quante sono le opere in mostra?
Sono 40 di grandi dimensioni; all’entrata c’è un’opera di 3 metri per due, è una composizione a mosaico con tele accostate, si percepisce come un unico quadro.
 
Come è strutturato il percorso espositivo?
«La mostra è distribuita in tre spazi: un ampio atrio, che accoglie le opere dell’ultimo ciclo, e due sale laterali.
«Nella sala di sinistra le opere evocano una città, con archi che ti accolgono, mentre nella sala di destra si esplora il tema dell’acqua.
«Qui sono esposti lavori del ciclo Barche, inclusi alcuni dipinti su Riva del Garda, nuovi lavori su Trento, Lungadige, e una tela dedicata al Lago di Garda.
«Riva è un luogo dove aria (il vento), montagna e acqua si incontrano, un connubio interessante.»
 
Progetti futuri?
«Ho appena concluso due mostre: una a Bologna, un’altra in una galleria a Firenze con Luigi Tamanini (nel 2020 avevamo esposto insieme a una mostra a Palazzo Trentini).
«Ci sono in programma diverse iniziative, nuovi progetti in agenda, vedremo… mi piacerebbe molto tornare a esporre all’estero.»

Daniela Larentis – [email protected]