Giovani in azione: Aurora Eccher – Di Astrid Panizza
Una giovane che ha realizzato un sogno... d’oro e d’argento
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Alla maledetta domanda «cosa vuoi fare da grande?» quanti giovani risponderanno «l’orafo»? Pochi, credo. Lavorare i metalli preziosi per creare un gioiello non è l’aspirazione che va per la maggiore in questo periodo.
Troppo spesso, purtroppo, il lavoro considerato «perfetto» è strettamente legato al mercato del lavoro e non a quello delle passioni personali.
Ed è così - per semplice calcolo occupazionale - che si laureano molti ingegneri, medici, economisti, avvocati, che più tardi, nel corso della loro vita, magari si renderanno conto che quella forse non era proprio la loro strada.
Questa settimana però abbiamo voluto intervistare Aurora Eccher, di Calliano, classe 1992, che di professione è proprio orafa, ed è riuscita ad unire una grande passione al suo lavoro.
Arrivo al suo laboratorio dove mi accolgono i suoi due cani che sembrano felici di vedere una persona nuova. Aurora mi viene incontro con un grembiule che mi sembra quasi elegante, con dei motivi sul verde smeraldo.
Si presenta da subito spigliata e sorridente. Ha i capelli ramati e lisci che le incorniciano il volto, il ciuffo tenuto fermo da una forcina per fare in modo che non le copra la fronte.
Mi fa entrare nel suo laboratorio e mi spiega passo per passo gli attrezzi che usa e come si muove per creare un gioiello da zero.
Avete proprio capito: da zero. Tira fuori infatti un sacchettino con delle palline e mi spiega che quello è l’argento di base (ma lavora anche con oro), che fonde lei personalmente per poi dare forma all’oggetto desiderato dal cliente.
Mi colpisce la pulizia del locale. Nella mia mente, infatti, prima di entrare nel laboratorio avevo pensato che fosse un luogo pieno di polvere data dalla lavorazione continua dei metalli.
Invece qui tutto è tirato a lucido perché, come mi spiega Aurora, si definisce una «fissata per la pulizia e per l’ordine».
Ogni cosa ha quindi un posto preciso, nel laboratorio e nella sua testa.
«È importante avere uno schema mentale del lavoro, sapere esattamente qual è il passo successivo dopo che si è fuso il metallo, o lo si è modellato, non ci si può perdere a metà, – mi racconta. – Per me è vitale sapere quello che sto facendo in quel momento e quello che farò subito dopo.»
Ci sediamo alla grande scrivania che si trova proprio all’entrata del laboratorio, «Questo è il luogo dove assieme ai miei clienti progettiamo il gioiello che desiderano, – mi spiega, mostrandomi alcuni disegni che con pazienza crea per far capire meglio ai clienti come sarà il gioiello finito. – È importante far loro vedere come si presenterà l’anello, o il bracciale, o il ciondolo, perché io ho in testa già tutto, ma spiegare a parole non è facile e forse nemmeno esaustivo.
«Per questo motivo disegno, cambio e ricambio assecondando i suggerimenti, fino ad arrivare a quello che veramente vuole il cliente. E poi mi metto sotto ai ferri a creare sul serio.»
Il lavoro dell’orafa non è comune, per questo chiedo incuriosita ad Aurora «Da dove nasce la tua passione nel creare gioielli?»
«Penso di aver sempre avuto manualità, perché fin da piccola ho disegnato e provato a creare, volevo dare una forma reale ai miei disegni. Alle superiori ho frequentato l’Istituto d’arte e facevo design, quindi da lì, con il fatto di avere tanti laboratori, tra cui anche oreficeria, forse ho iniziato a capire che era proprio quello che mi piaceva.
«In realtà l’illuminazione vera è stata dopo le superiori, è maturata un po’alla volta. Dopo l’Istituto d’Arte, infatti, sono andata a Milano, allo IED, Istituto di Design, seguendo il corso di «Design del gioiello», e quindi tra corsi e laboratori notavo proprio questa mia voglia di fare che si trasformava via via in un’ossessione nel voler creare, al punto che se non facevo laboratorio stavo male.
