Sul cammino di San Benedetto/ 3 – Di Elena Casagrande

Seguendo il fiume Aniene arriviamo al Sacro Speco e a Santa Scolastica, sopra Subiaco, dove San Benedetto rimase 30 anni, per proseguire poi tra i Monti Ernici

Il mio pediluvio nel Giardino dei Cinque Sensi.
(Link alla puntata precedente)

 
Neanche il tempo di uscire dal B&B che un paesano ci presenta Chiara.
«È una pellegrina come voi. Camminate insieme», – dice, Come fosse facile, penso!
Teo è «in call» e sta già lavorando al telefonino: non possiamo «correre».
Chiara, invece, è lanciata!
«Ci vediamo più avanti», – le dico.
Non ha senso cambiare i ritmi. Siamo nel Parco dei Monti Lucretili. I sentieri, quando non sono sterrati, sono invasi dalla vegetazione.
È dura scollinare. Ma piano piano arriviamo a Civitella di Licenza.
A fianco del cammino c’è il Museo dell’Aquila Reale: entriamo.
Pochi si fermano. Il custode, Francisco, è cileno. Gli parliamo in spagnolo. Lui ci augura buen camino e ci preannuncia il Giardino dei Cinque Sensi. Come per miracolo, poco dopo, mi si presenta davanti, nel bosco, una cascatella con una piccola vasca di acqua trasparente.
Ne approfitto e mi godo uno splendido pediluvio.
In breve raggiungiamo Licenza. Il bar è affollato e vende panini confezionati. Se li mangino loro!, dico a Teo. Cerco qualcos’altro. Trovo un forno-rosticceria. Focaccia al pomodoro e cicoria ripassata: questo sì è cibo fresco e locale!
 

Nel Parco dei Monti Lucretili.
 
 Tra questi monti e valli scorre l’acqua che alimenta le fontane di Roma  
Qui vicino c’è la Villa di Orazio. Peccato essere a piedi e non avere tempo per la deviazione. Dopo Pian di Papa è il momento delle Olimpiadi al telefono, con mio fratello. Tocca alla staffetta 4X100 metri ed è un altro oro per l’Italia: la nostra formula porta bene! A Mandela, poco sotto, ci fermiamo al bar del campetto di calcio, dove incontriamo un campione di karate degli anni ’60, che ci mostra le sue vecchie foto. Rinfrescati scendiamo verso Vicovaro.
La Tiburtina Valeria è trafficata, ma bisogna percorrerne un tratto fino all’Oasi Francescana, dove alloggiamo.
È dopo San Cosimato, all’interno di un ex convento. Su prenotazione si possono visitare gli eremi dei monaci e gli acquedotti romani dell’Acqua Claudia e dell’Acqua Marcia, che da quasi 2.000 anni portano l’acqua a Roma.
Dormono qui anche i 12 pellegrini di Desenzano. Nel giardino hanno 3 macchine d’appoggio e camminano leggeri, con piccoli zainetti… D’altronde hanno una certa età e si possono capire!
C’è anche Matteo, il milanese. Da domani camminerà lui con Chiara che, pare, dorma a Mandela.
La cena viene servita nel refettorio, su tavoli separati, causa Covid.
 

In cammino lungo il fiume Aniene.
 
 A Subiaco San Benedetto rimase trent’anni, compiendo molti miracoli  
Dopo un brutto tratto su asfalto, finalmente si entra nel bosco, costeggiando il fiume Aniene. Sembra una via verde, tra gente che si allena e i ristori di Marano Equo e Agosta. Al Gladiatore c’è il frate visto ieri all’Oasi Francescana. Si sta mangiando un panino. Ha le gambe tumefatte e sanguinanti.
«Tutto bene?» – Gli chiedo.
«Sì, sì, niente di grave. Sono caduto!» – Mi risponde sorridendo. Io, sinceramente, sono preoccupata.
Ma lui insiste. «È tutto o.k.»
Vicino al fiume sostano anche i pellegrini di Desenzano.
L’afa non dà tregua e Subiaco sembra non arrivare più. Finalmente ecco la Rocca dei Borgia, in cima al paese.
Ora manca poco per Santa Scolastica. Attraversato l’Aniene dal Ponte di San Francesco, riprendiamo la strada fino alle rovine della villa di Nerone e poi saliamo.
Ci aspetta una delle mete-simbolo di questo pellegrinaggio: il Sacro Speco, ove San Benedetto stette per buona parte della vita, compiendo miracoli, nonostante la diffidenza e l’invidia del chierico Fiorenzo.
 

Il Sacro Speco sopra Subiaco.
 
 Tra matrimonio e Covid la visita al Sacro Speco è limitata alla Chiesa inferiore  
All’albergo foresteria di Santa Scolastica ci facciamo una doccia veloce, ansiosi di vedere il complesso.
Cominciamo dal Sacro Speco, che raggiungiamo inerpicandoci nel bosco, tagliando i tornanti per le auto.
C’è un matrimonio e la Chiesa Superiore è interdetta. In attesa di scendere a quella inferiore chiacchieriamo con il gruppo di Desenzano e veniamo a sapere che il loro cammino, quest’anno, finisce qui. Gli affreschi dei miracoli di San Benedetto meritano sempre ed è toccante la grotta in cui San Benedetto rimase per 3 anni in eremitaggio.
Purtroppo mi dicono che anche il celebre affresco di San Francesco è escluso dalla visita: lo spazio è angusto e vanno evitati gli assembramenti.
Peccato, lo avrei rivisto volentieri! Ringraziata la guida Fabiana, scendiamo al monastero Santa Scolastica.
Splendidi il suo chiostro cosmatesco e quello gotico e stupefacente la sua torre campanaria del XII secolo.
Qui ebbe sede la prima tipografia italiana, grazie a dei monaci di Magonza, allievi di Gutenberg, che si trasferirono a Subiaco.


