Storie di donne, letteratura di genere/ 449 – Di Luciana Grillo

Silena Santoni, «Volver» – Un racconto che coinvolge chi legge, la sua prosa è scorrevole e chiara, la storia intrigante, il sapore della verità forte

Titolo: Volver
Autrice: Silena Santoni
 
Editore: Giunti Editore, 2022
Genere: Narrativa contemporanea
 
Pagine: 372, Rilegato
Prezzo di copertina: € 18
 
Ho già letto e recensito in questa rubrica un romanzo di Silena Santoni, Piccola città. L’autrice allora aveva raccontato una storia interessante i cui protagonisti si innestavano in una vicenda realmente accaduta: dunque vero e verosimile che si affiancano e si sovrappongono, grazie all’abilità dell’autrice che, dopo essersi documentata, ricostruisce i tempi drammaticamente turbati dal terrorismo.
Leggendo “Volver” ci spostiamo in Argentina e troviamo protagonisti coinvolti a vario titolo in operazioni poliziesche, in atti di terrorismo, durante un momento storico che dall’affermarsi della dittatura si avvia alla democrazia, passando per tragedie come quelle dei desaparecidos e per la guerra (perduta) delle isole Malvine.
 
La protagonista di Volver è Martina, giovane studentessa di Giurisprudenza, di famiglia con origini friulane, bionda e delicata, con gli occhi azzurri.
Insieme a lei incontriamo i suoi genitori, affettuosi e moderni, gli amici, il console, e Juan Fernando Insolito, il tanghèro di cui si innamora… Fin dalle prime pagine, possiamo intuire come questo amore andrà a finire.
L’autrice si sposta indietro nel tempo, entriamo in una sala di milonga dove si balla il tango degli argentini (non quello per i turisti) e Martina inizia a ballare: «il flamenco si fa tango, diventa canto struggente della nostalgia. I corpi si studiano, si attraggono, si respingono… Un cerchio immaginario, tracciato intorno a loro sul pavimento, che li isola dal resto del mondo. Martina si abbandona, chiude gli occhi…».
 
Intanto le violenze in città aumentano, e con esse le scomparse e le denunzie dei familiari: «Ma in Argentina non esistevano più diritti e i pochi avvocati che avevano cercato di difenderli erano stati a loro volta arrestati o trucidati nei modi più barbari».
A Buenos Aires, quando all’angolo di una strada si vedeva una Falcon verde, si aveva paura; se poi l’auto si trovava presso la propria casa, la paura cresceva.
Così capita ad uno degli amici di Martina, Felipe, che cinque uomini scesi dalla Falcon strappano dal suo letto con inaudita violenza: «Le iridi si rovesciano all’indietro, il dolore è così forte che quasi non fa male. Si piega su se stesso, l’uomo lo tira per i capelli, gli solleva il viso e gli sferra un altro colpo sull’occhio sinistro».
 
Un altro amico, Alejandro, è costretto a fuggire e vuole convincere anche Martina a seguirlo in Italia: «Si trattava di barattare una città, un Paese, un mondo, il suo mondo, con due torrioni di pietra… cugini sconosciuti che vivevano a Bologna… Fu colto dalla nostalgia dell’esule prima ancora di diventarlo».
Jorge, giovane, biondo e con gli occhi azzurri, vive tranquillo, con genitori amorevoli e nonni affettuosi: «Avevo otto anni, come potevo sapere che mentre conducevo la mia esistenza spensierata era terminata una dittatura feroce…? Un popolo senza memoria non è un vero popolo. L’ho capito solo quando insieme alla perdita della memoria collettiva si è persa anche quella della mia identità… Io sono Jorge, ma di sicuro alla nascita mi fu dato un altro nome, Cabrera, un cognome preso a prestito, nato nel 1978, a giugno? A luglio? A settembre…?»
 
E mentre si comincia a parlare di voli della morte e di desaparecidos, in plaza de Majo, davanti alla casa Rosada, sfilano le madri e le nonne che chiedono di sapere dove sono finiti i loro figli e quali famiglie hanno adottato i loro nipoti.
Fra tante donne dolenti sfila anche Franca, la mamma di Martina… «Quando l’attesa è priva di scadenza scava solchi nella mente, diventa ossessione. Quando l’attesa è priva di scadenza, chi attende vaga nella terra del niente alla ricerca di una certezza qualsiasi… colui che è assente fisicamente è presente costantemente nel pensiero».
Passano gli anni, o tornano indietro, dal 1978 al 1990, e poi al 1982. Franca aspetta, si aggrappa a lievissime speranze, «ci sono minuti che durano secoli. Minuti in cui il cervello si blocca e si rifiuta di prendere atto dell’evidenza…».
 
Solo Juan Fernando conosce la verità e fugge lontano, dalla Patagonia alla Norvegia, poi ritorna, ritrova la sua città cambiata, il suo quartiere – il Boca – invaso dai turisti, ma nessun luogo ormai fa per lui.
Ancora una volta, Santoni coinvolge chi legge, la sua prosa è scorrevole e chiara, la storia intrigante, il sapore della verità forte.
Certamente si è documentata con cura: ho letto alcune testimonianze di sopravvissuti argentini e uruguayani e devo dire che nelle pagine di Volver ho trovato la stessa disperata autenticità.

Luciana Grillo – [email protected]
(Recensioni precedenti)