Giovani in azione: Valentino Plotegher – Di Astrid Panizza
Senza diploma di maturità, ma con tanta voglia di lavorare – Una storia di successo che spicca il volo in Germania
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Ha i capelli scuri, tirati da una parte, ben curati. La maglietta che indossa probabilmente profuma ancora di bucato.
Si presenta così Valentino Plotegher, classe 1991, che viene da Folgaria, ma è migrato in Germania da ormai sette anni. È curato e professionale, quasi come se dovesse fare un colloquio di lavoro.
«Mi sono preparato degli appunti, perché ormai non ricordo molto bene l’italiano e quindi qualche parola può scapparmi, mentre invece così ho tutto sotto controllo.»
L’accento tedesco si sente, forte e chiaro. Gli anni passati in Germania hanno scolpito nel suo essere un segno ben profondo.
«È cominciato tutto nel febbraio del 2011 quando sono stato licenziato da una ditta alimentare trentina. Non sapevo proprio cosa fare, perché senza un titolo di studio non vedevo un futuro roseo davanti a me in Italia, dove si fatica a trovare lavoro anche con tre lauree, mentre io non ho nemmeno finito le superiori.»
Inizia così la storia di Valentino, da un insuccesso, che gli permette però di dire sì alla proposta di un collega di lavoro: partire per la Germania come gelataio per la stagione.
«Ho pensato di fare un anno in Germania per cambiare aria, per conoscere cose nuove, anche per problemi personali che avevo allora… e con il tempo gli anni sono aumentati.»
Hai lavorato sempre in gelateria?
«No, ma sono rimasto nell’ambito della gastronomia, a parte un breve periodo. Mi ha sempre attirato l’idea del ristorante come catena alimentare, infatti ho lavorato in una filiale di una grande catena di ristoranti chiamata Alex, che si occupa di cucina Fusion, ossia l’unione di varie tipologie di cibi.
«Dopo cinque mesi di lavoro lì, mi è stata offerta la possibilità di diventare capo turno, che in tedesco si chiama Schichtleiter, il primo passo per una posizione un po’più elevata. Ciò di cui si occupa il capo turno non è solo la gestione del personale, ma deve fare in modo che tutto scorra come dettato da sopra, diciamo.
«Ci sono degli standard da rispettare, per farti un esempio il cappuccino deve essere servito con due biscotti, sempre due e sempre di quel tipo! Il principio è quello di McDonald’s, ma il servizio è più curato, il cliente viene servito e la qualità è alta.
«Dopo sei mesi il mio rapporto lavorativo si è chiuso perché ci sono stati dei dissidi con il nuovo gestore ed ho preferito cercare altro.
«Nel 2014 quindi ho iniziato a lavorare in un’altra catena alimentare molto famosa in Germania, Bolero e sono diventato capo turno dopo due mesi perché hanno visto che avevo esperienza e facevo bene il mio lavoro. Sono rimasto due anni lì e poi nel 2016 mi sono messo in proprio con la mia ragazza.
«Abbiamo aperto un nostro locale, da zero, che lavorava molto bene. Si occupava di aperitivi ed eravamo i settimi in graduatoria rispetto a tutti i bar di Goslar , la città dove vivo, che di bar ne ha 140. Ero molto soddisfatto, ma è arrivato un momento in cui con la mia ragazza abbiamo litigato ed abbiamo preferito chiudere il locale.»
Quali sono quindi i progetti che hai ora?
«Guarda, il locale l’ho venduto due mesi fa, è proprio un fatto recente, nel frattempo comunque con la mia ragazza abbiamo risolto i problemi che avevamo. Ho pensato però che voglio adesso investire in me stesso e nella mia carriera. Ho cominciato a lavorare in un’altra catena alimentare specializzata in cocktail, Sausalito, vado matto per le catene alimentari.
«In ottobre comincio poi una nuova esperienza, ritorno sui banchi, farò infatti una scuola per prendere le qualificazioni che mi mancano per diventare Betriebsleiter, gestore di un locale. Dopo dieci anni di esperienza nella gastronomia, dieci anni fatti MOLTO bene perché sono davvero soddisfatto della mia esperienza, credo che sia giusto fare un passo in avanti.»
Come ti sei trovato nella società tedesca?
