Sul cammino di San Benedetto – Di Elena Casagrande
Da Norcia a Montecassino, 300 chilometri percorribili in due settimane, passando dai luoghi-simbolo della vita del Patrono d’Europa
Uno dei tanti cartelli sul Cammino di San Benedetto.
È l’estate del 2021. Sembra che il Covid sia sotto controllo, ma con Teo decidiamo comunque di non andare all’estero, per evitare problemi di quarantena lontani da casa. Anche quest’anno si sta in Italia.
Nello zaino abbiamo due credenziali: quella del Cammino di San Benedetto con la guida di Simone Frignani edita da Terre di Mezzo e quella del Cammino di San Tommaso. Forse faremo due cammini.
Partiamo in auto. All’area di sosta di Orte ci beviamo un caffè.
Ci sono anche Tommaso e Alessandro di Temptation Island: loro molto fashion, noi già in abiti (in tutti i sensi!) pellegrini.
Lasciamo la macchina a Terni. Da lì prendiamo il treno per Spoleto, dove troviamo 39 gradi all’ombra. Alloggiamo dalle Suore di San Ponziano.
Il sig. Giuseppe, un volontario innamorato della Chiesa, ci illustra la cripta coi suoi affreschi tre-quattrocenteschi: la Madonna in trono, il Cristo su croce a ypsilon e il San Michele Arcangelo.
Ci consiglia anche il ristorante per la cena. Le bruschette miste, gli strangozzi fatti a mano e l’agnello scottadito de La Lanterna ci ricordano i vantaggi di camminare nel Belpaese.
La Piazza San Benedetto a Norcia.
A Norcia iniziamo a fare quello che ci riesce meglio: camminare insieme
All’alba parte il bus per Norcia. Lì, nel 480, nacque San Benedetto. In piazza ci scattiamo una foto, davanti alla sua statua e gli affidiamo i nostri passi.
Dal terremoto del 2016 nulla è cambiato: la Basilica è crollata e la sua facciata è ancora ingabbiata dalle impalcature. Niente benedizione canonica. Un cappuccino all’Hotel da Benito e… via! Usciamo da Porta Ascolana, diretti verso la Piana di Santa Scolastica.
Nei pressi di Popoli, dove un cartello avverte di non farsi male (perché qui non c’è né ospedale, né cimitero!) vediamo, da lontano, sotto un noce, delle macchie colorate. Sono pellegrini. Li salutiamo. Non sarà un cammino solitario, dico a Teo.
Dopo Piediripa cominciamo a salire tra boschi e campi gialli. Pranziamo a Fogliano, da Ginetto: gnocchi al tartufo e salsicce.
Siamo o no nella patria della norcineria? Intanto mio fratello Ale ci aggiorna sui risultati delle Olimpiadi di Tokio.
Nel pomeriggio, dopo un tratto in salita, arriviamo a Cascia.
Le scale mobili ci portano nei pressi del Santuario.
Segnavia sul Cammino di San Benedetto.
Prima di entrare in chiesa, da Santa Rita, ci avvolge un intenso profumo di rose
Chiamo Teo, perché voglio andare con lui da Santa Rita e, d’improvviso, sentiamo un’ondata di profumo di rose. Sembra quasi un segno. Con rispetto entriamo in Basilica. In fondo intravedo il profilo nitido e sereno di Santa Rita, nella teca di vetro. Ripensando alla sua vita di donna, moglie, madre e… santa, mi emoziono.
A Cascia alloggiamo all’Hotel Le Rose. Neanche il tempo di uscire dalla stanza che mi si rompono le crocs.
Nell’unico negozio di scarpe del centro, compero quello che trovo… un paio di infradito enormi! Visitiamo la Chiesa di Sant’Agostino. I colori delle sue pareti affrescate sono spettacolari.
Dall’alto si vedono le casette SAE (i prefabbricati antisismici) e il pensiero va agli amici di Illica, conosciuti l’anno scorso incrociando, da Assisi, il cammino delle Terre Mutate.
La tomba di Santa Rita nella Basilica di Cascia.
Roberto del Bar Leone ci accoglie con calore: lui aspetta i pellegrini
Piove, per cui partiamo tardi, tra i boschi, per Roccaporena. Il tratto per il «Sacro Scoglio» è su strada.
Compero una rosa per Santa Rita e la lascio davanti alla stanza dove nacque. Poi visitiamo la casa maritale e la Chiesa di San Montano, dove si sposò.
Anche se sarebbe bello fermarsi qui, dobbiamo ripartire. Intanto Internet non prende e c’è la finale dei 100 metri! Ci videochiama Ale, per farcela vedere in diretta, inquadrando la sua tv!
Urliamo tutti come pazzi, con il telefono che ci trema in mano ed i piedi scalpitanti, per quei pochi secondi: Orooooooo!
Con le lacrime affrontiamo l’ultima salita per Monteleone di Spoleto, un borgo longobardo, diviso in terzieri, famoso per la biga etrusca. In paese c'è una copia: l’originale è al Metropolitan a N.Y.C.
