Giovani in azione: Vittoria Stenico – Di Astrid Panizza
«Se ce l'ho fatta io, ce la potete fare anche voi» – Neolaureata, ha vinto la sua battaglia contro la dislessia
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Alla fine del percorso universitario scrive una dedica speciale nella sua tesi di laurea che è anche un appello a non mollare: «Voglio far capire a chi come me soffre di DSA che gli obiettivi si possono raggiungere sempre».
Partiamo da qui, da questa dedica pregna di determinazione, per descrivere Vittoria Stenico, una giovane ragazza di Trento che in aprile di quest’anno tumultuoso si è laureata alla magistrale in Marketing e Comunicazione aziendale con un’ottima votazione di 110.
Brava, direte voi! Certo, Vittoria è una ragazza studiosa e diligente come tante altre, ma lei, però, ha una particolarità in più non da poco, quella di soffrire sin da piccola di Disturbi Specifici dell'Apprendimento.
Sono queste delle difficoltà in passato tenute in scarsa considerazione, che si notano già nell'età evolutiva e sono riscontrabili tramite test appositi eseguibili quando si notano particolari difficoltà nell'esercizio linguistico o numerico da parte del bambino.
Questi disturbi si dividono in dislessia, che implica problemi con la lettura, discalculia con i numeri e disortografia con la scrittura.
«Io sono dislessica e disculcalica, – ci confida Vittoria, con quel sorriso che l’accompagna sempre. – Mi hanno riscontrato questi disturbi alla fine della seconda media, non presto come sarebbe auspicabile per un miglior appoggio al bambino. Ho però avuto, da allora in poi, un aiuto concreto da parte di insegnanti di sostegno che mi hanno sempre seguita durante la scuola dell'obbligo.»
«L'introduzione alla mia tesi è una dedica a chi come me soffre di DSA. E' stata scritta di getto in un momento di sconforto all'Università, quando volevo abbandonare a causa delle difficoltà che mi sembravano più grandi del traguardo.
«Quelle parole le ho messe da parte usandole come sprone personale e acquisendo consapevolezza che non serviva a nulla continuare a deprimermi e a dire che non ce l'avrei mai fatta. Così ho cominciato a lavorare su di me e a ripetermi che se avessi tenuto duro sarei riuscita ad arrivare dove volevo. Alla fine, come vedi, ce l'ho fatta. Adesso voglio far capire la stessa cosa a tutte le persone che come me soffrono di questi disturbi e si trovano in momenti di difficoltà simili a quelli che io ho già passato.»
Dopo il diploma non avevi paura di buttarti negli studi universitari sapendo che avresti fatto molta più fatica dei tuoi compagni?
«Pensa che quando facevo le superiori, precisamente il corso di grafica all'Istituto Artigianelli di Trento, avevo pensato di lasciare la scuola più di una volta.
«Studiare per me era una vera e propria sofferenza psicologica perché, nonostante facessi uno sforzo immenso, spesso questo non era riconosciuto.
«Ho avuto però la fortuna di essere seguita dai miei genitori, sempre presenti, che giorno dopo giorno mi spingevano a dare il massimo senza guardare troppo avanti, ma focalizzandomi sull'oggi e su quello che mi trovavo in quel momento a dover affrontare.
«Sono riuscita quindi ad arrivare fino alla quinta. Una volta finita la scuola, mia mamma mi ha posto di fronte a una scelta drastica: continuare il percorso di studi, oppure andare a lavorare.
«Ti dirò che se mi avesse lasciato più libertà, non obbligandomi a scegliere tra queste due alternative, probabilmente adesso non sarei laureata.
«Ho cominciato quindi lo IUSVE, l’Istituto Salesiano di Venezia, che ha però anche una sede a Verona, dove io frequentavo, scegliendo l'indirizzo di Comunicazione digitale.
«Ci ho messo un po' ad ingranare, il primo anno prendevo voti bassi, ma dal secondo anno in poi sono riuscita a capire il mio metodo per studiare al meglio.»
E da lì hai preso il volo...