«Dopo un anno però ho lasciato l’Università, proprio per questo mio bisogno di puntare più sul pratico, cosa che invece all’Università non è al centro. Se è pur vero che all’inizio mi ispirava anche lo studio completo del mondo dell’oreficeria, poi con l’andare del tempo ho capito che la mia passione vera era orientata solo sulla creatività, così che quando mi avanzava qualche ora chiedevo sempre di andare in laboratorio. Da lì ho capito che forse era meglio puntare al più presto su qualcosa di pratico.
«Dopo aver lasciato l’Università, ho deciso quindi di seguire il mio istinto vero, e mi sono iscritta ad un corso annuale pratico, in Piemonte, a Valenza, cuore pulsante dell’oreficeria italiana, soprattutto del mondo dell’oro.»
Tornare in Trentino non era quindi ancora il tuo obiettivo?
«L’idea di tornare in Trentino inizialmente non c’era. Un mio professore mi aveva detto che avevo capacità e brava com’ero sarei potuta diventare una modellista per qualche grande azienda, avrei potuto creare i prototipi dei gioielli e quindi mi ero un po’ fissata su questo. Poi, però, in ogni città dove andavo non trovavo quello che cercavo e quindi ho lasciato da parte quest’idea.
«Il problema di questo settore è che più impari, più studi, più ti si aprono mille mondi, quindi finito il corso in Piemonte mi sono spostata a Vicenza. Qui, per frequentare un altro corso pratico e per riuscire a pagarmi gli studi sono andata letteralmente a bussare ad ogni laboratorio orafo per chiedere se avessero bisogno di un’apprendista, finché non ho trovato un posto dove poter lavorare dopo scuola o durante il fine settimana.
«Finito questo corso ho fatto uno stage di quasi due anni a Verona e sono andata da un maestro con cui ho imparato molte azioni che tutt’ora mi servono: dalle riparazioni alla creazione dei gioielli da zero. In tutta la mia formazione questo periodo è stato quello che mi ha dato di più.
«Tornare poi in Trentino è stato un passo dato dal fatto che durante l’estate ho sempre partecipato con il mio banchetto a numerosi mercatini e ogni tanto trovavo dei clienti, è stato quindi un processo abbastanza naturale.
«È capitato e inizialmente non voluto, ma se hai un sogno, io credo nel destino e quindi diciamo che il mio destino mi ha portato qua.»
Non hai mai avuto paura di entrare in un mondo quale l’oreficeria, di nicchia e in crisi?
«In realtà no, perché me la sono studiata abbastanza bene. Allora, tutto è in crisi, poi immaginati, i beni di lusso è un settore dove sono calate le vendite, poi l’oro è alle stelle… però per come me la sono vissuta io non ho mai avuto paura di buttarmi.
«Tanti mi chiedono anche adesso: Come va il lavoro? Ma lavori? Come per dire … lavoro non ce n’è, anche tu avrai qualche problema. Invece per davvero no, perché qui in Trentino, con il fatto di creare gioielli su commissione ho un mio giro che mi dà da vivere.
«Ho notato che in Trentino non c’è una cultura orafa e non ce ne sono neanche tanti di orafi a dire il vero, quindi piano piano ho creato la mia clientela e studiando il settore, l’ambiente orafo trentino, ho capito che molti orafi chiudevano senza lasciare dietro di sé un cambio generazionale. Ho pensato quindi di inserirmi dove avevo qualche possibilità.
«Se mi fossi messa in concorrenza con grandi industrie non ce l’avrei mai fatta. E’un po’una questione di trovare il proprio habitat e di scavare.»
Come hai aperto il laboratorio? E quando?
«Il 15 gennaio 2017 c’è stata l’inaugurazione. Non si tratta di un negozio espositivo, ricevo clienti su appuntamento, per questo organizzo il mio lavoro più facilmente.
«È stato un lavoro che ha comportato molto tempo prima di diventare realtà, prima con la ristrutturazione del panificio della mia famiglia, che ora è appunto il mio laboratorio, e poi confrontandomi con la burocrazia, ma alla fine ce l’ho fatta, e tutto sta andando per il meglio.»
Passando invece al lato pratico della tua attività, quali sono i tuoi lavori più comuni e quale invece il più strano che ti è stato commissionato?
