«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis

A Mezzolombardo, giovedì 30 novembre il prof. Walter Landi parlerà di figure naturali nell’araldica trentino-tirolese in epoca medievale e moderna – L’intervista

Walter Landi.

Prosegue il ciclo di incontri 2023-2024 organizzato dall’Associazione Castelli del Trentino, curato dal presidente dell’Associazione, l’archeologo Andrea Sommavilla, responsabile del Servizio biblioteca e attività culturali del comune di Borgo Valsugana. Il prossimo incontro si terrà giovedì 30 novembre 2023 a Mezzolombardo (Tn), in Sala Spaur, Piazza Erbe, alle ore 20.30. Protagonista della serata sarà il prof. Walter Landi, il quale parlerà di figure naturali nell’araldica d’area trentino-tirolese in epoca medievale e moderna.
Da oltre trent’anni l’Associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa. Le iniziative proposte godono del patrocinio della PAT e della Regione, sono inoltre riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase. Continua la collaborazione con l’Accademia roveretana degli Agiati e con la Società di Studi trentini di Scienze storiche.
 
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista
Walter Landi nasce a Bolzano nel 1976 e compie i propri studi a Freiburg i.Br. e a Trento, dove nel 2002 si laurea in Lettere moderne con una tesi in Storia medievale.
Nel 2006 consegue il Dottorato di ricerca in Studi storici e nel 2021 l’Abilitazione scientifica nazionale a Professore associato di Storia medievale.
Per diversi anni ricercatore postdoc e assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni culturali dell’Università degli Studi di Trento, dal 2014 al 2020 è stato archivista presso l’Archivio provinciale di Bolzano e dal 2020 al 2023 professore a contratto di Storia medievale presso la Leopold-Franzens-Universität di Innsbruck e collaboratore scientifico del Castello del Buonconsiglio/Monumenti e collezioni provinciali di Trento, così come collaboratore di ricerca presso il Dipartimento Culture e Civiltà dell’Università degli Studi di Verona e il Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Trento.

Attualmente è docente presso la Scuola di Archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Bolzano, dove dal 2016 insegna Diplomatica, sfragistica e araldica, professore a contratto di Discipline ausiliarie della Storia presso la Leopold-Franzens-Universität di Innsbruck, ispettore amministrativo per il settore storico-archivistico della Soprintendenza ai Beni culturali della Provincia autonoma di Bolzano e come tale nuovamente impiegato presso l’Archivio provinciale.
Presidente del Museumsverein Bozen; vicepresidente del Südtiroler Burgeninstitut; membro dei consigli direttivi della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e dell’Istituto Italiano dei Castelli, sezione Trentino-Alto Adige; socio ordinario dell’Accademia Roveretana degli Agiati di Scienze, Lettere ed Arti, della Società Italiana per la Storia medievale e del Gruppo di ricerca per la storia regionale Storia e Regione/Geschichte und Region.
 
Abbiamo avuto occasione di porgergli alcune domande.
 

Stemma dei Vintler von Platsch, tratto dallo stemmario Scheibler, fine XV secolo, Monaco di Baviera, Bayerische Staatsbibliothek, Cod.icon. 312 c.
 
Su quali aspetti verrà focalizzata maggiormente l’attenzione nell’incontro di giovedì 30 novembre?
«L’attenzione proverà a concentrarsi soprattutto sugli stemmi d’area trentina, senza tuttavia poter evitare un loro inquadramento entro il fenomeno araldico d’area tirolese, cui essi appartengono non solo per l’identità dei soggetti in campo, ma anche per il quadro istituzionale entro cui l’araldica trentina si sviluppa, da cui una stretta comunanza di regole e di canoni espressivi e compositivi, che la differenziano in modo chiaro da quella contermine d’area veneta e lombarda.»
 
Prof. Landi, una curiosità: dove affonda le radici il suo interesse per l’araldica e in particolare per l’araldica locale?
«Se devo essere sincero, credo che il tutto sia cominciato alle medie. A quegli anni, perlomeno, risale una strenna che riuscii a farmi regalare: l’Araldica Tridentina di Gian Maria Rauzi, del 1987. Parallelamente all’interesse per i castelli della nostra regione, in quegli anni cominciavo a interessarmi della storia delle famiglie che li abitavano, e dalla genealogia all’araldica il passo fu breve.
«Al ginnasio, poco dopo, feci una cosa proibitissima oggigiorno: in biblioteca mi fotocopiai il volume Des Tirolischen Adlers immergrünendes Ehrenkränzl di Franz Adam von Brandis, un’opera del 1678 che per le sue tavole costituiva un repertorio araldico importantissimo, in ogni caso uno dei pochi a suo tempo disponibili.
«Fotocopiare un volume seicentesco oggi sarebbe inimmaginabile e invero non era cosa del tutto ortodossa neppure allora, ma al tempo non esistevano tutti i mezzi di cui oggi disponiamo per duplicare un volume e le immagini, per chi si occupa di araldica, sono fondamentali. L’era del digitale, che ha facilitato di molto la ricerca, non si sapeva neppure che fosse.»
 
