«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis

Andrea Sommavilla nell’incontro di venerdì 11 marzo 2022 parlerà di «Una fattoria romana a Mezzolombardo» – L’intervista

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Venerdì 11 marzo 2022 prenderà il via il nuovo ciclo di conferenze Ricerche e studi recenti di storia e arte trentina, organizzato dall’Associazione Castelli del Trentino, a conclusione dei numerosissimi proposti in anni di intensa attività culturale, curati da Pietro Marsilli e da Bruno Kaisermann, rispettivamente vicepresidente e presidente dell’Associazione. Tutti e quattro gli appuntamenti si terranno in presenza a Mezzolombardo, Sala Spaur, Piazza Erbe, da marzo ad aprile 2022 alle ore 20.30.
Il protagonista del primo incontro, dal titolo «Una fattoria romana a Mezzolombardo», sarà Andrea Sommavilla, il quale parlerà del sito archeologico della Calcara e dei numerosi reperti emersi dallo scavo. La serata sarà impreziosita da un intervento critico del presidente dell’Associazione Bruno Kaisermann; ad illustrare il Progetto di valorizzazione del sito archeologico interverranno inoltre l’Assessore alla Cultura Nicola Merlo e il Consigliere delegato Rosa Roncador del Comune di Mezzolombardo.
 
I posti saranno limitati ma non sarà necessaria la prenotazione, i presenti saranno ammessi in sala fino al raggiungimento della capienza massima consentita. Obbligatori, in ottemperanza alle norme sanitarie in vigore, green pass rafforzato, distanziamento e mascherina FFP2.
Da oltre trent’anni l’Associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
A riprova della stima di cui è circondata, ricordiamo che le iniziative proposte godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
 
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Dopo essersi diplomato al liceo classico Bertrand Russell di Cles, Andrea Sommavilla ha conseguito la laurea triennale in Beni Culturali (110/110) a Trento, durante la quale ha svolto anche un percorso di studi (Erasmus) in Portogallo.
Successivamente ha conseguito con lode la laurea magistrale in Archeologia a Siena, specializzandosi nell'archeologia classica. Ha partecipato a scavi archeologici condotti dall'Istituto Paleontologico Italiano ad Anagni, dall'Instituto Politecnico de Tomar a Mação (Portogallo) e dall'Università di Siena nel sito dell'acropoli di Populonia (LI).
Ha poi lavorato come professionista autonomo facendo sorveglianze archeologiche nella zona di Sanzeno (TN) per poi intraprendere la carriera di insegnante di storia dell'arte.
 
Attualmente ricopre la carica di Responsabile della Biblioteca e Attività culturali del comune di Borgo Valsugana.
Andrea Sommavilla conta al suo attivo la pubblicazione «Give a future to Val di Rabbi. (Preserving Rabbiese identity by encouraging youth activities and redeveloping tourist facilities and the territory of National Natural Park of Stelvio») inserita negli atti del convegno «5 th International Seminar on Cultural Integrated Landscape Management - Apheleia Resilience and Transformation in the territories of low demographic density: integrated methodologies of human and social sciences» 14-23 March, 2018, Centro Cultural Elvino Pereira, Mação, Portugal.

Abbiamo avuto occasione di porgergli alcune domande.
 

Falcetto da vigna in ferro - Foto Ufficio Beni Archeologici della Soprintendenza di Trento.
 
«Una fattoria romana a Mezzolombardo» è il titolo della conferenza di venerdì 11 marzo 2022. Di che sito archeologico si tratta?
«Il sito archeologo si trova a Mezzolombardo in località Calcara, sotto il colle di San Pietro. Si tratta di un sito di età romana (I-IV sec. d.C.) di carattere abitativo ma soprattutto produttivo.
«Le testimonianze archeologiche infatti suggeriscono la presenza di una fattoria, nei possedimenti della quale si potevano contare varie coltivazioni e lavorazioni di prodotti.
«È un sito molto interessante sia per la dislocazione delle strutture, sia per l’originalità di alcune di esse (in particolare un impianto di condotta delle acque con canaletta e cisterna), sia per diversificazione dei materiali rinvenuti, provenienti da provincie dell’impero anche molto lontane.»
 
