Un castello di sfiziose bontà – Di Giuseppe Casagrande

Una coppia giovanissima, ma con un bagaglio di esperienze maturate anche all'estero sta rilanciando il ristorante gourmet di Castel Pergine

Una suggestiva immagine notturna di Castel Pergine.

Benvenuti in Valsugana. Benvenuti al Ristorante gourmet «Semola Fina al Castello» che la Fondazione Castel Pergine ha deciso di rilanciare affidandone la responsabilità ad una giovanissima coppia di ristoratori: Manuel Merlo e Sofia Omodeo Iuli.
Per molti lustri l'antico maniero, di proprietà della famiglia svizzera Oss Ringold, era stato il luogo del cuore di Theo Schneider e Verena Neff che avevano gestito con amore e dedizione sia l'hotel che il ristorante trasformando il castello in cenacolo culturale e sede prestigiosa per serate di gala, spettacoli teatrali, eventi musicali e mostre d’arte.
 

Lo chef Manuel Merlo e la pastry chef Sofia Omodeo Iuli: una coppia affiatata in cucina e nella vita.
 
  La passione per la cucina di Manuel e Sofia, talento e creatività 
Porta d’accesso e baluardo dell'Alta Valsugana, il castello, uno dei più suggestivi dell'intero arco alpino, dal 2018 appartiene ad una Fondazione che, per statuto, ha il compito di tutelarlo e valorizzarlo come bene dell’intera comunità.
Il compito di proseguire il cammino che ha caratterizzato per molti anni la vita sociale e culturale del Perginese oggi è affidato, per quanto riguarda la ristorazione, alla passione, al talento e alla creatività di Manuel e Sofia che hanno accettato la sfida con entusiasmo.
E stando ai commenti dei primi visitatori il giudizio è oltremodo lusinghiero. D'altronde non poteva essere altrimenti visto il bagaglio di professionalità e le esperienze che la giovane coppia ha maturato in alcuni ristoranti stellati italiani e francesi.
 

La sala dei Falchi, una delle sale da pranzo del Palazzo Baronale del Castello.
 
  Un percorso «stellare»: Milano, Torino, Parigi, Madonna di Campiglio 
Manuel Merlo, trentino di Monte Terlago, dopo aver frequentato la scuola alberghiera di Riva del Garda, ha avuto esperienze in numerosi ristoranti in Trentino e nel Veneto, dopodiché è entrato a far parte dello staff del ristorante «Cracco» in Galleria a Milano con il ruolo di capo partita ai primi. Location prestigiosa e tappa importante poichè proprio qui ha conosciuto Matteo Baronetto che lo ha portato a Torino per l’apertura del ristorante «Del Cambio», dove per 5 anni ha svolto il ruolo di Junior Sous Chef.
 
Nel capoluogo piemontese ha conosciuto Sofia Omodeo Iuli, diventata compagna di lavoro e poi anche nella vita. Sofia si era formata come pasticcera a Colorno alla Scuola di Alta Cucina «Alma» fondata da Gualtiero Marchesi.
Decisiva, infine, l'esperienza parigina. Nella «Ville Lumière» Manuel ha lavorato nelle cucine di Pascal Barbot e di David Toutain, mentre Sofia ha fatto esperienza come pastry chef nella cioccolateria di Jacques Genin.
 
Tornati a Torino, hanno lavorato insieme al ristorante «Condividere» e nel luglio 2021 hanno coronato il loro sogno aprendo il ristorante «Semola Fina» a Madonna di Campiglio. Ristorante che è stato individuato dalla Fondazione quale partner ideale per la ristorazione di Castel Pergine nel rispetto dei valori e delle caratteristiche identitarie di questo storico maniero.
 

L'ape regina, simbolo del ristorante Semola Fina al Castello.
 