In centro andiamo da Roberto, il proprietario dell’unico bar: il «Leone dell’Appennino». Ci saluta gioioso. Appena nota i miei orecchini giacobei a forma di conchiglia, mi mostra orgoglioso l’architrave di quella che fu la Chiesa di San Giacomo (oggi un Frutta e Verdura), proprio davanti al suo esercizio.
Reca inciso il motto templare: «Non nobis domine, sed nomine tuo». Ci illustra il suo paese.
Possiede anche un B&B, ma è occupato.
«Ci sono sei bresciani, – ci dice. – Mi spiace, avrei parlato volentieri ancora con voi.»
«Anche a noi spiace», – rispondiamo.
Con Roberto a Monteleone di Spoleto.
Il fascino di queste terre, riscoperte grazie a questo cammino, ci sorprende
Decidiamo di allungare verso Villa Lucci. «Staccheremo» il gruppo dei sei e avremo più possibilità di pernottare nei piccoli agritur! Percorsi 6 chilometri, dopo una pausa a Ruscio, entriamo nel paese.
Chiedo informazioni sul B &B «Antica Macina» a un vecchietto seduto in giardino.
«Non esiste qui.» – Mi gela.
Aspetta, fammi pensare… come era il nome che mi aveva detto Roberto?
«Cerchiamo Fausto!»
«Ah, da Fausto andate? 500 metri avanti.»
Meno male: abbiamo un tetto sulla testa.
L’indomani riprendiamo diretti a Leonessa, da dove saliremo sul Monte Terminillo.
Lì ci rifocilliamo con una colazione abbondante e timbriamo la credenziale.
Dopo qualche chilometro sulla strada asfaltata, arriviamo ai prati di San Bartolomeo, un vasto altopiano color senape.
Ci riposiamo vicino all’unico faggio della distesa. È pieno di coccinelle. In lontananza mucche bianche e mandrie di cavalli.
Dopo il cippo di confine tra Stato Pontificio e Regno di Napoli si scende verso la fonte Petrinara, piena di sanguisughe, finché il sentiero si fa ripido.
Non vedo l’ora di arrivare al Convento di San Giacomo.
Segnaletica del Cammino sul Terminillo.
Quando ti aspetti le feste e, invece, ti becchi una doccia fredda
Al convento, da una finestra, si affaccia un frate. Deve averci sentito chiacchierare. C’è anche un pellegrino di Milano, visto a Ruscio la sera prima. Lo salutiamo sorridenti.
«Siamo pellegrini, possiamo timbrare le credenziali?» – Gli chiedo, tutta gasata per aver raggiunto uno dei quattro santuari della Valle Santa (dedicato, tra l’altro, al mio Santiago!).
Di tutta risposta ci grida: «Ma cosa credete, che sia un ufficio postale? Sempre a pretendere voi pellegrini!»
Rimaniamo tutti e tre basiti. Noi eravamo così contenti...
Quando si rende conto del modo in cui ci ha accolti, ci dice: «Dai, ricominciamo!»
E, sforzandosi, ci mostra la Chiesa. Ci confida che è agitato.
Stasera, in convento, si inaugurerà una mostra e lui interpreterà, in una pièce teatrale, San Francesco.
«E per fortuna che farà San Francesco!» – Penso.
Poggiobustone e la Valle Santa dall’alto.
A Poggiobustone ritroviamo i 6 «dispersi» da Monteleone
Arriviamo a Poggiobustone, la città natale di Lucio Battisti. Abbiamo prenotato dal B&B «La Locanda Francescana».
Quando la troviamo ci affianca una grossa berlina, da cui scendono 4 persone, vestite da trekking.
Il conducente affianca Teo e gli fa: «Aho’, sei Matteo?».
«Te stavo aspettanno! So’ dovuto annà a recuperare questi pellegrini che avevano preso il bus e che si sono persi qua sotto.»
Neanche il tempo di entrare in Locanda che trovo altri due, già belli docciati e riposati. Devono essere della comitiva che volevamo staccare.
Niente da fare. Sembra ci abbiano raggiunto e abbiano fatto la tappa doppia. Sul Terminillo non li abbiamo visti… ma da dove sbucano?
A cena siamo sempre da Feliciano, il proprietario dell’ostello, della nostra locanda e del ristorante. E’ un personaggio.
Fa un po’ il «piacione», ma è simpatico e ci mostra il Fan Club di Lucio Battisti.
In cucina c’è la mamma, che ci delizia con lasagne agli asparagi, tagliatelle ai funghi e tartufo, arista con patate e con le crostate e i biscotti di fine pasto.
Dal paese di Lucio e Feliciano si domina la valle. In fondo ci attende Rieti.
Elena Casagrande
(La seconda puntata del Cammino di San Benedetto sarà pubblicata mercoledì prossimo 2 novembre)
In marcia tra prati, alberi e monti.