Come è nato l’interesse per questa ricerca?
«L’interesse per questa ricerca è nato dal desiderio di portare alla luce qualcosa di nuovo, di sconosciuto o poco conosciuto, di carattere archeologico nel mio territorio.
«Dovendo scegliere un tema per la mia tesi magistrale in Archeologia ho preferito indagare il territorio della Piana Rotaliana in cerca di spunti o spazi di ricerca, piuttosto che seguire studi di siti archeologici già avviati dai miei professori.
«Il sito della Calcara è stata quindi una grande sorpresa per me. Si tratta infatti di un sito indagato con uno scavo di emergenza nel 1997 durante i lavori di costruzione del centro della protezione civile. In seguito però non sono state condotte ricerche se non alcuni studi preliminari.
«Avere un sito nel paese in cui vivo ancora orfano di studi e in aggiunta di epoca classica, periodo storico sul quale avevo desiderio di specializzarmi era quindi un’occasione unica.
«Devo dire che il supporto della Soprintendenza di Trento, soprattutto nelle figure di Nicoletta Pisu e Roberta Oberosler, è stato di vitale importanza.
«Senza la disponibilità e il supporto concessomi, oltre che all’accesso a tutti i materiali e documentazione dello scavo del sito, sarebbe stato impossibile anche solo accennare uno studio.»
 
Su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione durante l’incontro?
«Durante l’incontro mi piacerebbe far comprendere come anche un centro piccolo e periferico come la fattoria di Mezzolombardo fosse in realtà inserito benissimo non solo nel contesto regionale alpino ma anche nel ben più ampio contesto mediterraneo.
«Mi soffermerò sulla vita delle strutture esistenti ma soprattutto sulle attività, sia lavorative che ludiche, che si svolgevano all’interno di questa antica proprietà, individuabili soltanto grazie allo studio dei reperti.»
 
Qual è stato l’obiettivo principale del lavoro svolto?
«L’obiettivo della ricerca era innanzitutto comprendere la natura del sito e le sue fasi di costruzione, ristrutturazione e abbandono con il fine ultimo di poter ipotizzare una cronologia per tutte queste fasi.
«Anche lo studio dei reperti è stato molto importante per giungere a delle solide conclusioni, oltre che ad individuare le attività che si svolgevano.»
 

Planimetria sito, ricostruito nella fase di II-III secolo d.C. - Foto Ufficio Beni Archeologici della Soprintendenza di Trento.
 
Da un punto di vista metodologico come ha condotto lo studio delle fonti?
«Sono partito da una ricerca bibliografica sulle notizie delle scoperte archeologiche avvenute a Mezzolombardo e più precisamente nella zona a sud del colle di San Pietro, venendo a conoscenza che a partire dal XIX sec. i reperti affiorati sono stati moltissimi.
«La zona della Calcara risulta quindi la più interessante a livello archeologico di tutto il territorio comunale. Per quanto riguarda lo studio del sito vero e proprio ho consultato, studiato, confrontato tutte le informazioni redatte durante lo scavo del sito: diario di scavo, planimetrie, sezioni, disegni, schede di unità stratigrafica.
«Grazie allo studio di questi dati è stato possibile ricostruire la stratigrafia del sito (cosa è più antico, cosa è di una fase successiva, cosa è stato costruito per ultimo…).
«Per riuscire a datare queste fasi di vita della fattoria si è proceduto infine allo studio di una parte dei materiali rinvenuti nel sito. Datando, per esempio, un frammento di vaso è possibile collocare cronologicamente tutto lo strato in cui è contenuto e di conseguenza anche la fase a cui esso appartiene. I materiali studiati sono di varia tipologia: ceramica, anfore, lucerne, laterizi, vetro, metalli, materiali in osso e monete.
«La determinazione e datazione di questi materiali è stata eseguita mediante la ricerca bibliografica di confronti con materiali di altri siti.»
 
Come è stato possibile ricostruire una cronologia per tutte le fasi del contesto?
«Confrontando i dati provenienti dallo studio della stratigrafia dello scavo con quelli dello studio dei reperti.
«La parte più antica del complesso, costituita dall’edificio principale, viene infatti edificata nella seconda metà del I sec. d.C., anche se sicuramente esistevano delle strutture nelle vicinanze preesistenti, forse di fine I sec. a.C. -inizio I sec. d.C. A partire dalla metà del II sec. d.C. l’edificio vive un’intensa fase di ristrutturazione degli ambienti interni con l’aggiunta all’esterno di un sistema di raccolta delle acque piovane che terminava a terra con una canaletta in coppi e una cisterna.
«Nelle azioni di ristrutturazione viene costruito un secondo edificio più piccolo a sud, vicino ad una fossa per la fabbricazione della calce, probabilmente utilizzata proprio per le murature dell’edificio stesso. Nella seconda metà del III sec. d.C. l’edificio più piccolo viene pesantemente modificato e il sistema di raccolta delle acque viene dismesso.
«L’abbandono del sito si può collocare infine nel IV sec. d.C., quando tutte le strutture non sono più utilizzate ed il pozzo, costruito nella fase iniziale, viene definitivamente occluso.»