La torre campanaria del Monastero di Santa Scolastica.
 
 Dalla cascata di Trevi si deve proseguire su strada per il crollo di un ponte  
A Trevi nel Lazio, gli alberghetti per pellegrini «a donativo» (a offerta libera), in centro, sono tutti prenotati. Ci saranno i bresciani, penso! Ma tant’è: noi finiremo la tappa oltre il paese.
Poco prima della cascata di Trevi non si può più percorrere il cammino, perché è interrotto per il crollo del ponte sul Simbrivio.
Arriviamo, su strada, al sentierino per la cascata. Teo va a vederla, io lo aspetto.
Consiglio alle signore con infradito o sandali col tacco di non scendere, perché in pochi minuti ne ho viste cadere almeno 5.
Quando Teo risale ordino due panini con porchetta al food truck parcheggiato lì davanti. Il panino è eccelso e ci concediamo il bis.
Proseguendo su asfalto scorgiamo, dall’alto, un’area pic-nic lunga almeno un chilometro, dotata di postazioni barbecue.
Di lì a poco si arriva a Trevi, dove facciamo un bancomat e ci beviamo una tonica, prima di scendere all’Ostello Mordani.
 

Teo all’Arco romano di Trevi.
 
 A cena arrivano anche i bresciani con l’hospitalera dell’albergo a donativo  
Nel pomeriggio la struttura propone gite a cavallo, mentre la sera l’atmosfera è meno rustica.
Il ristorante offre tagliatelle al tartufo, agnello scottadito e altre prelibatezze, tra luci soffuse.
In una tavolata in giardino scorgiamo il gruppo dei bresciani. Loro non ci hanno visti. Hanno invitato a cena la signora dell’ostello in centro paese.
Quando arriva il cameriere vediamo il loro modus operandi.
La bionda guarda il ragazzo e gli fa: «Sai, domani mi hanno detto che c’è salita all’uscita. È che io… ehm… la salita proprio non la sopporto. Mi ammazza!».
«Ma che problema c’è signora – le fa il ragazzo – vi porto io con la macchina, almeno fino all’altezza dell’Arco. Ecco questo è il mio numero di cellulare!»
«Anvedi», – dico a Teo.
A Poggiobustone li abbiamo visti arrivare in auto, con Feliciano, ma, a quanto pare, domani partiranno pure… in auto!


La radura prima di Guarcino.
 
 Nel cuore della Ciociaria troviamo paesini davvero graziosi e ben conservati  
Aspettiamo le 7 per fare colazione. Dal giardino arrivano delle voci. Ecco… c’è il gruppone dei bresciani, sceso dal paese.
«Scusa, – dico al cameriere. – Ma ieri mi hai detto che potevate darci la colazione solo dopo e sette e poi questi ospiti stanno già finendo?»
«Ma loro sono pellegrini», – mi risponde.
«Anche noi», – sottolineo.
«Ah, io avevo capito che stavate facendo il Sentiero dei Lupi! Poi ieri avete ordinato alla carta… Non avete preso il menù dei pellegrini!»
Ma cosa ti sei fumato, penso!
Vabbè: facciamo colazione e riprendiamo a camminare.
Dopo il ponte di San Teodoro si sale, di brutto, nel bosco.
L’arco romano della dogana, che finalmente vediamo dopo un’ora e mezza di marcia, stupisce per la sua mole. Dall’arco si sbuca in una prateria popolata da mucche bianche e cavalli.
Poco dopo arriviamo al Santuario della Madonna delle Grazie, dove alcuni artigiani stanno sistemando la Via Crucis. Di lì manca poco a Guarcino.
È un bel borgo, con angoli medievali. Ci timbra la credenziale il proprietario di Leon Art (una galleria di quadri), che sta dando del becchime ai piccioni.
Dopo aver gustato il famoso pasticcino, l’amaretto di Guarcino (si dice che fu proprio S. Benedetto a lasciare qui la ricetta), riprendiamo uno sterrato per Vico nel Lazio, dopo aver incontrato uno stabilimento di acqua minerale.
 

Vico nel Lazio.
 
 Su questa via c’è chi si approfitta degli Amici del Cammino di San Benedetto  
Vico mi sorprende per la sua bellezza. La signora Vincenza, che si sta prendendo un caffè in piazza e che, solitamente, vive a Fiumicino, pur essendo originaria di qui, ci mostra la Chiesa di San Michele Arcangelo e quella di Santa Maria con la Cripta.
La fontana è un tutt’uno con la pietra dei suoi palazzi. Meravigliose le sue mura: ricordano quelle di Carcassonne.
Chiacchieriamo volentieri, ma, purtroppo, dobbiamo ripartire.
A Collepardo suoniamo il campanello del nostro B&B, la «Corte di Ivi», ma nessuno ci apre. Un passante che ci vede davanti al portone dice che arriveranno presto ad aprirci.
«La signora è andata a prendere dei pellegrini sul cammino.»
«Ma daiiii, ancoraaaaa!» – Sbottiamo Teo e io.
Vabbè. Invece che sotto la doccia, siamo in strada, ad aspettare… il gruppo… che sta facendo Pechino Express! In Ciociaria!

Elena Casagrande
 
(La quarta puntata del Cammino di San Benedetto sarà pubblicata mercoledì prossimo 16 novembre)

Collepardo.