Giovani in azione: Federico Pedrotti – Di Astrid Panizza

Quella strana voglia d’antico, una passione per il collezionismo d'epoca come filosofia di vita di un giovane roveretano

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«Sono nato il 6 aprile 1992, ma a dire la verità avrei desiderato nascere ben molti anni prima.»
Comincia con questa curiosa affermazione la mia intervista a Federico Pedrotti, un roveretano che di professione fa il magazziniere mulettista, ma che al di fuori del suo lavoro ha una passione del tutto particolare.
Già a sentirlo parlare, con una cadenza che vagamente ricorda qualche vecchio film in bianco e nero degli anni ’50, si potrebbe pensare che questo giovane provenga da un tempo passato.
E la stessa epoca pare materializzarsi all’improvviso entrando in casa sua, dove un’ambientazione perfettamente in sintonia con il nostro personaggio ci riporta indietro di parecchi anni, quanto il computer o lo smartphone non erano neppure una vaga idea nella mente di qualche scienziato.
 
In questi locali, infatti, si possono trovare pezzi di storia in ogni angolo, appesi alle pareti oppure appoggiati sui mobili come ad esempio radio di tutti i tipi, mentre in garage, curata con grande cura, troviamo una Seicento, una vegliarda Fiat degli anni Cinquanta, oggi considerata l'icona del boom economico italiano di quegli anni, vicina a una moto e un trattore, anch'essi d'epoca.
Ma, attenzione, non è che la Seicento rimane in garage, immobile come un pezzo da museo, anzi. Spesso e volentieri accompagna Federico durante le sue avventure.
 
«Una volta la usavo tutti i giorni – ci confida – ma al momento la alterno alla moto e a un’altra macchina che, seppur anch’essa vecchiotta, non è d’epoca come la mia Seicento che ha la carrozzeria davvero delicata e bisogna quindi tenerla con cura. Comunque, ho fatto circa 40.000 chilometri in tre anni, quindi non la tengo assolutamente a prender polvere in garage.
«Ogni anno, infatti, con la fida Seicento vado nelle Marche assieme a degli amici ad un raduno di auto d’epoca. La nostra velocità di crociera è 70 chilometri orari, percorrendo strade secondarie.
«Con le varie tappe e godendoci il viaggio ci mettiamo 9 ore per arrivare a Pesaro, pausa pranzo compresa. Praticamente una giornata intera. Ma non sai come è bello viaggiare lentamente e gustare appieno il paesaggio!»
 

 
Wow complimenti! Un collezionista così giovane non è cosa comune, o sbaglio?
«Sì, è vero. Ma ci tengo a sottolineare, però, che non amo solo raccogliere e collezionare, ma soprattutto mi piace usare gli oggetti antichi che possiedo.
«Ci presto molta cura, certamente, ma non ha senso secondo me lasciarli chiusi in un magazzino solo per il piacere di andare a tirarli fuori una volta ogni tanto.
«Quando è possibile, io ne faccio un uso praticamente normale nonostante siano passati dai 40 agli 80 anni da quando sono stati prodotti.»
 
Da dove è partita questa tua passione?
«Fin da quando ero piccolo, in casa sono stato a contatto con oggetti d’antiquariato perché i miei genitori erano appassionati di arredamento antico e già lì qualcosa è scattato dentro di me.
«Poi mio padre, con la scusa che lui amava guardare molti film d’epoca, li faceva vedere anche a me. E, come sappiamo, in ogni film di quegli anni c’era un grammofono: ecco, quello è stato il mio primo amore.»
 

 
Quindi il tuo primo oggetto antico è stato un grammofono?
«Non esattamente, è stato un giradischi degli anni 70. I miei nonni mi avevano sempre detto che ce n’era uno in soffitta. Andai più volte a cercarlo, senza alcun risultato, fino a quando la mattina di Natale del 2000 io e la nonna ci siamo avventurati a cercarlo fra scatole, armadi e vecchi vestiti e finalmente l’abbiamo trovato.
«Era ancora funzionante! Avevo 8 anni e me lo ricordo ancora come fosse adesso. È stato praticamente un regalo di Natale, uno dei più belli della mia vita.
«Da lì, poi è partito tutto il resto. Ho incominciato a cercare altri oggetti, la maggior parte funzionanti e se qualcuno di essi non andava cercavo di metterli a posto.»
 
Dove trovi nuovi oggetti?
«Ci sono molti mercatini dell’usato in zona, sono la mia fonte principale per allargare la mia collezione.
«Anche a Rovereto, dove abito, ce n’è uno ogni primo sabato del mese e proprio lì ho trovato molti dei miei cimeli preferiti.
Poi cerco anche su internet o tramite amici. Alla fine, la ricerca si basa molto su di un giro di persone appassionate.»
 

 
Parli di amici con la tua stessa passione, anche loro sono così giovani come te?
«Sì, è vero, stanno tornando i giovani, soprattutto quelli appassionati di auto d’epoca. È incredibile: fino a cinque anni fa nel gruppo con cui viaggiavo in Seicento ero praticamente l’unico ragazzo in mezzo a tanti adulti e anziani.
«Adesso, invece, mi sono trovato un bel gruppo di giovani e andiamo spesso in giro con le nostre auto d’epoca, ed ecco che in un attimo sono diventato il più vecchio! Pensa te come gira il mondo!»
 
Fra tutti, quale pezzo antico ti è più caro?
«Il legame affettivo che sento di più è con una radio che mi sono fatto regalare dai miei genitori nel dicembre del 2010.
«Non è l’unica che ho, ma quella è stata la prima e la radio in generale, dopo il giradischi, è stato uno degli oggetti che da subito hanno attirato il mio interesse.
«È del ’55, lo stesso periodo della maggior parte degli oggetti elettronici che possiedo. In effetti, gli anni Cinquanta e Sessanta sono proprio i miei preferiti, quelli che vedevo in tv nei film. Amo tutto di quell’epoca.»
 

 
I tuoi genitori come hanno reagito quando hanno capito che facevi sul serio con la collezione di cose «vecchie»?
«Mi hanno detto che sono matto, in senso buono s’intende! A parte gli scherzi sono sempre stati felici di veder comparire in casa nuovi oggetti antichi e, anzi, talvolta mi hanno aiutato pure loro nella mia ricerca.»
 
Immagino che ogni oggetto rappresenti per te una storia e abbia un particolare significato. Sbaglio nel dire di aver scorto in te, oltre al collezionismo, una tua personale filosofia, uno stile di vita?
«Sì, hai ragione. Nonostante io non sia vissuto negli anni Cinquanta, tramite film, fotografie e testimonianze ho conosciuto un periodo di grande speranza e di progresso.
«Ho così iniziato ad ammirare quell’epoca in cui la vita era molto più vera di oggi, in cui c’era l’entusiasmo di un’esistenza all’insegna della semplicità, fatta di poche cose e di molte relazioni umane.
«Una filosofia di vita in cui si accettava con il sorriso il poco che c’era. Conosciuta e apprezzata, ho deciso quindi di farla anche mia attraverso le cose e attraverso i sentimenti.»
 
Astrid Panizza – [email protected]
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