Intelligenza artificiale: sfide, rischi e utilità – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con Pierluigi Contucci professore ordinario di fisica matematica all’Università di Bologna

Pierluigi Contucci.
 
In un mondo sempre più connesso e digitale, la comunicazione virtuale sta assumendo un ruolo sempre più centrale nelle nostre vite e l’intelligenza artificiale (AI) ci sta obbligando a rimettere tutto in discussione, economia e finanza, arti e mestieri, medicina, diritto e molto altro.
In altre parole, sta rivoluzionando il tessuto dell’umanità, dalle maglie fini a quelle di scala globale, perché il confine tra quello che è umano e quello che non lo è, tracciato storicamente e ritenuto immutabile, sta diventando sempre più sottile e sembra quasi scomparire (vedi).
 
Ma cosa sta succedendo davvero? Cos’è questa tecnologia che con un’accelerazione senza precedenti sta non solo ridefinendo i confini del mondo che le è proprio, ma anche ridisegnando la società nel suo insieme, lo abbiamo chiesto al prof. Pierluigi Contucci Fisico matematico, professore ordinario all’Università di Bologna, visiting professor al Politecnico di Tokyo, all’Institut Henri Poincaré di Parigi e alla New York University si occupa di meccanica statistica e delle sue applicazioni.

Interviene su temi scientifici di interesse pubblico su quotidiani e riviste come Il Sole 24 Ore e Il Mulino.
Nel 2019 ha coordinato il Tavolo sull’Intelligenza Artificiale per il Piano Nazionale della Ricerca voluto dal MIUR.
Autore del libro Rivoluzione intelligenza artificiale: sfide, rischi e opportunità (EDIZIONI DEDALO, 2023)
Curriculum.
 


Prof. Contucci che cos’è l’intelligenza artificiale e quali sono le principali applicazioni pratiche nella vita quotidiana e in vari settori?
«Il termine, molto generico, viene usato per un ampio spettro di tecnologie che riproducono le funzioni intellettuali del cervello umano. In prima approssimazione si può dire che l’intelligenza artificiale si concretizza in due filoni principali che corrispondono ai due modi di intendere l’intelligenza umana.
«Il modo logico deduttivo, considerato ormai classico e ispirato al ragionamento in senso tradizionale. Esso è costruito sul calcolo simbolico che estende quello matematico basato sulla nozione classica di algoritmo, per intenderci quello che usiamo per fare le somme e le moltiplicazioni.
«C’è poi il modo moderno di natura statistico-inferenziale ispirato alla plasticità sinaptica del funzionamento neurologico del cervello, cioè la sua capacità di modificarsi per adattarsi agli stimoli esterni al fine di apprendere.
«Questo, che nella forma di apprendimento automatico profondo (deep learning) è al centro della rivoluzione industriale in corso, è basato sull’utilizzo di grandi database e alta potenza di calcolo. Queste due modalità sono profondamente diverse, la prima è codificata direttamente da noi e in qualche modo esprime, in modo efficiente, tutta e sola l’intelligenza che abbiamo trascritto nel programma.
«La seconda invece estrae piccole conoscenze dai dati sintetizzando l’informazione contenuta in essi. Negli strumenti che ci assistono alla guida della nostra automobile l’AI classica è già in uso nell’impianto frenante, elabora i dati dei sensori di distanza e regola il pilota automatico in molte vetture degli ultimi cinque anni. In alcune vetture l’AI moderna legge i segnali stradali segnalandoli nel cruscotto e, nei modelli più avanzati, può controllare il volante.
«L’AI moderna inoltre ha applicazioni spettacolari che arrivano all’elaborazione del linguaggio umano come nel caso di ChatGPT che l’ha portata alla ribalta.
«Non dimentichiamo infine il suo utilizzo in campo medico, soprattutto nella diagnostica per immagini, dove le performance sono superiori a quelle umane. Questo va dalla personalizzazione dei trattamenti basata su dati genomici e clinici, all'ottimizzazione delle procedure chirurgiche attraverso robot assistiti da AI.
«Permette la gestione automatizzata dei dati sanitari per migliorare la precisione delle analisi e la prevenzione delle malattie basata su dati epidemiologici e genomici. L'IA contribuisce anche alla ricerca farmacologica riducendo considerevolmente i tempi necessari alla scoperta di nuovi farmaci attraverso l'analisi avanzata di grandi dataset.»
 

Quarta e prima di copertina del libro.
 
