Intervista a Muriel Rouffaneau – Di Nadia Clementi

È la presidente di LISCLEA, associazione lichen sclero-atrofico (lsa), patologia cronica che interessa cute e mucose prevalentemente nell’area ano-genitale

La dottoressa Muriel Rouffaneau.

Il Lichen Sclerosus o Lichen Sclero-atrofico (LSA) è una patologia infiammatoria cronica che interessa la cute e le mucose prevalentemente dell’area ano-genitale; con il Decreto Ministeriale Nº 279/2001 è stato inserito nell’elenco delle Malattie Rare.
Si presenta con maggior frequenza nel sesso femminile dove si osservano due picchi di incidenza: età infantile (prepubere) e postmenopausa.
Nel sesso maschile si osserva maggiormente intorno ai 40 anni.
Il quadro clinico è caratterizzato da papule biancastre confluenti in placche frequentemente ad evoluzione atrofica, talvolta ipertrofica, che interessano le aree anogenitali e meno la cute; occasionalmente nei casi più severi, possono apprezzarsi fissurazioni ed erosioni.
 
Il LSA può causare atrofia tissutale, cicatrici destruenti, deficit funzionali; raramente (nel 4-5% dei casi) può correlarsi ad aumentato rischio di carcinoma squamocellulare (SCC).
Dal punto di vista sintomatologico viene riferito prurito, dolore, bruciore e disturbi urinari. Può rappresentare un disordine invalidante potendo determinare una significativa disfunzione sessuale sia nelle donne che negli uomini.
Nel sesso femminile può indurre significative alterazioni dell’anatomia vulvare con incappucciamento del clitoride e parziale o totale scomparsa delle piccole labbra, mentre negli uomini l’interessamento del frenulo e del prepuzio può portare ad una eventuale progressiva fimosi, fusione del solco balano-prepuziale ed il coinvolgimento del meato uretrale può provocare stenosi dell’uretra.
 
A tutt’oggi è considerata una malattia infiammatoria multifattoriale a probabile eziopatogenesi autoimmunitaria che colpisce maggiormente individui geneticamente predisposti.
Una diagnosi precoce, un trattamento immediato e un follow-up multispecialistico a lungo termine sono fondamentali per la corretta gestione di tale patologia.
Nel 2018 nasce l’Associazione LISCLEA costituita da un gruppo di pazienti che con il tempo si sono accorti della complessità della patologia e del fatto che molti pazienti si chiudono in loro stessi, pieni di vergogne e timori, ignari dei vari percorsi e dei propri diritti, come ad esempio l’esenzione al piano terapeutico.
Per approfondire l’argomento abbiamo intervistato Muriel Rouffaneau presidente di Lisclea.
 

 Muriel Rouffaneau si presenta  
Sono francese e risiedo in Italia da anni. Sono Specializzata in Fitoterapia ed Erboristeria.
Ho avuto la fortuna e il piacere di collaborare per diversi anni all’interno del programma condotto da Sveva Sagramola «Geo» nella rubrica «l’erborista».
Sono ammalata di LS dal 1996 circa.
Le varie difficoltà nel gestire la malattia fisicamente e psicologicamente, mi hanno spinta, assieme ai soci fondatori, a creare l’associazione Lisclea per essere un punto di riferimento per tutti quelli che si approcciano alla malattia dopo anni di ricerca o diagnosi errate e per quelli che sentono il bisogno e la necessità di non essere soli ad affrontare la quotidianità. Si rivolge anche a genitori di piccoli pazienti che spaventati hanno necessità di supporto.