«Premetto che il mio è un lavoro molto vario, ricevo ogni tipo di richiesta e cerco di soddisfarle sempre nel migliore dei modi. Comunque, come tipologia di gioiello l’anello è quello che creo più di frequente. Ti dirò comunque che mi è difficile rispondere a questa domanda perché non faccio sempre lo stesso tipo di lavoro.
«Non mi è mai capitato più di due o tre volte che mi dicessero Mi serve la catenina del battesimo. Quindi le mie creazioni vanno da chi mi chiede una collana per una festa, a chi desidera fare un regalo di Natale. Come avrai capito, non è affatto un lavoro monotono.
«La richiesta invece più strana è stata due fedi con l’impronta digitale all’interno. Ho preso le impronte con la tecnica della cera a caldo, l’ho scaldata per bene e poi hanno dovuto metterci il dito [ride].
«Io gliel’ho detto che avrebbero sofferto un po’, però erano disposti. Alla fine ce l’ho fatta e ne è uscito un bel lavoro.»
Quanto tempo ci metti in media a creare un anello?
«Dalle due alle tre ore. Come ti dicevo prima, conoscendo il processo le cose si fanno in fretta, perché se ti perdi in mezzo, aiuto.
«Sono abbastanza fiscale con me stessa. Inizio la giornata pensando a cosa farò, posiziono le commissioni con i gioielli da consegnare in buste e comincio con la prima arrivando all’ultima. Capita che mentre aspetto che si raffreddi un pezzo che ho saldato, inizio a lavorarne un altro, poi con l’aiuto dei macchinari ci sono passi che si svolgono velocemente.»
Riesci a gestire i tuoi clienti in maniera costante o capitano periodi in cui sei oberata di lavoro e altri in cui c’è nulla o poco da fare?
«Per fortuna il lavoro non cambia, ma neppure sono sommersa dal lavoro. C’è una certa costanza nella richiesta. Per esempio mi è capitato l’anno scorso di lavorare ad agosto, quando invece in quel periodo tutte le gioiellerie lavorano pochissimo.
«Tutti al mare e io al lavoro, diversamente in dicembre, cosa strana, non lavoro tantissimo, perché probabilmente per Natale i miei clienti preferiscono comprare preziosi in gioielleria o scegliere un altro tipo di regalo, non lo so.»
Quali sono le caratteristiche fondamentali per diventare orafo?
«Banalmente, la passione, come un po’ tutti i lavori, ma soprattutto l’artigiano, se non ha passione, non so da cosa sia spinto per andare avanti [ride].
«Perché è una strada abbastanza dura, forse più qui in Trentino che da altre parti non è facile che le persone ti diano la fiducia, bisogna guadagnarsela. Poi indubbiamente ci vogliono precisione e costanza.
«Sai cosa? Bisogna essere sicuri di quello che si vuole, ci sono tante strade nel mondo dell’oreficeria, ma è necessario puntare su di una e seguirla. Avere pochi obiettivi e provarci, perché se non ci si prova si sta sempre fermi.
«Bene o male se uno ci crede, anche se non va come vuoi tu, il destino in qualche modo ti lancia dei segnali a cui aggrapparti, e ti ci adatti. Si prende quello che serve e si butta via quello che non serve. Si possono avere tutte le caratteristiche fondamentali, ma prima di tutto bisogna crederci.»
Come ti vedi tra dieci anni?
«Quello che vorrei, e forse tra dieci anni ce la farò, è aprire un laboratorio in centro a Trento, se le mie finanze me lo permetteranno. Speriamo!»
Aurora mi accompagna al cancello per riprendere poi il suo lavoro. Si nota nei suoi occhi il brillio di chi non si ferma al primo traguardo, ma con la forza dei vent’anni punta in alto.
Personalmente quello che colgo sempre più in ogni intervista che faccio, è il desiderio dei protagonisti di arrivare a realizzare i loro sogni anche a costo di grandi sacrifici, ma con una passione e una determinatezza senza eguali, che non è comune trovare nei giovani d’oggi.
Spero quindi che leggendo queste storie, chi non sa che fare della propria vita, oppure si trova in un momento di confusione, possa trovare lo stimolo giusto e cominci così a rimboccarsi le maniche e a darsi da fare.
Astrid Panizza
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