Nel suo libro «Rivoluzione intelligenza artificiale: sfide, rischi e opportunità», lei riflette anche sul senso di paragonare la cosiddetta intelligenza artificiale a quella umana, ci può spiegare meglio questo concetto?
«Le capacità che l’AI nel suo complesso riesce ad esprimere sono nuove, sorprendenti, e spesso superano, in casi specifici, quelle umane. Dal punto di vista nozionistico per esempio ChatGPT supera la maggior parte degli esseri umani.
«Ma basta poco a capire che pur sapendo molto ha capito veramente poco. Il nostro cervello ha un suo mirabile equilibrio tra logica-raziocinio e percezione-intuito mentre quelle due parti in AI sono separate, distanti e comunicano poco e male.
«L’AI secondo molti degli specialisti che la studiano è sghemba rispetto all’intelligenza umana, è nuova e diversa da noi almeno nel suo attuale stadio di sviluppo. Per il pensiero umano sono inoltre comunemente accettati termini quali coscienza e auto-consapevolezza.
«Da qualche tempo ci si interroga se le macchine parlanti condivano con noi queste caratteristiche ma la domanda è ancora troppo vaga e per certi versi mal-posta perché non abbiamo il linguaggio adeguato per descrivere in modo quantitativo e misurabile quei concetti in relazione alle nuove macchine.»
 
In che modo l’intelligenza artificiale sta influenzando il futuro del lavoro? Quali sono le professioni che potrebbero essere maggiormente colpite e favorite dal suo punto di vista?
«L’arrivo di ogni tecnologia provoca cambiamenti più o meno grandi nel mondo del lavoro. In questo caso si tratta di una vera e propria rivoluzione industriale e dovremo usare la massima cautela nelle fasi di transizione.
«È difficile fare un catalogo dei mestieri a rischio. Qualche anno fa per esempio sembrava che fossero i mestieri legati alla guida di autoveicoli quelli più minacciati, mentre poi c’è stato un forte freno all’adozione della guida autonoma legato soprattutto alla difficoltà di identificare le responsabilità in caso di incidente.
«Dopo l’avvento dei large language models invece si è vista la fragilità dei lavori nel mondo del linguaggio, in particolare giornalisti ma anche programmatori informatici che scrivono in linguaggi di programmazione.
«Non sappiamo ancora bene a quale scossone andiamo incontro ma risulta chiaro che ci sarà una riduzione numerica consistente che deriva dalla possibilità, per ciascun operatore umano, di lavorare con una efficienza molto più grande grazie all’ausilio di strumenti quali ChatGPT.»
 
ChatGPT rappresenta un salto quantico nel campo della comunicazione virtuale, con la sua capacità di comprendere e generare testo in modo naturale, secondo lei fin dove potrà arrivare?
«D’accordo per il salto quantico ma alla parola comprensione premetterei sempre la parola apparente perché non credo si tratti di autentica comprensione nel senso che l’umano attribuisce a quel termine. I metodi di deep learning utilizzati ora vedranno, nei prossimi anni, una enorme versatilità applicativa che verrà declinata in modi che certamente non riusciamo a immaginare ancora.
«Tra le cose prevedibili ci saranno le chat su misura per piccoli gruppi e anche per singoli individui, a condizione che preesista un database sufficientemente robusto in cui fare imparare la rete neurale.
«Ma queste previsioni sono basate sull’ipotesi, inerziale, che la tecnologia non cambi radicalmente quando invece i cambiamenti nel campo sono discontinui e repentini.»
 

 
Quali sono le sfide etiche e sociali associate all’uso dell’intelligenza artificiale? Chi è responsabile degli errori causati dall’IA e come potranno essere definite chiaramente le responsabilità legali e normative?
«AI, così come fece la rivoluzione industriale propriamente detta, è una tecnologia destinata a cambiare il tessuto della nostra società. Per le macchine introdotte nell’ottocento è stato relativamente facile assegnare la responsabilità e tenerla saldamente in mani umane.
«Questo è stato possibile grazie alla possibilità di certificare il corretto funzionamento della macchina. Ora invece ci troviamo di fronte a serie difficoltà nel certificare il buon funzionamento di una macchina intelligente perché il suo numero di parti è così grande che non può essere controllato.
«Tutto ciò fa sì che sta nascendo una nuova entità, un nuovo agente che certamente non è umano ma non è neppure una macchina in senso classico.
«Gli specialisti di etica, quelli di giurisprudenza e di altre discipline sono quindi al lavoro per introdurre nel sistema di regole, di cui la società si dota per funzionare bene, anche un posto per i nuovi agenti.
«L’obiettivo è quello di cogliere tutte le grandi opportunità che AI può portarci e minimizzare rischi e pericoli connessi.»
 
Ad oggi, quali sono le preoccupazioni più comuni o i miti errati riguardo all’intelligenza artificiale che dovrebbero essere chiariti?
«AI è una tecnologia che vive nel reame delle scienze dure che sono la matematica, l’informatica e la fisica. Queste tre discipline non sono certo il pane quotidiano dell’individuo tipico.
«Le informazioni che invece si sono diffuse sin dalla nascita di AI sono quelle della fantascienza, soprattutto quella cinematografica che ha alimentato un po’ le utopie e molto di più le distopie.
«Il pericolo maggiore che vedo è proprio la presenza di rumore intorno ad AI che copre la vera informazione che fa molta fatica a propagarsi.
«È fondamentale quindi informarsi con attenzione da fonti attendibili e vegliare su coloro che prendono decisioni su temi così importanti.»
 
Nadia Clementi – [email protected]
Prof. Pierluigi Contucci https://www.dm.unibo.it/~contucci
 
Video RAI Scuola.