Il Cammino portoghese/ 3 – Di Elena Casagrande
Fatima è in festa e dopo una giornata trascorsa al Santuario, tra riti e incontri inaspettati, ripartiamo per Tomar, sede dello splendido Convento del Cristo
Nei pressi di Giesteira.
(Puntata precedente)
Partiamo all’alba, senza colazione, per arrivare a Fatima il prima possibile
Alla partenza da Minde non c’è nulla di aperto, come a Covão do Coelho, dove davanti al ristorante c’è un ragazzo che sta innaffiando dei vasi di fiori.
Ci guarda e ci dice: «Vi apro e vi preparo la colazione, perché non troverete nulla fino a Fatima».
Lo ringraziamo e non solo dei caffè e dei dolcetti. Comperiamo anche dell’acqua per la tappa e ci rimettiamo in marcia, tra gli alberi di eucalipto, in mezzo ad un parco eolico che sfiora il paese di Giesteira.
Ad un certo punto, in lontananza, ci appare una cittadina bianca, sulla collina di fronte. Sarà Fatima? Pensiamo di sì. Arrivarci, però, non è facile, specie per il tratto di strada, pieno di camion e tir. Finalmente scorgiamo i tetti delle prime case. Ci meritiamo una pausa coca-cola e tonica da “O Tiño”. Ora, dalla spianata del Santuario, ci separa solo la nazionale.
Davanti al Santuario di Fatima.
La deviazione a Fatima ci ha regalato un incontro inatteso
«Ecco, ci siamo», esclama gioioso Teo. Il Recinto de Oração (ovverosia il Piazzale della Preghiera) è davvero enorme e ci “abbraccia” con la Chiesa moderna della Santissima Trinità e il suo portale degli Apostoli. Noi, ovviamente, cerchiamo subito San Giacomo.
È la cosiddetta «deformazione pellegrina». Il nostro Santo è raffigurato a Tiberiade, nel momento della chiamata ed è sempre il più prestante degli Apostoli.
Neanche il tempo di attraversare il Piazzale diretti alla Basilica che ci viene incontro un signore vestito di scuro.
Ci domanda: «Siete italiani? Venite con me!»
«Deve avere un radar! Cosa vorrà?», – sussurro.
Proviamo a stargli dietro, visto che corre. È diretto alla Casa del Giovane.
Si presenta. Lui è padre Cesare dei Servi del Sacro Cuore di Maria e così, su due piedi, ci fa una splendida catechesi sul “senso” di Fatima e sul significato della preghiera e del sacrificio per la salvezza dei peccatori.
«Se l’hanno fatto dei bambini (i tre pastorelli di Fatima), potete farlo anche voi! Ricordatevi la pratica dei primi Sabati del Mese.»
Ci lascia dandoci la benedizione. Non so come e perché, ma padre Cesare ci stava aspettando.
La Via Bianca.
Molti portoghesi festeggiano qui il 13 agosto, data della quarta apparizione
All’Accoglienza Pellegrini ci stampano o carimbo (il timbro) sulla credenziale e ci danno i ticket per la mezza pensione a São Bento Labre.
Potremmo starci anche due giorni, ma - in cammino - si fatica ad accettare l’idea di fermarsi. Riusciamo a partecipare al Santo Rosario, che è in diretta-tv, alla Cappellina delle Apparizioni e a fare la Via Bianca.
Anche con le protezioni le ginocchia sanguinano un po’.
Intanto i giardinetti attorno alla Basilica cominciano a esser presi d’assalto da fedeli/campeggiatori, più o meno attrezzati.
Occupano tutto: parcheggi, tavoli e panche del parco. Chi ha la tenda, chi tira dei teli antipioggia, creando delle verande fai da te ai cui lati appendono dei sacchi pieni d’acqua.
L’atmosfera è gioiosa. Fra poco sarà il 13 agosto, data della quarta apparizione e molti portoghesi sono qui per l’occasione.
Alla Cappellina, davanti alla Madonna cara a Giovanni Paolo II, bruciano incessantemente le candele, tra nardi e rose.
Per cena andiamo a provare la zuppa del pellegrino, ma non ci sazia. Fuori dalla zona del Santuario ci sono mille ristorantini e negozi di souvenir. Anche se può sembrare indelicato, vista la minestra offerta, ci andiamo.
Con empanadas (panzerotti), baccalà e pollo alla brace si mangia per davvero.
E, con lo stomaco pieno, faccio pure shopping: statuine e medagliette per chi è a casa.
