Giovani in azione: Alessandro Trenti – Di Astrid Panizza
È partito dal Trentino per l’Università di Vienna il ricercatore che insegue la luce
Foto Alessio Coser.
Non è facile prendere tutto e andarsene via, quando per «tutto» s'intende moglie e figli e per «andarsene» significa cominciare un «post doc» (post dottorato) all'estero.
È quanto successo nella vita di Alessandro Trenti, un giovane ricercatore roveretano di 30 anni che da un anno e mezzo vive a Vienna, dove si è trasferito con sua moglie Xenia e i loro tre figli: Mia, di 10 anni, Nicholas di 5 e Leonardo di 2 e mezzo.
Immagino che la tua, anzi la vostra, non sia stata una scelta semplice. Perché partire e non rimanere?
«Mentre ad inizio 2018 stavo ancora frequentando il dottorato in fisica presso l'Università di Trento, ad una conferenza avevo ascoltato l’intervento di un professore di Vienna.
«Mi interessavano molto i temi di cui si occupava e allora ho deciso di scrivergli e di mandargli il mio curriculum.
«Sono stato quindi invitato a Vienna, dove ho svolto una presentazione dei miei studi che è andata molto bene al punto che il professore mi ha offerto una posizione lavorativa come post doc.
«In settembre 2018 ho quindi cominciato questa nuova esperienza in Austria.»
Di cosa di occupi in particolare?
«Usando parole molto semplici, posso dirti che in sostanza lavoro con la luce. Faccio esperimenti di ottica quantistica, cioè ricerco come la luce reagisce a determinati stimoli.
«Un esempio pratico, che può essere compreso da tutti, è lo studio che porto avanti in merito alle modalità con cui la fibra ottica può proteggere i messaggi trasmessi rispetto a chi cercasse di rubare delle informazioni.
«Quando ciò dovesse accadere, per le leggi della meccanica quantistica rimane una traccia indelebile dell’eventuale intrusione e la comunicazione in tal modo è resa sicura.
«Questa è una delle maggiori applicazioni di cui attualmente mi occupo in laboratorio.»
Com'è stato prendere armi e bagagli e trasferirsi assieme a tutta la famiglia? Soprattutto con tre bambini piccoli?
«Di sicuro avevamo il vantaggio che Xenia, mia moglie, parlasse già il tedesco, quindi lei è stata di grande aiuto sin da subito per quanto riguarda la comprensione di tutto ciò che concerne l’aspetto burocratico, elemento assolutamente da non sottovalutare in casi come questi.
«Poi ti dirò, è vero che dal Trentino non serve scappare, che lavoro ce n'è, però allo stesso tempo è anche vero che spostandosi verso Nord si incontrano in genere opportunità più interessanti, a volte irripetibili.
«Nel nostro caso di fronte alla proposta dell’Università di Vienna, io e mia moglie abbiamo pensato che questa era un’occasione da prendere al volo, una, come si dice, di quelle da ora o mai più.
«Quindi, tenuto conto che i bambini sarebbero cresciuti e in seguito sarebbe stato troppo difficile per loro cambiare ambiente, ci siamo guardati e abbiamo deciso. In pochi giorni abbiamo così fatto le valigie e siamo partiti.
«Passato un anno e mezzo da quel giorno, credo sia stata una buona scelta. Dal punto di vista della ricerca ci sono ottimi laboratori e gli studi vanno avanti a gonfie vele.
«Pure i bambini si sono integrati bene a scuola, anche se chiaramente c’è sempre la nostalgia del Trentino, della famiglia e degli amici...»
Una domanda riguardo a questo punto. Immagino sia ancora presto per chiederlo, ma avete un progetto di vita a lunga scadenza? In altre parole, vi vedete per sempre cittadini austriaci, oppure una mezza idea di tornare in Italia vi balena di tanto in tanto?
«Vienna è la città migliore al mondo come qualità di vita e ti dirò che qui ci troviamo davvero bene. Non facciamo una vita lussuosa, sia chiaro, ma io sono pagato bene, per cui Xenia, che non lavora, può occuparsi dei bimbi a tempo pieno.
«Inoltre, c'è il discorso della lingua. Io sto frequentando corsi per imparare il tedesco anche se in laboratorio parliamo inglese e tutti e tre i bambini stanno frequentando scuole tedesche.
«Quindi se è vero che si può sempre tornare indietro, è anche vero che bisogna ponderare bene queste scelte, in particolare per i nostri figli.
«Ovvio che non possiamo mettere nessuna ipoteca su cosa ci riserverà il futuro, tuttavia conoscere il tedesco, oltre all'italiano, è un'opportunità in più per il futuro nostro e dei nostri bambini.
«In famiglia, comunque, continuiamo a parlare l’italiano perché è giusto che sia così ed essendo io e mia moglie gli unici insegnanti di questa lingua per i nostri figli, ci impegniamo a parlarlo al meglio, senza inflessioni dialettali, per capirci.»
Quindi per te è impossibile per il momento vederti come un cervello in fuga di ritorno, così come i mass media hanno definito i nostri laureati all’estero che rientrano in Italia?
«Per le ragioni appena elencate, direi che tendenzialmente rimarremo qui in Austria perché ciò che conta, in definitiva, non è tanto il luogo, ma come e perché lì in quel posto ci si sente felici. E noi qui lo siamo.»
Astrid Panizza – [email protected]
(Puntate precedenti)