«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis
Danilo Gasparini, professore di Storia dell'agricoltura e Storia dell'alimentazione, il 27 ottobre parlerà di «Nutrirsi tra Sette e Ottocento in Trentino» – L’intervista
Danilo Gasparini, professore di Storia dell'agricoltura e Storia dell'alimentazione.
Il ciclo di incontri «Torniamo a tavola!» a cura dell’Associazione Castelli del Trentino di Mezzolombardo, in collaborazione con l’Associazione Rosmini di Trento, prosegue tutti i mercoledì dalle 17 alle 18.30 in modalità webinar fino al 24 novembre 2021.
Danilo Gasparini, professore di Storia dell'agricoltura e Storia dell'alimentazione presso l'Università di Padova, sarà protagonista dell’evento di mercoledì 27 ottobre 2021, dal titolo Nutrirsi tra Sette e Ottocento in Trentino. Dai diari di Angelo Michele Negrelli.
Tramite questo link si può accedere alla stanza virtuale (accessibile anche attraverso il sito www.associazionecastellideltrentino.com).
Da oltre trent’anni l’associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
A riprova della stima di cui è circondata, le iniziative godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
A metà Ottocento, Angelo Michele Negrelli scrisse e dettò le proprie memorie. Si tratta di un corposo manoscritto conservato presso la Biblioteca Intercomunale di Primiero, la cui trascrizione è stata curata dalla Biblioteca e dal Museo Storico in Trento in preparazione della pubblicazione.
I sistemi alimentari di montagna hanno avuto nel passato una loro grammatica, una loro sintassi che potremmo condensare in una categoria molto nota dell’analisi economica: le ragioni di scambio, ovvero come e con quali meccanismi di interscambio la montagna faceva fronte al suo strutturale deficit alimentare.
È importante capire le condizioni, i limiti e le soluzioni adottate per garantire un flusso continuo di generi, in particolare cereali e vino, comunque alla base del regime alimentare anche nella montagna.
Una fonte in particolare ci racconta questo processo per la seconda metà del Settecento: sono i ricchi diari di Angelo Michele Negrelli di cui parlerà il professor Gasparini.
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Danilo Gasparini è professore ordinario di Storia dell'Agricoltura e Storia dell'alimentazione all'Università di Padova.
È stato Directeur de récherche all'Ecole des hautes études en sciences sociales (EHESS) di Parigi.
È docente presso il Master dell'università Ca' Foscari in «Cultura del cibo e del vino». Membro del Consiglio scientifico della biblioteca internazionale «La Vigna» di Vicenza, del Comitato Scientifico del Laboratorio Internazionale di Storia Agraria di Montalcino.
Dirige a Ca' Tron, presso gli «Archivi Contemporanei di Storia Politica» il Centro studi sulla storia delle campagne venete.
Ha curato per la Fondazione Benetton Studi Ricerche il progetto pluriennale su «Le campagne trevigiane in età moderna», è autore di un generoso numero di saggi di storia economica e sociale delle campagne venete, dedicati al mondo contadino, artigianale e protoindustriale e di storia dell'alimentazione e della cucina veneta.
Ha collaborato, per conto del Museo Etnografico della Provincia di Belluno e della Regione Veneto, a un'importante ricerca, con 12 film-documentari sulle tradizioni gastronomiche della Regione. Ha tenuto corsi, seminari, interventi a convegni nazionali e internazionali.
Ospite e consulente fisso a Rai 3 per Geo&geo, in una rubrica dedicata alla storia alimentare e del cibo.
Ha partecipato a Expo Milano 2015 in qualità di relatore a diversi eventi.
Abbiamo avuto il piacere di rivolgergli alcune domande.
Prof. Gasparini, su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione nell’incontro di mercoledì 27 ottobre?
«Usando le memorie di Negrelli, straordinario documento, cercherò di tracciare da una parte quale è stato il modello alimentare della montagna (che meriterebbe, anche in termini di dieta alpina, tanta attenzione quanta ne ha avuta la dieta mediterranea, dall’altra, usando proprio il racconto vedere quali fossero i rapporti tra il Primiero e parte della terraferma veneta in termini di scambi, di ragioni di scambio.»
Chi era anzitutto Angelo Michele Negrelli?
«Negrelli (1764-1851) è padre del famoso Luigi che progettò il taglio dell’Istmo di Suez… (prolifico il nostro: 5 figlie e 5 figli) e lo si può definire rappresentante della piccola borghesia primierotta, un notabile suo modo, con una spiccata attitudine al commercio e all’imprenditoria, senza disdegnare una partecipazione attiva alla vita sociale e politica locale.
«Vive a cavallo di due secoli passando dall’Illuminismo alla Restaurazione, vivendo da testimone ma non solo, eventi epocali quali la caduta dell’antico regime, l’arrivo di Napoleone e la restaurazione.»
Che cosa emerge dallo studio dei suoi resoconti? Quali erano le attività commerciali a cui si dedicava?
«Emerge, mi si passi la citazione, un piccolo mondo antico di montagna, la sua società, le strutture parentali, le tradizioni, i riti, la religiosità, la vita quotidiana… insomma lo scorrere dei giorni e degli anni attentamente raccontati, anche con divertita ironia.
«Ma di straordinario interesse sono i racconti-resoconti dei suoi viaggi, Trento-Bolzano Innsbruck, in Valstagna, Padova, Bassano, Feltre…: memorabile il viaggio e la visita di Venezia.