 Un menu degustazione e un menu «à la carte» per un viaggio sensoriale 
L’offerta gastronomica di «Semola Fina al Castello» si caratterizza per una cucina che attraverso la proposta di un menu degustazione e un menu alla carta invita l’ospite ad uno stimolante percorso alla scoperta di sapori, profumi e consistenze, attraverso degli abbinamenti originali e con l’utilizzo di tecniche di preparazione innovative.
Il tutto all’interno di un progetto che privilegia la sostenibilità e il basso impatto ambientale con l’utilizzo di prodotti locali e materie prime biologiche, ad esempio le verdure, gli ortaggi e le erbe aromatiche coltivate nell'orto del Castello.
Un vero e proprio viaggio sensoriale per godere appieno della creatività dei due chef, che con impegno hanno deciso di intraprendere un nuovo percorso a Castel Pergine portando elementi innovativi e tanta passione per il loro lavoro.
 

 
  Le storiche e suggestive sale nobiliari del Palazzo Baronale 
Il ristorante gourmet «Semola Fina al Castello» è ubicato al piano superiore nelle storiche e suggestive sale nobiliari del Palazzo Baronale. Spettacolare la vista sulla Valsugana e sulla Valle dei Mocheni, elegante la «mise en place» con una simpatica ape dorata, simbolo del ristorante, che racchiude il tovagliolo ed è effigiata nel piattino per il pane.
Due le proposte: un menu degustazione di 4 portate (70 euro) e un percorso sensoriale di sei portate (90 euro). Tra i piatti cult: gli Asparagi bianchi «in bianco» (rafano, tabasco verde, soia, pecorino, spuma al latte, cardamomo). Le Primizie all'occhio di bue. I Ravioli all'olio del Garda, rapanelli in agro e acqua di cipolla allo zafferano. Lo Spaghettino al burro affumicato, pepe verde e liquirizia.
Ed ancora: per chi ama il pesce: il Salmerino alpino; la Sogliola con l'aceto di datteri e la paprika coreana; l'anguilla alla brace. Per chi ama la carne: la Vacca Vecchia della Rendena con aglio orsino, crescione e bruscandoli. Per chiudere in bellezza il peccaminoso cioccolato fondente, menta e the nero affumicato.
 

 
  Deliziosi come aperitivo gli «amuse bouche» di benvenuto 
Nella mia recente visita, ho trovato deliziosi gli «amuse bouche» di benvenuto che hanno aperto il percorso sensoriale: la Cialda croccante con purea di rabarbaro, peperone piccante e aglio nero; il Ramo di scorzanera con uova di trota affumicate; il Pomodoro, amarena e semi di anice; il Pan brioches con speck artigianale, menta e limone. E prima del pasto un tris di leccornie: la Lattuga gentile liquida, la radice di prezzemolo affumicata e l'anice stellato.
Una parola va spesa altresì per le tipologie di pane preparate da Sofia: fantastico il pane a lievitazione naturale con semi di lino e semi di girasole. Una libidine anche la focaccia all'olio del Garda e il paninetto al formaggio cagliato con succo di cardo.
 

 
  Un percorso all'insegna dei colori, dei profumi e dei sapori 
E veniamo al percorso sensoriale, in sei tappe. Un percorso all'insegna dei colori, dei profumi e dei sapori, a cominciare dai calamaretti a spillo e lumache con piselli e capperi alla vaniglia. Da standing ovation i Ravioli all'olio del Garda, rapanelli in agro e brodo di cipolla allo zafferano. Merita un plauso, in particolare, la sfoglia per i ravioli lavorata come un velo di sposa. Un piatto che vale il viaggio, meglio la salita sulla scala a chiocciola che porta alla sala dei Falchi del Palazzo Baronale.
 

I ravioli all'olio del Garda, rapanelli in agro e brodo di cipolla allo zafferano.
 
  Quello spaghettino al burro affumicato, pepe verde e liquirizia 
Altro piatto iconico del Castello è lo Spaghettino al burro di malga affumicato, pepe verde e liquirizia. È il piatto che ha riscosso consensi pressochè unanimi per quell'intrigante gioco di contrasti che solletica il palato. Jessica, la reginetta della sala, nel presentare il piatto ci ha consigliato di non mescolare gli ingredienti.
 
Il gioco - ci ha poi confessato a fine pranzo lo chef - è proprio quello di scoprire ad ogni boccone un gusto particolare, diverso e intrigante.
Ho usato volutamente la frase «consensi pressochè unanimi» poichè non a tutti piace il fumé. Ma in questo caso il burro affumicato mi è parso equilibrato e non aggressivo come talvolta, ahimè, accade per molte preparazioni.


