Giovani in azione: Elisa Roner, Rovereto – Di Astrid Panizza

Ha 18 anni, è studentessa e - allenata dalla nonna - è campionessa di tiro con l'arco

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Medaglia d’oro individuale ottenuta subito dopo quella a squadre agli europei di Samsun 2019 (Turchia) e attualmente in partenza per i Campionati Mondiali Giovanili che si terranno dal 19 al 25 agosto a Madrid.
Stiamo parlando di una giovane promessa del tiro con l'arco, la roveretana Elisa Roner, che recentemente ha spiazzato avversarie di grande valore riuscendo a mettersi al collo la medaglia più ambita.
Determinata, con la testa sulle spalle e le idee chiare, alla domanda «Come ti senti pensando ai Mondiali» non ha alcuna esitazione e mi risponde semplicemente: «Voglio vincere».
Ma partiamo dall'inizio.



Come mai ti sei avvicinata al tiro con l'arco che si può dire non sia uno sport particolarmente comune?
«Sì è vero, non è molto diffuso, ma in famiglia avevo davanti l'esempio di mia nonna [Iosè Fontana – NdR], già atleta azzurra.
«Quindi, da quando avevo sette anni ho cominciato anch'io a maneggiare arco e frecce e lei da quel momento è diventata la mia allenatrice di fiducia e lo è tuttora.
«Devo dire che nonna Iosè è felice di riuscire a trasmettermi l'amore per il tiro con l'arco, mi sprona sempre perché sa che posso fare bene, ci crede un sacco! Questa passione ha saltato una generazione, infatti i miei genitori non hanno mai tirato.
«Si vede che dovevo arrivare io per fare in modo di mantenere questo sport in famiglia!»
 

 
Devo dire che la nonna ha fatto un ottimo lavoro. Un impegno come il tuo ti porta spesso in giro per l’Europa a gareggiare. Immagino le soddisfazioni, ma anche la fatica e lo stress. Quale è stata la tua ultima competizione?
«L'ultima è stata quella di Bucarest, l’European Youth Cup del luglio scorso. Venivo da un periodo dove non tiravo molto bene perché ho avuto problemi a credere in quello che facevo e a volte mi buttavo giù.
«Però, grazie per l’ennesima volta alla nonna, mi sono rialzata in fretta. Lei ha saputo trasmettermi fiducia e a un certo punto si è anche arrabbiata perché non vedeva in me la forza necessaria per crederci fino in fondo. E durante la settimana di gare ho tirato così bene che ho fatto anche il mio record personale in qualifica.
«Ho capito che è fondamentale fidarsi del proprio allenatore e credere fino in fondo a quello che lui dice. Se faccio fatica io a fidarmi, con un'allenatrice che è la mia nonna, posso solo immaginare come sia difficile per gli altri che hanno un allenatore estraneo alla propria famiglia.
«Capisco che ci siano opinioni diverse e magari non si riesca a cogliere immediatamente quello che l'altro vuole trasmettere e che quindi si faccia fatica a mettere in pratica. Però, secondo me, il punto di vista dell'allenatore è essenziale e quello che ti dice è sempre il meglio per te.»
 

 
Quindi mi pare di avere capito che la tensione prima delle gare può arrivare anche al punto di destabilizzare un atleta?
«Una settimana prima di ogni gara ho sempre qualche problema con il tiro, non riesco a colpire il centro, trovo qualsiasi problema e mi abbatto. Poi, però, in gara la maggior parte delle volte va bene. Quindi diciamo che questa è l'ennesima conferma che tutte le paranoie prima di ogni gara non servono proprio a nulla.»
 
Riesci a conciliare lo studio e gli allenamenti?
«In passato non è stato facile, ho perso un anno mentre frequentavo il Liceo Filzi, poi ho scelto di cambiare scuola e ora che sono al Don Milani [entrambi istituti di Rovereto – NdR] riesco a dedicarmi sia alla scuola che agli allenamenti nella maniera migliore.»
 


Domanda di rito, forse un po’ scontata: quando vinci come ti senti?
«Oltre alla felicità della vittoria, mi sento sollevata perché, soprattutto dopo una settimana di ansia pre-gara, riesco finalmente a dimostrare a me stessa e agli altri che alla fine ce l'ho fatta.»
 
Preferisci gareggiare da sola oppure in squadra?
«La maggior parte delle gare sono da sola, ma ne ho fatte diverse anche a squadre. Mi piace un sacco la squadra e il mixed, che è un'altra tipologia di gara sempre in squadra, perché in questo modo condividi vittorie e sconfitte.
«Però tirare da sola ha tutto un altro sapore: sbagli tu ed è colpa tua, vinci tu ed è tutto e solo merito tuo.»
 

 
Rispetto ad altri sport, il tiro con l'arco non è molto popolare. Ti dispiace che i tuoi meriti non siano riconosciuti come per altre discipline?
«Sicuramente non mi sento al centro dell'attenzione, questo sì. Comunque è sempre bello quando qualcuno mi ferma per la strada perché mi riconosce, e qualche volta è anche accaduto.
«Se però dopo una vittoria importante succede che tutto fila via in silenzio e non c’è nessuno che mi dica qualcosa, quello ammetto è un po' avvilente.
«Non che mi manchi il fatto di apparire sui giornali o in televisione, ma almeno il riconoscimento di quello che faccio, ecco sarebbe il minimo, un’ulteriore spinta ad andare avanti e a migliorarmi ancora.»

Astrid Panizza – [email protected]
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