Ho continuato a crescere a piccoli passi, anche se non è stato per niente facile. Dopo la laurea triennale mi sono iscritta alla magistrale in Marketing e Comunicazione aziendale presso l'Università Cattolica di Milano. Il mio è un percorso che definisco al contrario rispetto al solito. Sono partita, infatti, dallo studiare la grafica alle superiori, per arrivare alla comunicazione digitale e infine ai messaggi che trasmettono le parole".
Si può dire quindi che con il passare del tempo sei riuscita a studiare anche te stessa?
«Sì, direi che è successo proprio così e per questo ringrazio paradossalmente la dislessia, che ho tanto odiato e mi ha fatto star male. In realtà, però, alla fine di questo percorso mi sono accorta che essere dislessica mi ha permesso di acquisire molte capacità che secondo me tante persone cosiddette "normali" non hanno.
«Il continuare a insistere anche dopo vari fallimenti, dopo tante mortificazioni senza vedersi riconosciuto il merito è un’esperienza, seppur negativa, che mi ha arricchito e mi ha dato una forza incredibile. Per ottenere questo, però, ho dovuto trovare una mia strada cambiando metodo di studio più volte per riuscire a comprendere nella maniera migliore ciò che mi veniva proposto.»
Così, uno scoglio dopo l'altro sei diventata poi la persona che sei, forte e determinata.
«È proprio questo il messaggio che vorrei far passare. Stacchiamoci un attimo dal voto finale, che poco importa, perché è solo un numero. E' importante, invece, tutto ciò che si riesce a ricavare da queste continue sfide e cioè la capacità di risolvere costantemente i problemi, perché questa, ti dirò, è secondo me una peculiarità che sul lavoro è molto apprezzata.
«La forza di noi che soffriamo di DSA non è l'obiettivo che raggiungiamo, ma la capacità di ricercare il sistema più idoneo e il continuare a provarci. L'importanza, insomma, è trasformare la debolezza in forza, cercare di stravolgere il punto di vista e capire come poter rendere positivo il problema.
«Vorrei far conoscere a tutti la frustrazione che sta dietro a queste problematiche, che spesso porta a sconforto, debolezza, demotivazione, perché spesso non ci si sente come gli altri.
«Il mio desiderio, adesso, è quello di aiutare le persone come me a non abbandonare il percorso di studi, perché abbandonare è una sconfitta ancora più grande del non arrivare. Sono convinta che prima o poi lo sforzo fatto verrà riconosciuto.»
Il tuo percorso di studi è giunto alla fine... E adesso? Hai altri programmi?
«Da questa opportunità sento forte il bisogno che ti dicevo, quello cioè di battermi per aiutare le persone.
«Mi piacerebbe scrivere un libro che potenzialmente è la cosa più difficile per me che sono dislessica, ma potrebbe essere la prossima sfida per sostenere tutte quelle mamme che non sanno come comportarsi quando si ritrovano con un figlio con problematiche del genere, cosa che spesso sconvolge la vita dell'intera famiglia.
«Se le famiglie spesso si sentono smarrite di fronte a situazioni del genere, allo stesso modo anche i bambini e i ragazzi si sentono abbandonati proprio perché intorno a loro hanno persone - sia genitori che insegnanti - che magari non possiedono gli strumenti adeguati per sostenerli.
«Vorrei, in definitiva, che tutte le persone coinvolte in casi di DSA capissero che non è impossibile raggiungere i propri obiettivi, anche ambiziosi. In fondo la ricetta per uscirne sta nell’avere molta consapevolezza di sé e del proprio problema, oltre al giusto metodo e una buona dose di perseveranza. Se così è, penso che ogni persona riuscirà ad arrivare dove vuole e le soddisfazioni non mancheranno.
«E alla fine dell’intervista un ultimo appello di speranza diretto a tutti coloro che soffrono di DSA: Se io, Vittoria Stenico, la mia vittoria l’ho ottenuta, credetemi potete farcela anche voi. Ne sono sicura!»
Astrid Panizza
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