Nuova mostra a Palazzo Trentini – Di Daniela Larentis

«Trento 1900. Artisti trentini ai tempi della Belle Epoque: Cesare Covi» – Curata da Umberto Anesi e Alessandra Tiddia, sarà visitabile fino al 16 aprile

G. Sanfior, Ritratto di Cesare Covi (particolare) - Collezione privata.
 
A Trento, nella suggestiva ambientazione di Palazzo Trentini, è in corso una bella mostra dal titolo «Trento 1900. Artisti trentini ai tempi della Belle Epoque: Cesare Covi», curata da Umberto Anesi e Alessandra Tiddia.
Inaugurata il 18 marzo 2022, resterà aperta con ingresso libero fino al 16 aprile nei seguenti orari di apertura: lu-ven 9.30-18.30| sabato 9.30 – 12.30.
Walter Kaswalder, Presidente del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, dando il benvenuto al folto pubblico, ha ringraziato il Mart Rovereto, la Soprintendenza dei beni culturali della Provincia di Trento, l’Università di Trento e tutti i collezionisti privati che hanno generosamente contribuito alla realizzazione dell’evento, nonché tutti quelli che a vario titolo vi hanno collaborato.
 

 
La prestigiosa esposizione, accompagnata da un esaustivo catalogo, ha preso il via in occasione del centocinquantesimo anniversario dalla nascita di Cesare Covi (Trento, 1872 - 1923), con l’obiettivo di ricostruire il profilo artistico del pittore e del contesto in cui operò fra la fine dell’800 e i primi decenni del secolo scorso, attraverso una selezione di dipinti provenienti sia dalle raccolte pubbliche che da collezioni private, messi in dialogo con le opere di alcuni artisti trentini coevi molto noti e apprezzati, fra i quali Umberto Moggioli, Luigi Ratini, Eugenio e Romualdo Prati, Luigi Bonazza.
Il progetto è stato realizzato in collaborazione con il MART Rovereto, che non solo ha messo a disposizione alcune opere ma ha anche fornito il contributo scientifico, e con l’Università di Trento per l’inserimento in mostra di una sezione dedicata a Villa Gherta.
 

 
«Cesare Covi – mette in luce Alessandra Tiddia nel suo intervento critico in catalogo – non fu solo un pittore di paesaggi, anche se la seconda parte della sua vita fu dedicata soprattutto a rappresentare la sua relazione intima e segreta, talvolta malinconica, con la natura solitaria, quella dei dintorni della sua abitazione a Celva, vicino a Trento o dei pascoli alpini visti attraverso il filtro di una sensibilità mutuata da Segantini.
«Essi sono presenti in mostra accanto ad alcune prove mature nell’ambito della ritrattistica e del disegno.
«La sua attività – prosegue la curatrice – comprese anche opere decorative e affreschi in Austria e in qualche palazzo di Trento, come il ciclo decorativo di Villa Gherta, antica abitazione della famiglia Garbari, sulle colline di Trento, acquistata recentemente dall’Università degli Studi di Trento, esempio eclatante di un gusto aggiornato ai tempi e allo stile Art Nouveau o Liberty.»
 

 
L’artista nasce nel 1872 a Trento dove muore nel 1923.
Spiega Tiddia: «La sua formazione avviene verso la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta fra Milano, Firenze, Roma e le sue opere sono esposte a Milano e a Vienna negli anni novanta.
«Nel suo iter artistico ci sono alcuni passaggi espositivi notevoli che vale la pena di segnalare: nel 1892 partecipa alla rassegna a Brera, un appuntamento importante per gli artisti italiani, un’esposizione che l’anno prima aveva registrato la presenza delle scandalose Due madridi Segantini, dove il mondo animale era equiparato al mondo umano nella celebrazione dell’ideale materno.
«Nel 1897, un anno prima della fondazione della Secessione viennese, e di Ver Sacrum, Covi presenta la sua Inizio Primavera alla mostra della Künstlerhaus di Vienna, dove espone anche un giovane Gustav Klimt. Nel 1906, insieme a Bonazza, Ratini, Campestrini, Covi è invitato a Milano a rappresentare il Trentino nell’Expo per l’apertura della Galleria del Sempione.
«Nel 1922 poco prima di morire partecipa con ben cinque opere all’Esposizione d’arte della Venezia Tridentina, ospitata nel Teatro civico di Bolzano, una rassegna importante perché in quell’occasione si intendeva dar conto delle forze artistiche regionali, unendo per la prima volta gli artisti di Trento e quelli di Bolzano.
«Covi infine prende parte anche a un’altra mostra fuori porta degli artisti trentini, ovvero quella organizzata a Venezia, a Ca’ Pesaro, nel 1923. […]».
 