A proposito di araldica locale, sono stati condotti studi esaustivi sull’argomento o vi sono ancora margini di ricerca?
«Di araldica trentino-tirolese esistono repertori importanti, come quelli del summenzionato Brandis, quello ottocentesco di Otto Titan von Hefner, uscito a metà Ottocento nel Siebmacher's großes und allgemeines Wappenbuch, lo stemmario e il repertorio a stampa di Hugo von Goldegg, il celeberrimo Wappenschlüssel für Tirol, Vorarlberg und Nachbargebiete di Konrad Fischnaler, il repertorio del già citato Rauzi, quello di Gianmaria Tabarelli de Fatis e Luciano Borrelli, quello di Franz-Heinz von Hye del 2010 e non da ultimo il monumentale Genealogisch-heraldisches Adelslexikon von Tirol und Vorarlberg di Joseph Sebastian Kögl, edito nel 2015.
«Al netto di questi importantissimi lavori, cui se ne affiancano altri di carattere più locale, spesso dedicati agli stemmi presenti entro i confini di singoli territori comunali, il margine di ricerca esiste ancora, eccome, e l’interesse crescente per la disciplina sprona a intraprendere studi sempre più approfonditi.»
 
Per quanto riguarda lo studio delle fonti, la documentazione presa in esame riguarda più gli archivi locali o è maggiormente di provenienza estera?
«Le fonti araldiche sono di diversa natura e provenienza. I sigilli araldici, che in assoluto costituiscono le fonti araldiche più antiche e numerose, si conservano in archivio, ma anche in collezioni sfragistiche di singoli musei e soggetti privati.
«Sempre in archivio troviamo anche stemmari e diplomi di concessione araldica, come l’importante serie in possesso dell’Archivio provinciale di Bolzano.
«Assieme a questa serie di fonti archivistiche, sparse soprattutto fra archivi, musei e biblioteche di Trento, Bolzano, Innsbruck e Vienna, si aggiungono fonti monumentali.
«A queste appartengono lapidi, soprattutto funerarie, affreschi, dipinti su tela, tavole e altari lignei, soffitti a stucco o a cassettoni, mobili, suppellettili, armi e armature: insomma, non c’è ambito della cultura materiale che nel passato non presenti una qualche traccia araldica, e proprio per questo – in merito al fenomeno araldico trentino-tirolese – le fonti si trovano un po’ dappertutto, anche al di fuori della regione in esame, poiché assieme alla mobilità degli armigeri (cioè dei soggetti titolari di stemmi) si assiste a una mobilità delle armi.
«Per questo stemmi trentini si possono trovare anche in Boemia, a Vienna, a Salisburgo, in Ungheria, ma anche a Milano, in Friuli, in Piemonte, a testimonianza degli interessi, dei legami parentali e degli uffici ricoperti dai singoli lignaggi.»
 
Fra le figure naturali nell’araldica d’area trentino-tirolese in epoca medievale e moderna, qual è l’elemento più rappresentato in Trentino e perché?
«Il mondo delle figure naturali è sconfinato. Anche in area trentino-tirolese si ritrovano miriadi di aquile, di leoni, di lupi, di orsi, di stambecchi, di cervi, ma anche di alberi, di caverne, di monti, di astri. Le ragioni della loro scelta non sono sempre decifrabili: a volte sono concessioni, altre volte stemmi parlanti, altre volte scelte mirate.»
 
Lei fra l’altro ha curato una mostra dedicata a una parte della ricca collezione d’arte della famiglia Wolkenstein-Trostburg, allestita al Castello del Buonconsiglio dal 17 dicembre 2021 al 15 maggio 2022, ed è autore della preziosa pubblicazione che ha accompagnato l’evento. Fra i mobili, spicca un interessante stipo risalente al 1609 circa. Potrebbe parlarcene brevemente?
«Il mobile è parte di una collezione acquisita dal museo diversi anni fa e che comprende una pregevole quadreria, con opere tra Sei e Ottocento, arredi e suppellettili.
«Realizzato nel 1609 per volontà del conte Engelhard Dietrich von Wolkenstein, l’armadio è articolato in una serie di scomparti e cassetti decorati da stemmi appartenenti a casate legate alla famiglia del committente.
«Lo stipo, che nel 1644 si trovava nella Sala dei Cavalieri di Castel Trostburg, contiene in particolare 61 cassetti. Su 59 di essi sono distribuiti 345 stemmi illustranti la genealogia dei Wolkenstein.
«La struttura è di Hans Rumpfer, autore anche del soffitto a cassettoni della sopraccitata Sala; Josef Prey, che nella Sala realizzò anche la decorazione a stucco, è l’artefice della sua decorazione araldica.»
 
A cosa sta lavorando/progetti editoriali futuri?
«Mi sto muovendo in più direzioni, ma preferirei mantenere un certo riserbo sui lavori di cui sto scrivendo, anche per garantire un attimo di sorpresa quando usciranno.»

Daniela Larentis – [email protected]