Lo spaghettino al burro affumicato, pepe verde e liquirizia.
 
  La sogliola con la paprika coreana e il piccione con la salsa verde 
Breve pausa ed ecco un altro quadro d'autore: la Sogliola, aceto di datteri e paprika coreana con basilico al burro. Un omaggio al mare per completare poi il matrimonio d'amorosi sensi con il piatto di carne che è un altro elemento distitivo della cucina di Manuel. In questo caso il Piccione, salsa verde e radicchio dell'orto del Castello.
 

 
  E come dessert cioccolato fondente, menta e gelato al tè nero 
Chiusura in bellezza con un peccaminoso Cioccolato fondente, menta e gelato al tè nero affumicato e le Madeleine calde con gelato fior di latte e riduzione di Martini. Con il caffè non poteva mancare il Marsala ancestrale «Vecchio Samperi» di Marco De Bartoli, una delle chicche presenti nella carta dei vini. Una carta meditata che privilegia le etichette nazionali e locali. Che altro aggiungere? Semplicemente chapeau!


 
  Quest'anno il Castello ospita la mostra dell'artista Andreas Kuhnlein 
Avviso ai naviganti. Castel Pergine, magnifico esempio di architettura gotica, ospita anche quest'anno nello splendido parco e all'interno del Palazzo Baronale la tradizionale mostra di scultura. Un «format» ideato negli anni Ottanta dai mitici Theo Schneider e Verena Neff che, lasciata la natìa Svizzera, si erano innamorati dell'antica fortezza e per 25 anni allestirono delle mostre di straordinario «appeal» all'insegna del motto che le arti, le culture, le lingue devono confrontarsi con la storia, il paesaggio e la contemporaneità.
Qui, nel corso degli anni, hanno presentato le loro opere alcuni dei più illustri scultori della Mitteleuropa e non solo.
 
Quest'anno la trentesima edizione è nobilitata dalle opere di uno scultore bavarese, Andreas Kuhnlein. Titolo della rassegna: «Tracce di umanità/Spurendes Menschseins».
Andreas Kuhnlein, artista del legno, propone ai visitatori 28 sculture lignee. Sono sculture di dimensioni ragguardevoli e allietano il Parco tra le mura, il Prato della Rocca e il Palazzo Baronale evocando personaggi storici e mitologici in una rappresentazione che riproduce come in un «tableau vivant» le storie racchiuse tra le mura dell'antico maniero.

Nato nel 1953 a Unterwössen nel Chiemgau (Baviera), Andreas Kuhnlein considera l’albero una figura essenziale, quasi un sinonimo dell’essere umano. Estrae soggetti plasmati dalla vulnerabilità e segnati dalle tribolazioni dell’esistenza, da legni di alberi morti e sradicati, conferendo loro nuova vita tramite la rappresentazione artistica e rispecchiandovi la condizione umana. Un albero con i suoi anelli racchiude in sé il tempo passato, simile alle rughe di un volto umano. Le sue opere di sono state esposte in numerose mostre in Germania e in altri Paesi.
 

Il peccaminoso dessert, cioccolato fondente, menta e gelato al tè nero.
 
  E nella Cantina Rosa la mostra dedicata a Jiddu Krishnamurti 
Sempre al Castello, nella Cantina Rosa, si può ammirare la mostra dedicata a Jiddu Krishnamurti. Nato il 25 maggio 1897 in India a Madanapalle (Madras) morì in California nel 1996. È stato uno degli uomini più profondi e illuminati che ha ispirato migliaia di persone in ogni parte del mondo.
Purtuttavia ha sempre vissuto rifiutando l'etichetta di guru, per incoraggiare la ricerca della libertà e della comprensione interiore. S’incontrava con la gente non per insegnare, ma per capire, per esplorare insieme il significato dell'esistenza dell'uomo e del mondo.
Completano l'estate al Castello concerti, spettacoli, eventi musicali in un contesto unico e particolare: non una galleria d’arte, non un teatro, non una piazza, ma un grande complesso fortificato con palazzi e parchi dove lasciarsi sedurre dal fascino della bellezza.

Giuseppe casagrande - [email protected]

Catalogo della mostra di Andreas Kuhnlein.