«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis

Giovedì 22 febbraio, il prof. Pierandrea Gottardi parlerà a Mezzolombardo del volto trentino di Cristoforo martire – L’intervista

Pierandrea Gottardi.
 
Continua il ciclo di incontri organizzato dall’Associazione Castelli del Trentino, curato dal presidente dell’Associazione Andrea Sommavilla, responsabile del Servizio biblioteca e attività culturali del comune di Borgo Valsugana. Il prossimo incontro si terrà giovedì 22 febbraio 2024 a Mezzolombardo, in Sala Spaur, Piazza Erbe, alle ore 20.30.
Pierandrea Gottardi, dottore di ricerca in Filologia Germanica all'Università di Trento, sarà il protagonista della serata intitolata «Sotto il ponte di San Cristoforo alla Rocchetta - l volto trentino di Cristoforo martire».

Da oltre trent’anni l’Associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
Le iniziative proposte godono del patrocinio della PAT e della Regione, sono inoltre riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
Prosegue la collaborazione con l’Accademia roveretana degli Agiati e con la Società di Studi trentini di Scienze storiche.
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
 

L’affresco di San Cristoforo, Chiesa di San Giorgio a Pejo.
 
Pierandrea Gottardi ha conseguito una laurea triennale in Studi Storici e Filologico-Letterari presso l'Università di Trento nel 2015, seguita da una laurea magistrale in Filologia e Critica Letteraria nel 2018.
Durante il suo percorso, ha arricchito la sua formazione con esperienze internazionali, incluse una visita alla Cambridge University nel 2017 e periodi di studio presso l'Anglo-Norman Dictionary nel Regno Unito.
Ha successivamente completato il dottorato di ricerca in Filologia Germanica presso l'Università di Trento, presentando una tesi intitolata «Wordes bolde».
Evoluzione stilistica dal Roman de Horn a King Horn a Horn Childe. Nel corso degli anni, ha partecipato attivamente a percorsi formativi e iniziative internazionali, testimonianza del suo impegno continuo nel campo accademico.
 
Ha ricoperto incarichi come tutor e responsabile di laboratori di Filologia germanica presso l'Università di Trento, oltre a essere docente di italiano, storia e geografia presso il Liceo Antonio Rosmini a Rovereto.
Ha successivamente lavorato come assegnista di ricerca post-dottorato presso l'Università di Trento, focalizzandosi sull'analisi stilistica della leggenda di San Cristoforo.
Attualmente, è docente a contratto all'Università Ca' Foscari Venezia, dove insegna corsi sulla Filologia germanica e sulla storia e principi della critica del testo.
A breve inizierà un contratto di docenza presso l’Università di Parma per l’insegnamento di Filologia germanica.
Abbiamo avuto occasione di porgergli alcune domande.
 

 
Nell’incontro di giovedì 22 febbraio su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione?
«Cercherò di mettere a fuoco anzitutto la molteplicità delle tracce che ci segnalano la presenza di san Cristoforo nel panorama culturale trentino e altoatesino; in secondo luogo, vorrei dare alcune notizie circa la storia agiografico-devozionale del santo, tutt’altro che lineare. Infine, mi concentrerò sulla presentazione più articolata di un manipolo di testimonianze artistiche, letterarie e architettoniche che si trovano sul territorio.»
 
Ci fornirebbe qualche dettaglio in merito alle tracce della devozione a san Cristoforo nel Trentino Alto-Adige?
«Anzitutto, sono numerose e diversificate: si va dalla pittura, con affreschi sparsi in diverse valli, alla toponomastica, che sia il ponte di san Cristoforo alla Rocchetta o l’omonimo paese sul lago di Caldonazzo (e quest’ultimo ancora nelle carte asburgiche appare segnalato come lago di san Cristoforo).
«Ci sono poi gli antroponimi, con le Cristoforetti che oggi raggiungono anche lo spazio, e infine certamente le tracce letterarie, come il frammento della vita di Cristoforo in tedesco medio recentemente ritrovato nell’archivio parrocchiale di Pieve di Marebbe in Val Pusteria.
«È una varietà che è indizio di una presenza non indifferente, direi anzi radicata: un patrono dei viaggiatori che riconferma la nostra regione come frontiera geografica, un luogo di scambio e di incontro.»
 