Dottoressa, come si contrae e come si riconosce il Lichen Sclerosus dei genitali?
«Noi siamo una associazione di pazienti informati e malati che cercano di sbrogliare la lunga matassa attorno ad una malattia rara di cui l’eziologia non è ancora del tutto chiarita anche se si parla appunto di autoimmunità e genetica.
«Per questo motivo il come contrarre la malattia non è stato definito, ci vorrebbero ricerche che ad oggi non ci sono, purtroppo! Va specificato che non si tratta di una malattia contagiosa. Questa domanda ci viene posta spesso da malati che temendo un ulteriore disagio hanno bisogno di essere rassicurati.
«Per rispondere alla sua domanda come si riconosce entriamo direttamente al centro del problema, perché molti di noi dichiarano anni di erranza prima della diagnosi definitiva.
«I malati si sottopongono a numerose visite ginecologiche, urologiche e pediatriche, pensando a micosi, o a forme allergiche o eczematose, sentendosi dire spesso che si tratta di problemi psicologici: fasi di stress, come dire lei è solo nervosa/o, non si preoccupi spesso diagnosticati da medici in maniera superficiale che non conoscono la malattia per poterla identificare con certezza.
«Ed è così che la nostra Associazione Lisclea, acronimo di lichen sclero atrofico, ha visto la sua nascita, ed ecco perché il sito Lisclea è come una biblioteca, tra informazioni, interviste e video-testimonianze. Si tratta di una piattaforma informatica molto importante ed infatti molti pazienti ci dicono di aver riconosciuto in loro stessi il lichen, arrivando a volte ad una specie di auto diagnosi consultando il nostro sito.
«Il come si riconosce dipende molto dal medico che si ha di fronte, che in fase di dubbio dovrebbe o potrebbe mandare il paziente in un centro di riferimento accreditato per una conferma diagnostica. Mentre altre volte decidono di procedere loro stessi ad una biopsia cutanea.
«Molto frequentemente succede che la malattia viene trattata a vista sottovalutando gli importanti danni evidenti che può provocare in alcuni malati, come l’atrofia che genera o la scomparsa delle piccole o grandi labbra o l’incappucciamento del clitoride.
«Inoltre c’è un altro dato importante da sfatare rispetto a questa patologia, ossia l’età dei pazienti: è tempo di limitare lo stereotipo della donna in menopausa o l’uomo dei 40 anni perché sempre più chi entra in contatto con noi sono giovani ragazze o ragazzi, donne o uomini.
«Rileviamo dai nostri contatti molte persone impaurite, disorientate, che temono di non poter avere una vita serena o che temono per i loro rapporti di coppia.
«Di fatto questa malattia genera molti fastidi nei rapporti sessuali poiché molto spesso è associata ad una atrofia importante, creando dolore durante i rapporti, o rendendoli, in alcuni casi, a volte impossibili.»
 

 
A quale specialista bisogna rivolgersi per la diagnosi?
«Solitamente le figure professionali specializzate per curare questa patologia sono dermatologi, ginecologi, urologi, chirurghi plastici, fisioterapiste e ostetriche, e infine, forse in modo meno diretto, ma di fondamentale importanza per supportare il malato quando è necessario anche gli psicologi.
«Nulla è semplice con questa malattia rara e cronica, che sia lieve o che sia particolarmente attiva, negli anni lascia dubbi ed innumerevoli cicatrici emotive che si aggiungono a quelle fisiche.»
 
Quali sono gli stadi del Lichen Sclerosus dei genitali è diverso tra uomini e donne?
«La risposta a questa domanda la lascerei alla lettura di un articolo che abbiamo pubblicato sul nostro sito, grazie alla dottoressa Veronica Boero, ginecologa alla Mangiagalli di Milano e che segue i pazienti lichen da anni, classificando la malattia.
«Lo si apre con questo link».

Come si evolve, può degenerare in tumore?
«Sembra che ci sia una casistica del 4%/6%, ma anche questa domanda dovrebbe essere rivolta ad un medico. Ciò che sappiamo è che una diagnosi rapida che certifica la malattia, risulta fondamentale proprio per garantire visite cadenzate e regolari che possono controllare l’evoluzione dello stato della patologia.
«Ciò che talvolta succede è che appena la paziente si sente meglio, non ha più voglia di sentirsi malata ed inizia ad interrompere le visite programmate, il che non andrebbe fatto perché un occhio attento e professionale, assieme alla cartella ed alcune fotografie, possono fare la differenza negli anni.»
 
