Giovani in azione: Monica Sighel – Di Astrid Panizza

Piccoli grandi sogni: la pelle nera che viene da lontano, una divisa italiana, il desiderio di pace

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Monica Sighel ha 33 anni, ma il suo viso ne dimostra molti di meno.
Sembra che ritorni bambina quando mi racconta di come ha vissuto la sua infanzia in una terra povera e lontana come quella dello Sri Lanka.
Un’infanzia difficile e tragica, la sua, segnata da episodi drammatici, come la morte di suo padre spirato tra le sue braccia, ucciso davanti a lei, oppure come la sua entrata da orfana in un istituto di suore italiane.
Sembrava destinata a rimanere lì per sempre, ma la sua vita ha compiuto una svolta quando, all’età di sette anni è stata adottata da una famiglia di Cadine, un piccolo paesino tra le montagne del Trentino, dall’altra parte del mondo.
 
«Ho cominciato una nuova vita – ci racconta Monica, con gli occhi lucidi. – Non ci speravo più, a sette anni da noi sei ormai praticamente fuori dall’età adottabile, sei già grande.
«Pensa che in Sri Lanka le bambine si sposano a tredici anni e fanno dei figli subito dopo. Non è affatto come qui. È una cosa completamente diversa.
«Quello sarebbe stato il mio destino, e invece per fortuna mi sono salvata. Mi hanno salvata, e non smetterò mai di ringraziare i miei genitori per il loro atto d’amore nei miei confronti.»
 
È così che in Trentino, nel 1992, comincia la sua nuova vita lontana dai problemi e dai brutti ricordi. Monica finalmente può riprendersi la sua infanzia e pianificare una vita diversa, ora felice.
«Una volta diventata grande ho scoperto il mondo dell’Esercito, grazie ad un amico di famiglia che vi faceva parte e che mi raccontò un giorno che anche le ragazze potevano fare il soldato.
«Questa possibilità mi ha subito incuriosita, ho iniziato a fargli un sacco di domande per sapere come fare. Perché no? - mi sono detta - Perché non provare?
Sono andata quindi al Distretto di Trento per chiedere informazioni e in seguito per fare la domanda di ammissione: da lì è iniziata la mia avventura.»
 
L’esercito, la divisa, il ruolo, la responsabilità. Tutto questo in poco tempo diventerà la grande passione di Monica.
Ed è appunto ciò che salta agli occhi sfogliando le sue foto su Facebook, in divisa o con il cappello da alpino calato in testa.
 

 
Come ha preso la tua famiglia il fatto che volessi entrare nell’esercito?
«Il mio papà all’inizio si è messo un po’ a ridere della mia scelta, poi però al giuramento è stato quello che piangeva di più! La mia mamma invece l’ha presa bene, era convinta che l’esperienza mi avrebbe aiutata e quindi sono partita con la mia valigia, nel 2005: avevo 20 anni.
«Ho fatto il periodo di addestramento ad Ascoli Piceno, lontano quindi da casa, riuscivo a venire su il week-end, proprio toccata e fuga. In quel periodo ero molto sotto pressione, e poi stare lontana dai miei non era facile. La mia famiglia, infatti, ha sempre avuto un ruolo fondamentale per me, soprattutto la presenza di mia madre è stata importante nei momenti di sconforto, perché mi dava forza, mi spingeva ad andare avanti.
«Quando avevo nostalgia di casa o non ce la facevo più per via degli allenamenti che sono davvero duri, come quelli che si vedono nei film per intenderci, lei mi faceva coraggio dicendomi di non mollare, di resistere per vedere come sarebbe andata quella settimana.
«Purtroppo lei è venuta a mancare due anni fa, ma mi rimarranno sempre nel cuore i momenti in cui mi ha dato tanta forza e tanto amore.
«Dopo l’addestramento e il giuramento ho fatto un periodo a Roma, in un ospedale militare e da lì poi mi sono avvicinata a Trento, negli Artiglieri da Montagna.»
 
Ti sei mai sentita discriminata sia in quanto donna, sia in quanto persona di colore?
«Mah guarda, razzismo in genere no, ma neanche maschilismo. No, non mi sono mai sentita discriminata, anche se magari dietro le spalle qualche commento ci sarà stato sicuramente.
«Sai cosa? I miei genitori mi hanno sempre insegnato a rispettare gli altri, a comportarmi bene e quindi avendo un bagaglio di questo tipo non ho mai avuto nessun tipo di problema.»
 
Qual è il tuo ruolo al momento?
«Purtroppo ho dovuto congedarmi dall’Esercito per motivi di salute ormai nel 2010. Con il tempo però mi sono avvicinata all’Associazione Nazionale Alpini (ANA) e nel 2014, alle votazioni sono risultata eletta come consigliera.
«La sorpresa è stata che tra i candidati in lista sono stata la più votata: per me è stata una grande soddisfazione! Questo fatto fa capire come nell’ambiente degli Alpini il razzismo non esista, e la mia elezione ne è la prova lampante.»
 

 
Per quanto riguarda l’Adunata Nazionale organizzata il prossimo mese a Trento, sappiamo che ci sono state parecchie critiche: tu cosa ne pensi?
«Credo di non essere la persona più adatta per rispondere a queste polemiche, però l’Adunata è un momento di pace, in cui si vogliono onorare tutti i caduti, senza distinzione di patria.
«Noi come giovani dell’associazione abbiamo organizzato una fiaccolata durante il giorno d’apertura, l’11 maggio, alla Campana dei Caduti di Rovereto.
«Arrivati alla Campana accenderemo la fiamma di un braciere, come simbolo di fratellanza, come per dire: “Siamo qui tutti insieme per celebrare la pace”.»
 
Come ti vedi nel futuro?
«È una bella domanda. Il futuro per me è un po’ un’incognita, in questi ultimi anni sono successe poi molte cose che mi hanno un po’ scombussolato la vita. Ho perso la mia mamma da due anni e con lei è venuto a mancare un punto di riferimento della mia vita. Mi sono dovuta rimboccare le maniche, è dura. Quello che spero è che il futuro sia roseo, anche se vedo un po’ di incertezza.»
 
Prima di terminare ci confida che segue sempre le mie interviste e che il suo percorso è stato molto diverso rispetto a tutti i ragazzi di cui ho raccontato finora le storie.
Purtroppo lei ha dovuto lasciare l’Esercito e, pur continuando a seguire la sua passione con gli Alpini, non è riuscita a realizzare il suo sogno fino in fondo.
Tuttavia mi confida che in realtà il suo sogno più importante è stato realizzato ancora molti anni prima, quando i suoi genitori andarono a prenderla per portarla in Italia.
Quando alla fine dell’intervista le chiedo un consiglio da dare a chi sta attraversando un periodo difficile, Monica usa poche parole, ma estremamente rassicuranti: «Non perdere mai la speranza, quello deve essere un sentimento da portare sempre dentro».
Nel congedarci, cara Monica, siamo noi ora ad affidarti alla speranza perché tu possa trovare la tua strada in questo periodo un po’ difficile.
È l’augurio che ti facciamo, perchè tu possa trovare luce nel buio del momento, un po’ come quando l’11 maggio porterai assieme a molti altri giovani la luce della fiaccola della pace sotto la Campana dei Caduti, guardando ad un futuro migliore.
 
Astrid Panizza
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