«Il primo anno ero un po’ distaccato perché non sapevo la lingua, mentre invece dal secondo anno mi sono davvero impegnato, ho preso in mano i vecchi libri di tedesco del liceo ed ho cominciato a studiare. In quel momento sono veramente entrato in contatto con la cultura tedesca, pensa che le mie colleghe seguivano i miei progressi linguistici e mi davano i compiti da fare a casa!
«Imparando la lingua ho cominciato ad integrarmi sul serio. La cultura è molto diversa in Germania rispetto a quella italiana. Qui la gente apprezza molto chi si dà da fare. Se sei un immigrato, qualcuno che cerca di farsi un futuro in Germania, che però dà un contributo concreto allo sviluppo dello Stato, le persone ti danno una mano. Se hai voglia di lavorare e lavori bene e duramente, la Germania è la prima in meritocrazia, e ripaga nel migliore dei modi.
«La burocrazia poi è molto più semplice qui che in Italia, le cose vengono fatte per la maggior parte online. E’tutto molto più semplificato, ma rigido, e se in un sistema così dai il tuo contributo e ci dai dentro, sei apprezzato.»
Come è avvenuto il tuo cambiamento da ragazzo «spensierato» e senza esperienza, a giovane serio e di successo quale sei diventato in Germania?
«All’inizio il mio stare qui era cominciato come un’esperienza puramente esplorativa. Volevo infatti staccare la spina ed andare via un anno per fare qualcosa di nuovo, non era una cosa seria diciamo.
«È stato dopo che ho notato che la gastronomia è la mia passione e voglio fare di ciò un lavoro duraturo nel tempo, che raggiunga anche una posizione elevata nel campo. Non è stato quindi un cambio radicale, improvviso, ma venuto con il tempo, con la forza di volontà e la voglia di imparare.
«Da quando ho avuto un capo tedesco, ho notato che si può raggiungere un certo livello professionale proprio se c’è la passione e se ci si mette la voglia di lavorare.
«Adesso ho abbastanza esperienza per condurre qualcosa di grosso, per ricoprire una posizione elevata, mi mancano solo le qualificazioni che arriveranno dopo aver completato il corso che sto per cominciare.»
Hai mai pensato di ritornare in Italia?
«Sì, assolutamente. Una piccola parte del mio cervello pensa sempre magari un giorno tornerò, mi tengo anche informato sulla situazione politica italiana, non voglio staccarmi, mi piace essere partecipe, anche se da lontano.
«Una parte di me è lì tra le mie montagne e lo sarà sempre. Però quando lo racconto ai miei amici in Italia mi dicono: Stai lì, tu hai un lavoro, la possibilità di farti un futuro, perché dovresti tornare in Italia con il rischio di non avere le stesse possibilità?!
«Tra Germania e Italia ci sono differenze in ambito lavorativo e ad ora sono specializzato in quelle tedesche, quindi tornare ed affrontare burocrazie a me sconosciute e molto più complicate sarebbe un problema.
«Vorrei tornare in Italia un po’più spesso, quello sì. Al momento riesco a tornare una volta all’anno però proverò in futuro a tornare almeno due, perché fa sempre piacere ritrovare la famiglia e i vecchi amici.»
Per quanto riguarda invece gli amici che ti sei trovato in Germania, è stato difficile entrare nel «loro mondo» o no?
«Sono stato accolto a braccia aperte, non potrei dire altro. Hanno visto che sono un bravo ragazzo, mi piace chiacchierare e scherzare. Rispetto la cultura e le tradizioni e anzi mi informo per sentirmi uno di loro.
«All’inizio logicamente è stata dura perché non sapendo la lingua ed avendo poco tempo per uscire (sono stati anni di lavoro intenso), non riuscivo a crearmi una cerchia di amici stretti, però ho conosciuto molte persone che si sono aperte con me, con cui ancora sono in contatto e mi hanno aiutato nei momenti di difficoltà.
«Su quello che si pensa dei tedeschi c’è molto di falso, non è vero che sono così chiusi come si crede nel pensiero comune. Ho molti amici, tanti colleghi di lavoro, datori di lavoro che mi hanno insegnato tantissime cose, anche per provare a migliorarmi.
«Adesso che la lingua la parlo bene, come l’italiano (anzi tanti mi dicono che parlo meglio il tedesco che l’italiano), ho più facilità a relazionarmi con le persone ed a costruire amicizie durature.»
Astrid Panizza – [email protected]
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