Quel vermouth... dolomitico – Di Giuseppe Casagrande
La casa spumantistica Revì di Aldeno ha lanciato con successo il «Salvan's», un vino aromatizzato prodotto da un'infusione di oltre 20 erbe botaniche
Il vermouth Salvan's della casa spumantistica Revì di Aldeno.
Bollicine, ma non solo. La casa spumantistica Revì di Aldeno sta lanciando con successo un vermouth, dall'etichetta simpatica «Salvan's», che racconta una storia di erbe officinali, di boschi, di fiori di montagna e di creature silvane.
Un vermouth dal carattere gagliardo, «dolomitico» tiene a precisare il patron dell'azienda Paolo Malfer, che da qualche anno stava pensando a questo prodotto.
Un prodotto che sembrava definitivamente destinato all'oblio, ma che sta tornando prepotentemente di moda soprattutto tra i giovani assieme al gin, agli amari, al vino chinato e ad altri «spirits».
Alcune bottiglie di Trentodoc Rosé millesimato Revì.
La storia del vermouth, un vino aromatizzato di origini piemontesi
Il vermouth è un vino aromatizzato di origini piemontesi - questa almeno è la vulgata comune - e sarebbe stato creato nel 1786 da un erborista-distillatore biellese di nascita e torinese d'adozione, Antonio Benedetto Carpano che, miscelando vino Moscato con erbe aromatiche e spezie, inventò la formula utilizzata in seguito per definire la categoria merceologica del vermouth.
Carpano scelse questo nome prendendolo in prestito dal tedesco Wermut, termine con il quale in Germania è conosciuta l'artemisia.
Ma in realtà l'erborista piemontese si è rifatto ad una tradizione di lunghissima data.
Si dice infatti che già Ippocrate amasse bere vino aromatizzato (ippocrasso) con erbe, spezie e miele e che un vino simile fosse diffuso anche in Grecia e nell’antica Roma.
L'erborista piemontese Antonio Benedetto Carpano, l'inventore del vermouth.
Già nel Seicento in Germania si preparava un vino a base di assenzio
In Germania già nel 1600 si preparava un vino aromatizzato in infusione con delle erbe officinali, in particolare l'assenzio (artemisia).
Era consumato prevalentemente in casa, ma non era commercializzato. In tempi più recenti invece il primo italiano che parlò in un testo (Oenologia toscana del 1773) di questo vino è Cosimo Villifranchi, per cui si potrebbe pensare che la patria del vermouth sia proprio la Toscana.
Ma è Torino che vanta la primogenitura con l'erborista Antonio Benedetto Carpano che nel 1786 trova la formula per lanciare sul mercato questo vino liquoroso aromatizzato.
E fu un successo visto che ben presto si diffuse non solo in Piemonte, ma anche nella vicina Francia.
Una lapide ricorda Antonio Benedetto Carpano, l'inventore del vermouth
Una lapide ricorda Antonio Benedetto Carpano (originario di Biella dove nacque nel 1764, morirà a Torino nel 1815) che «con il suo vermouth contribuì alla fama e al prestigio di Torino nel mondo».
Nel Novecento la Carpano era un’industria di grandi dimensioni con reti commerciali in tutti i Paesi del mondo.
Nel 1982 il marchio venne ceduto alla Branca, con il conseguente spostamento delle linee produttive e d’imbottigliamento a Milano.
Ora il marchio è commercializzato dalla F.lli Branca, unitamente ai prodotti Cinzano, Martini & Rossi, Campari e Gancia.
Il vermouth Carpano oggi è prodotto in due diverse tipologie: il cosiddetto «Torino Vermuth Originale», la cui tecnica produttiva è rimasta inalterata nel tempo, e il «Punt e Mes» più aromatico e amaricante.
L'Om Selvadegh che si può ammirare al Rifugio Fuciade.
Il vermouth Revì ricorda l'«om selvadegh», figura mitologica dei boschi
Ma torniamo al «Salvan's» Revì. Il nome ricorda l'«om selvadegh», figura mitologica dei boschi, dalla lunga barba con vesti di corteccia e licheni che in autunno usciva dalla vegetazione per dispensare fortuna o annunciare sventure alla popolazione.
Un personaggio misterioso, dal carattere ombroso, ma protettivo nei confronti della natura silvestre, delle erbe e dei prodotti del bosco.
Una riproduzione dell'«Om Selvadegh» la si può ammirare in una teca di vetro all'ingresso del Rifugio Fuciade, poco distante dal Passo di San Pellegrino (Dolomiti di Fassa).
Le botaniche principali: assenzio, genziana, issopo, achillea, equiseto
Il Vermouth Revì è prodotto da un'infusione di oltre venti botaniche, ma nei profumi e nel gusto si caratterizza per la presenza preponderante di cinque erbe principali: l'assenzio, la genziana, l'issopo, l'achillea e l'equiseto.
La botanica fondamentale è l'assenzio chiamato anche artemisia che ricorda la divinità greca Artemide protettrice della caccia, dei boschi e della natura selvaggia.
Altra botanica importante nel Vermouth Salvan's è l'issopo, erba sacra per gli ebrei.
Si narra che re Salamone ne facesse uso insieme con il legno di cedro per purificare l'aria. L'issopo apporta a questo vermouth dolomitico piacevoli note vegetali con un richiamo all'aroma balsamico della menta.
Paolo Malfer (al centro) con i figli Giacomo (a sinistra) e Stefano (a destra).
La genziana e l'achillea donano al vermouth una nota amaricante
Un ruolo decisivo nel caratterizzare la personalità del Vermouth Salvan's è l'apporto della genziana che contribuisce ad arricchire la componente amaricante a aromatica.
Pianta caratteristica del versante italico delle Alpi, si racconta che il fiore di genziana sia stato battezzato con questo nome dal mitico Genzio, re dell'Illiria, il versante adriatico dei Balcani, che scoprì le proprietà terapeutiche di questo fiore dal profumo penetrante.
Altra botanica che contribuisce alla nota amaricante di questo vermouth è l'achillea, pianta - si racconta - usata da Achille, su consiglio di Venere, per curare le ferite.
L'equiseto, infine, detto anche «coda cavallina», pianta che cresce a ridosso dei torrenti, dalle molteplici proprietà benefiche, contribuisce a conferire al vermouth delle «nuances» erbacee e minerali.
Bouquet fruttato e speziato, in bocca regala sensazioni balsamiche
Il Vermouth Salvan's al primo impatto olfattivo regala delle delicate note agrumate e di frutta candita, successivamente è un'esplosione di sensazioni speziate di cannella e chiodi di garofano.
Al naso ricorda la camomilla, la salvia, la melissa e la radice di liquirizia.
In bocca, invece, ricorda il muschio e le felci dei boschi bagnate di rugiada dopo la pioggia con un retrogusto finale balsamico (eucalipto) e resinoso (cirmolo).
Il mio parere? Un vermouth piacevolissimo, amaricante quanto basta e che io amo sposare a fine pranzo con il caffè o come aperitivo nei coktail.
In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande - [email protected]
L'epigrafe che a Torino ricorda Antonio Benedetto Carpano.