O tabuleiro.
Dal 2015 è stato segnato il Cammino Nascente da Fatima a Tomar
Si parte molto presto, dopo la prima Messa, diretti a Tomar. Attraversiamo piccoli paesini, spesso senza servizi, che si susseguono senza soluzione di continuità.
Dopo un lungo un poligono industriale, dove è facile perdersi, arriviamo a Lagoa. Qui si devia per Assentiz.
Da qualche anno gli Amici dei Cammini di Fatima hanno segnato il Cammino Nascente Fatima – Tomar, che passa nella sierra e che, alla fine, costeggia l’antico acquedotto del Convento templare.
Purtroppo nel 2011 ci tocca un altro tragitto. Tomar è davvero graziosa, con la Piazza della Repubblica, la Chiesa di San Giovanni Battista e la Sinagoga.
Quello che aspetto da tempo, però, è il Convento del Cristo. Ci saliamo dopo un giretto tra le vie del centro. Nelle vetrine dei negozi troneggiano i tabuleiros, vassoi che le ragazze portano in testa, formati da strati di 30 pagnotte, papaveri e spighe di carta crespa, alti quanto le rispettive portatrici.
Ogni 4 anni la Festa dos Tabuleiros ricorda la distribuzione del pane ai poveri, rituale della Confraternita del Santo Spirito, istituita dalla Regina Isabella del Portogallo, anche lei pellegrina a Compostela.
Il Convento del Cristo di Tomar.
La sola visita al Convento templare di Tomar merita il viaggio
Il Convento templare di Tomar merita da solo un viaggio in Portogallo. Sono stupefacenti i suoi chiostri e, in particolare, quello del Cimitero, quello del Lavagem (ove si lavavano le vesti dei monaci) e quello da Micha (ove si distribuivano le pagnotte ai poveri).
Ma ciò che impressiona di più è la Charola, la Chiesa del Convento, a 16 lati e dal cuore ottagonale, ad imitazione del Santo Sepolcro.
Si dice che i Cavalieri potessero partecipare alla Messa stando a cavallo. Belle anche le celle dei monaci-cavalieri coi corridoi pieni di azulejos blu, le cucine, il refettorio e la mitica janela (finestra) manuelina coi suoi decori a tema marinaresco.
A differenza degli altri Paesi europei, qui, grazie alla protezione dei Re Portoghesi, l’Ordine del Tempio sopravvisse col nome di Ordine del Cristo, anche dopo lo scioglimento deciso dal Papa Clemente V e dopo la condanna al rogo del Gran Maestro Jacques de Molay, voluta da Filippo IV di Francia.
Tutto parla dei Cavalieri: in primis la croce templare rossa, che campeggia ovunque, anche sulle maniglie delle porte della moderna caffetteria.
La Chiesa di Alvaiázere.
Le sugherete, tra oliveti e vecchie macine, scandiscono i nostri passi
Matteo guida l’uscita mal segnata da Tomar. Attraversato un antico ponte in pietra ci troviamo tra i boschi, in un continuo sali-scendi fino a Casais.
Il bar è chiuso, ma, poco dopo, a Soianda, facciamo una ricca colazione a base di caffelatte e queijada de leite (un mix tra una cheese-cake e un creme caramel).
Dal paese parte una salita del 10% sino a Calvinos. L’alimentari del posto è preso d’assalto da escursionisti locali, quasi come fosse l’ultimo avamposto prima della frontiera.
Anche io mi faccio prendere dalla frenesia e acquisto prosciutto cotto e formaggio. Il pane lo recupero alla panetteria ambulante.
Pranziamo sotto un albero, a Vila Verde. I fichi selvatici sono dolcissimi. Poco dopo incrociamo la nazionale. Da qui si fa strada, ma è comunque piacevole per le sugherete e gli oliveti che la affiancano.
Passiamo per Cortiça, preceduta da una lunga fila di vecchie macine per l’olio e, poco dopo, arriviamo ad Alvaiázere («terra dei falconieri», dall’arabo). In paese c’è la sagra.
Stasera si ballerà, tra i festoni colorati, stile Messico. In un tendone, per cena, offrono ogni ben di Dio: sardine alla griglia, gallo al curry, frango de churrasco (pollo alla brace), migas (pane fritto a tocchetti) con sardine, cavolo cappuccio e lupini.
Prendiamo tutto!
Elena Casagrande
(La quarta puntata del Cammino portoghese sarà pubblicata mercoledì prossimo 21 dicembre)
Querce da sughero lungo la via.