 
Spiega il curatore Umberto Anesi nel suo contributo in catalogo: «Vita e opere di Cesare Covi si collocano significativamente nel panorama culturale e nel contesto storico che, tra gli anni precedenti e successivi alla Grande Guerra, segnano un cambiamento decisivo per l’Europa e per il Trentino.
«La vita del pittore si può suddividere in cinque periodi principali: la giovinezza a Trento fino al 1889; la formazione artistica tra Milano, Firenze e Roma fino al 1897; il ritorno a Trento fino al 1914 in cui si impegna in importanti lavori ed esposizioni; il periodo della Prima guerra mondiale (1914-1918) in cui presta servizio nell’esercito austro-ungarico; gli ultimi anni a Trento fino al 1923, quando riprende il lavoro di pittore nonostante le difficoltà del dopoguerra.»
 

Umberto Moggioli, Ritratto della signora Pasetto, 1907, collezione privata.
 
È interessante ciò che evidenzia nella sua disamina Anesi, nelle note conclusive.
«L’espressione nemo propheta in patria, associato a Covi nelle pagine de Il Nuovo Trentino nel 1923, esprime la poca fortuna del pittore negli ambienti vicini a lui, nonostante fuori provincia gli fossero stati riconosciuti talento e qualità.
«Questa difficoltà – scrive il curatore – ha contribuito ad alimentare il progressivo annullamento del ricordo dell’artista a partire dai primi anni dopo la morte, sebbene alcuni importanti edifici del capoluogo, come Palazzo Pedrotti e Villa Gherta, fossero stati decorati dalle sue mani.
«Un altro elemento che ha concorso all’indebolimento della sua presenza nell’arte è la scarsa circolazione di suoi quadri sul mercato, causata, in parte, dalla gelosia del pittore per le sue tele, come viene definita da Wenter Marini (G. Wenter Marini, Covi I, in Il Nuovo Trentino, cit., p.2).
«Quando gli inviati del Giornale di Trento si recano nell’appartamento di Covi, il giorno seguente al decesso, rilevano che nella piccola dimora sono ammassati i suoi quadri e disegni, che ancora oggi si trovano sparsi presso numerose collezioni private […].
«Le sue tele più famose si collocano nel breve periodo della Belle Epoque trentina, che si conclude rovinosamente con la Grande Guerra. In altre parole Covi e la sua arte non sopravvivono al mondo a cui appartengono, che cessa con la fine dell’Impero austro-ungarico.
«Il ritorno a Trento segna per l’artista l’inizio di un veloce decadimento fisico e mentale che lo conduce all’isolamento e, infine, alla morte.
«Covi è stato un pittore accademico che ha raggiunto l’apice della carriera con i lavori decorativi di ville e palazzi, in cui si è confrontato con i modelli del Secessionismo tedesco per una élite di persone che riconobbero in lui talento e qualità.
«Eppure una seconda parte della sua produzione, quella che racchiude i paesaggi, in cui dominano lo sguardo contemplativo e l’elemento naturale, non è rivolta principalmente a un pubblico esterno ma a sé stesso. Per questo egli sceglie di vivere a Celva lontano dalla città, in un luogo affine alla sua anima solitaria.
«Questa ambivalenza – rileva Anesi - rispecchia il suo carattere riservato, ma anche ricco di creatività e curiosità che affiorano nelle sue opere.»
 

Luigi Bonazza, Ritratto di Italia Bertotti, 1923, Mart Rovereto, collezione privata.
 
Come è stato detto, parte della mostra è dedicata a Villa Gherta, antica abitazione ora di proprietà dell’Ateneo di Trento, la quale fu residenza dei fratelli Carlo e Giuseppe Garbari, figli di Luigi Garbari, noto commerciante di tessuti.
La villa venne acquistata dall’imprenditore Quirino Mazzalai negli anni settanta del secolo scorso; nel 2007 venne poi acquistata dalla Società Patrimonio del Trentino e infine ceduta all’Università di Trento.
Sottolinea Alessandra Tiddia: «Villa Gherta rappresenta un esempio decorativo quasi unico in Trentino di un gusto molto vicino al linguaggio del Liberty internazionale.
«Essa può essere accostabile, proprio per la cura dei dettagli ad un altro unicum in Trentino, ovvero la villa decorata qualche anno più tardi da Luigi Bonazza, che, tra il 1914 e il 1940, ripropone nella sua abitazione modelli stilistici appresi a Vienna ma rimodulati secondo un linguaggio più prossimo alle stilizzazioni del gusto Déco.»

Una mostra di grande pregio, in conclusione, che non deluderà certo i visitatori.

Daniela Larentis – [email protected]

Umberto Moggioli, Ritratto di Elodie Moncher, 1908, collezione privata.