Paolo Dalponte, «Wunderkammer» – Di Daniela Larentis

A Trento, inaugurata allo Spazio Foyer la mostra dell’artista trentino visitabile dal 9 al 23 novembre 2023 – L’intervista

Paolo Dalponte e Elisabetta Doniselli.
 
Ha preso il via a Trento, presso lo spazio Foyer di via Galilei, la personale di Paolo Dalponte dal titolo «Wunderkammer», a cura della critica d'arte Elisabetta Doniselli.
Inaugurata il 9 novembre, resterà aperta al pubblico fino al 23 novembre 2023 nei seguenti orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.
In mostra una serie di lavori a matita, opere irriverenti che si prestano a più letture.
Del resto l’ironia è il marchio di fabbrica a di questo apprezzato artista che sa reinterpretare gli oggetti di uso comune in chiave ironica, un invito a non omologarsi e a coltivare lo spirito critico.
La sua prima esposizione risale al 1989, allestita presso lo Studio d’Arte Andromeda di Trento.
Sono più di 60 le mostre al suo attivo, in Italia e all’estero (fra quelle oltre confine citiamo a titolo esemplificativo la mostra allestita in Bulgaria, a Gabrovo, città nota per essere la capitale internazionale dell'umorismo e della satira).
Attualmente, è in corso a Canale di Tenno Storie italiane, inaugurata la scorsa settimana in occasione della presentazione del Centro di Sviluppo Locale Aldo Gorfer.
 
Sottolinea Elisabetta Doniselli, in un passo del suo intervento critico:
«Lasciare scorrere la fantasia, essere vigili sul senso del creare in ambito artistico, non porsi limiti nel gioco degli abbinamenti, può essere una dimensione non comune del pensiero umano, in genere soffocata dai ritmi socio-culturali attuali; può spiegarsi quale esercizio della mente, da coltivare attraverso attitudini d'osservazione, di riflessione sulla realtà iconica del presente, di recupero dell'immenso panorama della storia dell'arte, soprattutto del meccanismo che ha prodotto l'arte surrealista nel primo Novecento.
«Quello che contraddistingue i lavori di Paolo Dalponte, però, non è il ricorrere all'elemento fantastico o a atmosfere metafisiche; la sua invenzione fruga nel presente, a volte utilizza frammenti del passato, ma sempre in modo ingordo, con incontenibile capacità di abbinare cose, oggetti, anche animali, che dalla matita escono freschi ed ignari, seppur nella loro complessità, nella loro potenzialità assurda.
«In origine ogni singolo frammento possiede una propria storia, una collocazione logica sugli scaffali del nostro cosmo noto, un'identità che, però, è solo uno spunto per Dalponte, un guizzo onirico per avviare una nuova dimensione del manufatto in tutto diversa dalla realtà.»
 

Paolo Dalponte, Il giardino di Aladino.
 
Ed è sempre lei a spiegare, a proposito della mostra di via Galilei:
«La Wunderkammer nella sua accezione storica, era stato un contenitore di meraviglie, nato dalla volontà di collezionare ed al tempo stesso conservare pazientemente tutto ciò che le scoperte geografiche del XVI-XVII sec. facevano confluire in Europa, presso una nobiltà curiosa e aperta a nuove conoscenze.
«A dire il vero erano il frutto di rapine, di saccheggi, di mani non sempre consapevoli di ciò che rubavano. L’interesse per la rarità, per ciò che è strano e per il meraviglioso, trova in tal senso l'esempio più significativo nella Wunderkammer praghese, di Rodolfo II d’Asburgo (1552-1612) che tesaurizza un cosmo di meraviglie non indifferente al prestigio di tale raccolta.
«Non a caso Praga per Dalponte è una città-gioiello, per il suo fascino complessivo, per la sua storia, la sua gente. E come lo strano sotto forma di esotico, di insolito nelle naturalia così come nelle artificialia ha caratterizzato quella famosa collezione - purtroppo in buona parte dispersa - così sembra di assistere al medesimo meccanismo nelle cose inventate da Dalponte: oggetti criptici e introvabili, se non nella mente del loro creatore.
«Esempi di un'accezione di bellezza estrosa del tutto particolare, forse non facile da apprezzare al primo sguardo, ma di sicuro espressione di ciò che può essere e che può soddisfare occhi e mente, scoprendo un diverso atteggiamento verso ciò che ci sta attorno».
 
