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Storie di donne, letteratura di genere/ 501 – Di Luciana Grillo

Diana Russo, «Olivia e le altre - la normalità del male nel diario di una magistrata» – Vi si leggono episodi inaccettabili della brutalità del mondo in cui viviamo

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Titolo: Olivia e le altre. La normalità del male nel
            diario di una magistrata

 
Autrice: Diana Russo
Editore: Zolfo, 2023
 
Pagine: 160. Brossura
Prezzo di copertina: € 16,00
 
Diana Russo, da magistrata, si è confrontata spesso con tematiche purtroppo assai comuni, con vittime fragili, costrette, per testimoniare, a parlare davanti a sconosciuti o sconosciute giudici, stagisti, cancellieri, stenotipisti, avvocati/e… mettere in piazza la propria sofferenza, gli abusi subiti, i maltrattamenti deve essere un’esperienza durissima.
La magistrata vuole capire, vuole andare a fondo, vuole comprendere vittime e (se è possibile) carnefici, trovando la conferma, in situazioni scottanti, che le donne sono in genere forti e tenaci.
 
Oppure sono fragili perché non hanno conosciuto altro che violenza e dunque pensano che il comportamento del padre, del fratello, del marito o del compagno sia comunque una forma di amore, anche se violento e possessivo.
A volta, queste vittime temono di «tradire» se parlano con estranei, o si vergognano, si chiudono in se stesse e rifiutano qualsiasi aiuto.
Diana Russo ricorda i suoi incontri con queste donne quando era all’inizio della carriera, probabilmente un po’ insicura.
 
Perciò vuole che l’affianchi una psicologa: i casi di cui si occupa sono i più diversi, da Rosalia, vittima di incesto, a Queen, studentessa «Erasmus» arrivata a Palermo dalle Canarie, che denuncia il tentato stupro ed è costretta, il giorno dell’udienza, «a rendere la propria testimonianza al cospetto del suo aggressore» perché «il giudice, malgrado le mie sollecitazioni, non ritiene di utilizzare alcuna forma di protezione, neppure un paravento. Sono maggiorenni, dice».
 
Tra una storia e l’altra, si capisce che l’autrice chiama in causa i giudici, le case-famiglia gestite anche da privati - e quindi con fini di lucro - e i genitori di ragazzini e ragazzine che, già a 11 anni, si truccano pesantemente, indossano jeans attillati, con il solito ombelico all’aria, raccontano agli amici le loro precoci esperienze sessuali e fanno videochiamate hard.

I bambini sono vittime spesso inconsapevoli, sono testimoni di violenza, sono strumenti che un genitore usa per ricattare l’altro, sono nipoti di nonni che per proteggerli a volte imbracciano un’arma; gli adolescenti invece sono indotti a scelte sbagliate da persone di cui si fidano, anche da sacerdoti che in cambio di favori sessuali e del silenzio, regalano ricariche telefoniche o da zii solo apparentemente affettuosi; e le donne? Maltrattate, insultate, definite dai loro compagni buone a nulla, eppure pronte a tacere, «per il bene della famiglia».
 
Ma non ci sono solo queste storie nel diario della magistrata, c’è la presenza di genitori che obbligano i figli a spacciare e, in caso di rifiuto, li picchiano selvaggiamente o procurano loro ustioni da bruciatura di sigarette.
Potrei continuare ancora, i casi di cui scrive l’autrice sono complessi, fanno entrare noi lettrici e lettori in mondi diversi, come quello della prostituzione, in cui le donne costrette a prostituirsi sono controllate e punite se rifiutano questa imposizione.
Se poi queste donne sono anche diversamente abili, sono vittime due volte…
 
Mi fermo qui, i casi raccontati dalla magistrata sono un esempio della brutalità del mondo in cui viviamo, dove persino un tatuaggio può essere imposto e diventare «prigione, possesso, sottomissione».
 
Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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