Potrebbe condividere il suo approccio nello studio delle versioni poetiche in inglese e tedesco medio della vita di san Cristoforo per comprendere le tracce nel corso del tempo?
«Il mio lavoro accademico si è concentrato recentemente sul confronto tra le modalità espressive con cui gli agiografi di lingua inglese e tedesca nel medioevo hanno deciso di mettere in versi la vita di questo santo.
«La forma segue sempre una funzione, scriveva Louis Sullivan parlando dei grattacieli, e lo stesso vale nell’arte e nella letteratura: guardare allo stile, al modo in cui un testo ci propone i suoi contenuti è un ottimo punto di vista per cogliere posizionamenti culturali, intenzioni comunicative, parentele letterarie, nonché per capire meglio il messaggio stesso del racconto.
«Fare la storia dello stile agiografico per le vite di san Cristoforo, in questo senso, diventa anche scoprire un piccolo pezzo di storia culturale e letteraria del medioevo europeo.»
 
Come si sviluppa la storia letterario-devozionale di san Cristoforo e quali sono i caratteri fondamentali che hanno portato alla diffusione del suo culto e, successivamente, al suo declino dopo il Concilio Vaticano II?
«È stato un cammino decisamente tortuoso! Ripercorrerlo ora per intero è difficile, rimando solo ad alcuni snodi essenziali. In primo luogo, le attestazioni più antiche del santo sono abbastanza remote (si parla del sec. V), ma la storia che noi conosciamo della conversione e del martirio di Cristoforo è quasi unicamente letteraria e di elementi dal valore documentario non è rimasto praticamente alcunché. In secondo luogo, la letterarizzazione del santo iniziò molto presto, con la versione cinocefala (ossia con testa di cane) di Cristoforo che circolò soprattutto in area bizantina e da cui si distaccò una tradizione occidentale in cui il santo ha tutte le parti del corpo umane ma diviene gigantesco.
«Su questo nucleo occidentale si installarono nel tempo una serie di luoghi comuni agiografici ed episodi meravigliosi, come il traghettamento di Gesù bambino attraverso il fiume, che sicuramente fecero presa sul pubblico medievale, così che la devozione si allargò al punto da includere san Cristoforo nel novero dei santi ausiliatori.
«La Chiesa istituzionale, d’altro canto, fu sempre giustamente cauta nel sostenere il suo culto: una cautela che, con le revisioni storiche novecentesche, si tradusse nel riconoscimento dell’astoricità di Cristoforo e nella sua esclusione dal santorale dopo il Concilio Vaticano II.»
 
Potrebbe condividere il suo punto di vista su come l'esplorazione della storia letterario-devozionale di san Cristoforo possa offrire una chiave di lettura più profonda delle rimanenze culturali nel panorama quotidiano del Trentino Alto-Adige?
«Sicuramente perché fa parte della nostra storia e del nostro orizzonte di tutti i giorni: perché intitolare un ponte a san Cristoforo? Cosa c’entra il santo con un lago?
«Non è una banalità dire che la consapevolezza di noi stessi, di ciò che è nostro, si traduce sempre, se usata con cuore buono, in un’intelligenza più viva e in una presa più salda sulle sfide che la vita ci pone.
«Il Trentino Alto-Adige è un mosaico di popoli, culture, lingue, avvenimenti e Cristoforo potrà essere un piccolo tassello di questo splendido mosaico, ma è comunque un tassello che ci appartiene.
«E poi, come si è detto, le tracce di questo santo nella regione sono davvero tante e ricche di spunti di riflessione notevoli. Insomma: è una parte della nostra cultura passata (e in parte anche presente) che ci parla ancora.
«Anche perché le idee di ieri non sono le idee di oggi, ma gli esseri umani rimangono sempre esseri umani. Ciò che ha mosso gli animi di un tempo ha qualcosa da dire anche a noi.»
 
Progetti futuri?
«A breve inizierò un contratto di docenza presso l’Università di Parma per l’insegnamento di Filologia germanica e questo è senza dubbio il primo pensiero.
«Oltre a ciò, intendo continuare le mie ricerche sulle vite in versi di Cristoforo in inglese e tedesco medio, trasformando quanto prima i risultati delle indagini in un libro.
«Ad ogni modo, a parte Cristoforo, il medioevo germanico rimane un mondo sterminato e ricco di zone affascinanti e inesplorate. Vedremo cosa succederà!»

Daniela Larentis – [email protected]