Alcune brevi note biografiche, prima di passare all’intervista.
Paolo Dalponte è nato a Poia di Lomaso (1958). Ha frequentato L’Istituto Statale d’Arte Applicata «A. Vittoria» di Trento.
Dalla metà degli anni settanta si interessa di pittura ad olio e una decina di anni dopo anche di grafica.
Dal 1989 è membro dello studio d’Arte Andromeda di Trento e si occupa con successo di grafica umoristica, ottenendo numerosi riconoscimenti e premi in Italia ed all’estero (Belgrado, Antalya-Turchia, Kaliningrad-Russia, Marostica, Bordighera, Presov-Rep. Slovacchia, Iran, Pechino,Odessa, Surgut, Siberia, Olen Belgio, Kruishoutem Belgio, Bangalore India. Nel 1992 realizza per le Edizioni Arca di Trento il gioco «Trentatrétrentini».
Nel 1998 realizza il libro «Disegni di segni» con il quale vince la Palma d’Oro al Salone Internazionale dell’umorismo di Bordighera.
Dal medesimo anno è collaboratore di Smemoranda sino al 2008. Nel 2005 realizza il calendario per l’Istituto Trentino delle Assicurazioni ITAS.
Nel 2006 e nel 2014 cura l’immagine del Congresso Provinciale SAT.
Nel 2009 realizza le illustrazioni per il calendario della Cassa Rurale del Lomaso realizza calendari per biblioteche pubbliche e per privati. Progetta una linea di gadget per l’Azienda Termale Comano Terme. Ha tenuto corsi di disegno a Praso, Ponte Arche, Pranzo, Riva del Garda, Tione, Trento.
Collabora con Edizioni Rendena, Centro Studi Judicaria, Akena, Edizioni Curcu e Genovese, Anemos, Azienda di Promozione Turistica di Comano Terme, APT Madonna di Campiglio, Ingarda Cartoonbank (Russia), Animalcartoon (Serbia), GAJ editore (Iran), Edizioni Centro Studi Erickson, Quotidiano IL TRENTINO, il T quotidiano.
Abbiamo avuto occasione di porgergli alcune domande.
 

Paolo Dalponte, Pornocrazia.
 
Come è nata l’idea della mostra?
«Un anno fa ho partecipato a una collettiva a Praga con il Gruppo Artisti Trentini La Cerchia, in occasione dei 25 anni di gemellaggio fra i due comuni, dal titolo Wunderkammer.
«Un tema particolarmente interessante quello affrontato, in quanto nel lontano 1985 avevo avuto occasione di visitare a Praga la Wunderkammer di Rodolfo II d’Asburgo.
«La suggestione di quel momento magico mi ha accompagnato negli anni. Il fatto di poterla ricreare per conto mio è stato per me molto stimolante.»
 
Partiamo dal titolo, cosa suggerisce?
«Il titolo suggerisce l’idea di un accumulo originale di cose, raccolte senza ragionevoli criteri di classificazione e ordine.
«Come questi oggetti, animali, pezzi di raffinato artigianato o altri reperti di storia naturale erano venuti ad accumularsi nelle stanze di potenti e ipocondriaci sovrani, così questi disegni raccolgono personali ricordi, oggetti visti, maneggiati, amati, accomunati dal solo fatto di essere passati in qualche momento nella mia vita.
«Per questo semplice ma importante motivo hanno una parte da recitare nel diffuso teatro che sono i miei fogli da disegno.»
 
C’è qualcosa che le accomuna?
«In questa recita tutto ha diritto di parola, una cosa arrivata per prima e una di molto successiva, una grande e una minuta, tutto si confronta e dialoga.
«L’anarchia della fantasia si fa totale, le combinazioni infinite, assurde, ironiche o simboliche narrano un mondo diverso e surreale.
«Tutto sembra sollevare anche un forte dubbio su cosa sia vero, cosa sia importante in senso più ampio e universale…»
 

Paolo Dalponte, Sorpresa.
 
Quante sono le opere esposte?
«Le opere esposte sono una settantina, di queste una trentina sono incorniciate, le altre sono raccolte in un espositore»
 
C’è qualche messaggio che ha voluto veicolare attraverso le opere?
«Queste opere non danno e non vogliono dare risposta. Sono minime e irriverenti, trasgressive o comiche e vogliono solo suggerire l’azione del pensiero, un pensiero che si fa unico, non nel significato di dominante, ma in quello opposto di originale e libero.»
 
Fra tutte, potrebbe commentarne una?
«Per esempio, il titolo di Pornocrazia trae ispirazione dal titolo di un’opera del disegnatore belga Felicien Rops, raffigurante una donna tirata da un maiale al guinzaglio.
«Io ho ritratto un maiale con una sella, facendolo stare in piedi su un apparecchio fotografico.
«È una macchina fotografica panoramica vintage, la Sputnik, che ho fotografato anni fa in una vetrinetta del museo della Tatra, dove sono esposti camion e automezzi prodotti dalla fabbrica automobilistica ceca.»
 
Progetti futuri?
«A dicembre esporrò a Casa Cüs in val Rendena, a Darè.»

Daniela Larentis – [email protected]