Antoniniano dell'imperatore Gordiano III.

Potrebbe fare degli esempi di reperti rinvenuti nel sito della Calcara?
«Tra i tanti reperti studiati ne cito due che ritengo esemplificativi. Il primo è un falcetto da vigna in ferro, attestato nel record archeologico in Trentino a partire dal V-IV sec. a.C. Ciò significa che a Mezzolombardo si praticava la viticoltura e probabilmente anche la vinificazione, proprio come succede ora.
«Il secondo reperto è un grande frammento di anfora che proviene dalla Spagna meridionale, più precisamente dalla provincia della Baetica, e vi era contenuta con molta probabilità una salsa a base di pesce di cui i romani erano grandi consumatori: il garum.
«Vi sono anche reperti provenienti dalla Pianura Padana, coste del Mar Adriatico, zona orientale del Mar Mediterraneo, ed anche dalla Gallia. La fattoria della Calcara non era quindi soltanto un piccolo centro produttivo ma anche un buon acquirente di beni preziosi.
«Tutto ciò si può spiegare con la posizione strategica del sito, a ridosso di una strada secondaria della via Claudia Augusta, in una zona di passaggio tra la Piana Rotaliana e la Val di Non, sicuramente molto trafficata da commercianti provenienti da tutto l’impero.»
 
In che età si collocano i rinvenimenti?
«Come già detto il sito viene costruito intorno alla metà del I sec. d.C. e viene abbandonato nel corso del IV sec. d.C, anche se esistono elementi databili a fine I sec. a.C.»
 
Cosa rappresentano in estrema sintesi?
«Si tratta di materiali di vario genere e molto comuni nei siti di carattere abitativo come ceramica, anfore, lucerne ma anche stili per la scrittura e un dado da gioco. Inerenti al mondo lavorativo vi sono poi reperti metallici come attrezzi da lavoro o macine per il grano.
«Non mancano ovviamente le monete che occupano tutto l’arco cronologico di frequentazione del sito.»

Anfora, particolare con lettere HS dipinte in rosso, indicanti la provenienza hispanica del prodotto.

 
Come possiamo immaginare la composizione dell’intero complesso?
«Possiamo immaginare un grande edificio di quasi 500 mq a più piani, di uso abitativo al piano superiore e utilizzato per altre attività al piano terra. Sul lato sud dell’edificio vi era un porticato che si affacciava su un cortile al cui centro era presente un pozzo.
«Sul lato opposto (meridionale) del cortile si trovava un edificio di dimensioni più ridotte, utilizzato forse come magazzino, avente anche in questo caso un porticato sul lato del cortile.
«Sono presenti anche altre murature nelle aree esterne al cortile che probabilmente costituivano altre strutture oppure delle delimitazioni di proprietà.
«La fattoria era un unico e ben definito complesso nel quale coesistevano l’attività manifatturiera, la coltivazione di granaglie e della vigna, l’allevamento e con molta probabilità vi era anche una produzione casearia e vinicola.»
 
Progetti futuri?
«Mi auguro che dopo quasi 25 anni di oblio questo sito possa essere valorizzato e in qualche modo restituito alla comunità. Comunicare ciò che il territorio offre e ciò che il passato ci ha tramandato è un primo e doveroso passo verso qualcosa di più concreto che potrebbe consistere in un progetto di musealizzazione, anche temporaneo, dei materiali provenienti da questo sito.
«Le strade possono essere molteplici e qualunque sia quella scelta credo sia importante tenere presenti le opportunità che la ricerca archeologica e la cultura offrono. L’offerta culturale è infatti indissolubilmente legata allo status sociale ed economico di un territorio, tutti fattori che concorrono al benessere della comunità.»

Daniela Larentis – [email protected]