Come si cura il Lichen Sclerosus quali sono i trattamenti principali?
«Anche questa domanda andrebbe rivolta ad un medico, anzi a più medici, con differenti qualifiche. Da paziente ho notato quanto sia differente per ogni uno di noi, sia l’impatto che l’evoluzione.
«Subdolamente questa malattia per alcuni transita, quasi inosservata, per altri è piuttosto aggressiva, ma, a volte, per diversi crea problemi davvero invalidanti nella quotidianità come atrofia, difficoltà a muoversi, rapporti impossibili, sport impraticabili, abbigliamento da modificare a favore di abiti o pantaloni ampi e mai stretti, e soprattutto applicazioni quotidiane e regolari di creme che siano a base di cortisone o che siano emollienti, in una zona difficile da gestire. Basti immaginare le creme d’estate con l’umidità e il caldo, quanto possano essere poco piacevoli da tollerare.
«Oggi, i trattamenti hanno avuto una significativa evoluzione con la possibilità di interventi sugli esiti cicatriziali con la chirurgia rigenerativa. Poi esistono altre terapie che danno buoni risultati anche se non esiste ancora nessun farmaco specifico per una cura risolutiva. Speriamo davvero che la ricerca inizi ad occuparsi anche di noi e ci dia speranza. Al momento i malati dovranno trovare un loro percorso terapeutico di convivenza che purtroppo durerà per un tempo non ben definito.»
 

Dottoressa Elisa Borrella.
 
Dottoressa Borella in quali casi è previsto l’intervento della fisioterapista?
«Sono fisioterapista esperta nella riabilitazione del pavimento pelvico e in terapia manuale da circa 20 anni. Mi occupo soprattutto di patologie di dolore pelvico come la vulvodinia, la neuropatia del pudendo e il lichen.
«In patologie come il lichen vulvare, si confida in una diagnosi precoce e in un immediato invio alla fisioterapia manuale che deve essere molto precisa e attenta nel dosare forza, velocità e pressione sui tessuti esterni ed interni.
«Questa tecnica manuale rende più morbidi i tessuti, il massaggio richiama sangue e nutrimento, toglie le contratture più profonde e più superficiali. Inoltre rende i tessuti più mobili perché questa patologia tende a bloccare i muscoli del pavimento pelvico.
«Con delicatezza si insegna alle pazienti un auto trattamento con tecniche di massaggio esterno ed interno.
«La terapia manuale, effettuata da fisioterapisti esperti consente di diminuire tutti i sintomi come il dolore e il prurito, toglie l’ipertono muscolare e rende possibile il ritorno ad una sessualità soddisfacente.
«I fisioterapisti specializzati in questa malattia rara posso aiutare molto nella gestione del processo atrofico e dei sintomi ad essa correlati, contribuisce alla remissione della malattia in aggiunta alle terapie disponibili.»
 
Quanto dura il lichen scleroatrofico?
«Dura a vita. Nel senso che può entrare in fase dormiente per anni e risvegliarsi improvvisamente, oppure essere attivo per tanto tempo o non creare quasi nessun fastidio. Tuttavia non te ne liberi mai totalmente.»
 
Ci parli dell’Associazione Lisclea chi siete, dove siete, qual è la vostra mission?
«Lisclea nasce a Roma, nel maggio 2018, quasi un colpo di testa, una determinazione a non rimanere invisibili e cronici contro un muro di silenzio molto pesante.
«Oggi siamo su un gruppo con più di 2000 persone che si confrontano con altre decine di email a settimana di persone che chiedono attenzione e certezze.
«Siamo un direttivo di sei pazienti di tutte le età e di varie professioni che non vivono nella stessa città, anche se la nostra sede è sempre stata a Roma. Ci sentiamo regolarmente tramite incontri online per assemblee e progetti.
«La nostra mission è in primis quella di orientare il malato. Partecipiamo a numerosi convegni per informare medici e pazienti, inoltre divulghiamo l’esistenza della malattia tramite interviste ed articoli.
«Ci attiviamo per far incontrare medici di varie specializzazioni per creare equipe preparate, affinché tra loro ci sia multidisciplinarietà, affinché i malati siano indirizzati nei rispettivi centri di riferimento per un’adeguata terapia comprensiva di un percorso psicologico quando si palesano segni di profonda sofferenza emotiva.»
 