«Le sue non sono solo memorie, sono un romanzo, il romanzo di una vita ma anche un’autobiografia. Quanto alle attività commerciali: di tutto e di più. Commercio di granaglie e di vino, di legname (memorabile la descrizione della cantina dei Collalto a Susegana), di burro, investimenti speculativi a volte azzardati.»
In estrema sintesi, con quali meccanismi di interscambio la montagna faceva fronte al suo strutturale deficit alimentare?
«Semplificando al massimo: da una parte legname, miniere, prodotti dell’alpeggio verso la pianura, dall’altra cereali, vino, vettovaglie varie. Ragioni di scambio che pendevano a favore della montagna.»
Che importanza assunse la coltivazione della vite e quella dei cereali nel periodo da lei esaminato?
«Mediamente le regioni alpine avevano un’autosufficienza cerealicola (soprattutto mais da metà ’600…ma anche cereali minori: miglio, sorgo, grano saraceno, leguminose) che andava dai 4 ai sei mesi. Bisognava quindi attivare circuiti di rifornimento con il feltrino e con tutta l’alta trevigiana… ma non solo.
«Per il vino il discorso era diverso: il Trentino aveva già sviluppato una sua viticoltura ma che in parte prendeva le vie del Tirolo e della Germania. In consumi locali, mediamente alti quanto a consumo pro-capite, erano soddisfatti in parte dalla produzione locale ma soprattutto, per il Primiero, dal trevigiano.
«Negrelli ricorda e racconta il suo viaggio e il suo pernottamento in una famiglia di Valdobbiadene. Particolare non trascurabile: tutto rigorosamente a dorso di mulo attraverso lo Schener. Quella delle vie di accesso alla vallata dalla pianura è un elemento determinante.»
Fra l’altro lei è stato ospite fisso della trasmissione «Geo&geo» su Rai 3, nella rubrica dedicata alla storia alimentare e del cibo. Quanto è importante valorizzare le antiche tradizioni locali?
«La mia esperienza a Geo&geo (cinque anni di trasmissioni) ha avuto il privilegio di raccontare, con ospiti da tutta Italia, storie di prodotti e di contadini-contadine, di memorie culinarie affidate ai ricettari domestici, di tradizioni sempre vive e in cammino.
«Una tradizione alimentare non è mai uguale a sé stessa, non è immobile si contamina e contamina, vinee tenuta viva e arricchita… perché questo signica tradere, trasmettere…»
Nel 2021 ha preso il via l’interessante progetto della Scuola internazionale dei formaggi di montagna, ce ne potrebbe accennare brevemente?
«Bella esperienza, un’idea a cui ho lavorato da tre anni e che quest’anno si è realizzata. Abbiamo creato il contenitore Alte Imprese al cui interno è partita la Scuola internazionale dei formaggi di montagna. Per noi recuperare l’alpeggio, la malga ha molteplici valenze: ambientali - il tema dell’abbandono - turistiche, imprenditoriali - i giovani e il passaggio generazionale - gastronomiche.
«Come si gestisce oggi 2021 un alpeggio, una malga? A queste domande abbiamo risposto improntando un corso che prevedeva 40 ore online di formazione: storia, antropologia, tecnica casearia, valutazione organolettica dei formaggi, benessere animale, zootecnia e veterinaria, pascolamento, botanica della flora del pascolo… Ma anche marketing, diritto sui prodotti tipici, gestione economica di un alpeggio, cucina e formaggi… con testimonianze internazionali dai Pirenei alle Alpi francesi e tedesche, perché come è esistita una via della seta o delle spezie esiste anche una via europea del latte e dei formaggi.
«Il corso si è chiuso poi con 3 giorni immersivi in una malga: dalle 6 del mattino al tramonto. Una partecipazione alta, da tutta Italia, con storie personali le più diverse.
«Adesso stiamo lavorando all’edizione invernale-primaverile dedicata agli Appennini, al mondo dei pecorini.»
Lei è autore di numerose pubblicazioni, fra cui «Caseus. La civiltà del formaggio nei secoli: storia e storie» del 2021. Può condividere qualche pensiero a riguardo?
«Solo una piccola toma… anzi una casatella: se un viaggiatore del Medioevo fosse approdato in questi giorni a Cheese a Bra o a Caseus Veneti a Villa Contarini a Piazzola sul Brenta sarebbe stralunato: il formaggio (e anche il latte) ha alle spalle una faticosa e lunga storia di nobilitazione.
«Latte e formaggio erano considerati dalla civiltà classica cibi dei barbari, cibo povero contro vino, pane e olio che invece erano il prodotto di una civiltà, di una cultura che aveva nell’agricoltura e non nella caccia e nella raccolta il suo elemento di distinzione.
«La sua nobilitazione si deve in parte al mondo monacale e alla chiesa che proibiva il consumo di carne in toto o per buona parte dell’anno. Diventa quindi cibo sostitutivo adottato quindi anche dal mondo medico, con cautela (Caseus sanus est quem data avara manus), dalla gastronomia in un’Italia divisa in due: al Nord vacche e sviluppo della Via lattea lombarda, al centro sud pecore.
«Poi le tappe sono note: l’avvento delle latterie sociali, la pastorizzazione giù fino alla conferenza di Stresa del 1954.
«Poi sarà una corsa alle DOP, alle IGP… ai presidi slow-food fino al delirio dei Cheese Awards. Semplificando…»
Progetti editoriali futuri?
«Sta per uscire una Storia alimentare delle Venezie: dal banchetto rinascimentale… al tendon delle Pro-loco.
«Nel cassetto: un manuale di Storia alimentare.»
Daniela Larentis – [email protected]