 
Con quali altri Ospedali e Istituti di ricerca collaborate?
«Collaboriamo con i centri di riferimento delle malattie rare che sono accreditati per la nostra patologia. Ma ultimamente notiamo mille difficoltà per arrivare a prendere appuntamenti in tempi brevi e questo per un paziente con malattia dermatologica infiammatoria cronica è molto preoccupante nonché destabilizzante.
«Collaboriamo con psicologi, con fisioterapiste, con pediatri o strutture pediatriche private e pubbliche di varie Regioni d’Italia.»
 
Quanti pazienti si rivolgono alla vostra associazione più uomini o più donne di quale età?
«Sono tante le persone in cerca di diagnosi ma sopratutto in cerca di solidarietà. Molte di loro hanno difficoltà a trovare medici nella propria regione, non conoscono l’iter per arrivare ai centri accreditati e non sanno cosa sia un’esenzione o un piano terapeutico.
«Sono circa un 80% di donne, un 15% di uomini e genitori di bambini, più bambine che bambini.»
 
Quali sono i servizi e iniziative offerte ai vostri iscritti?
«Offriamo prima di tutto la nostra conoscenza, il nostro supporto e il conforto, indichiamo le vie più rapide per arrivare alla diagnosi o alla certezza diagnostica, a volte un soltanto non sei più solo può fare la differenza. Noi come prime pazienti lo sappiamo bene perché all’inizio, quando abbiamo scoperto questa malattia, non esisteva nulla ed era molto angosciante. Infatti lo diciamo spesso: come è possibile che per una patologia simile non ci sia una associazione in ogni regione!.
«Inoltre, per i nostri iscritti ci sono importanti progetti come quello che percorriamo assieme alle psicologhe dell’IRPPI da due anni a questa parte, ossia delle terapie di gruppo su come affrontare questa malattia tanto invalidante e dalle mille sfaccettature per migliorare la vita di coppia o in famiglia (vedi).»
 

 
Quali sono le modalità d’iscrizione alla vostra associazione?
«Basta inviare un’email sulla posta [email protected] e poi verrà inviata una scheda da compilare per associarsi.
«È possibile contattarci anche tramite la nostra pagina pubblica di facebook; https://www.facebook.com/lisclea, e di Instagram https://www.instagram.com/lisclea/?hl=fr, dove si possono trovare tutte le informazioni, articoli, video, commentare e inviare messaggi. In alternativa esiste un gruppo riservato esclusivamente alle persone che soffrono di Lichen Sclerosus accessibile scrivendo alla nostra associazione»
 
Che tipo di preparazione deve avere un volontario che decidesse di far parte della vostra mission? In che modo è possibile contribuire in aiuto alla vostra Associazione?
«Si parla di una malattia che colpisce l’area ano-genitale e nessuno si precipita ad aiutarci come volontari o pochissime persone. Ci vuole tempra e determinazione e non aver timore di parlare di una malattia che potrebbe sembrare apparentemente scomoda ma che impedisce molto spesso una vita emotiva e fisica spensierata. L’unica grande arma che abbiamo è la divulgazione, ossia avere referenti di regione con un occhio attento sui centri di riferimento, sui medici informati in ogni regione, sui congressi ai quali partecipare, su qualsiasi novità si possa trovare in rete e che possa farci capire che ci siano studi, ricerche, novità o aggiornamenti.»

Nadia Clementi – [email protected]
Muriel Rouffaneau  - [email protected]

Per informazioni: www.Lisclea.it  
Per volontari: [email protected]