Giovani in azione: Riccardo Todeschi – Di Astrid Panizza

Viaggiare in bicicletta, fra passione e improvvisazione, in tutti gli angoli del mondo

Foto scattata mentre attraversavo il Vietnam, posto indefi nito, durante la stagione delle piogge.
È incredibile come in Asia riescano a caricare i motorini con ogni tipo di cosa.


«Per la verità, quella volta ho deciso di partire per il Medio Oriente senza pensarci su troppo.»
Comincia così la curiosa intervista con Riccardo Todeschi, 29 anni di Rovereto, che ci racconta dei suoi giri in varie parti del mondo in sella alla sua fida bicicletta.
Ma partiamo dall'inizio.
«Sono laureato in Scienze geografiche – ci racconta – ma lavoro a Firenze per una catena di ostelli.
«Da sempre coltivo la passione per il viaggio, sia negli occhi, che nel cuore, come nelle gambe (sorride) e, appena posso, parto senza farmi tante domande.
«Per dirla con altre parole, non sono affatto uno di quelli che per mesi si scervellano per organizzare nel dettaglio i propri itinerari.»
 
Un viaggiatore estemporaneo, dunque, da zaino in spalla e via, il nostro Riccardo, che nel 2017 ha deciso di fare il primo lungo viaggio della sua vita partendo in aereo da Roma, bici in spalla, così, senza tanti ripensamenti e dettagli organizzativi.
L’intento era quello di raggiungere il Medio Oriente e da lì pianificare il viaggio in Paesi diversi dai nostri, fra colori e sapori più intensi, fra tradizioni tutte da scoprire.
«Quel primo lungo viaggio in bicicletta l’ho fatto tra novembre e dicembre del 2017 partendo da Bangkok, in Thailandia, e raggiungendo poi la Cambogia e il Vietnam.
«Per chi avesse intenzione di farlo in bicicletta – precisa Riccardo – si tratta di un percorso completamente in pianura, l'ideale per una prima esperienza del genere. Come dicevo, sono partito senza pensarci troppo.
«Non avevo nessun tipo di allenamento alle spalle, tuttavia sono arrivato a compiere 2.000 chilometri, anche se, originariamente, la mia intenzione era quelle di compiere un viaggio ben più lungo.»
 

Oman, campeggiare in pieno deserto fa molto figo. Peccato però che la notte tiri un sacco di vento e la mattina dopo sono letteralmente coperto di sabbia. (da non fare mai più).

Mi pare di capire che c’è stato qualche inconveniente, o sbaglio?
«In effetti è stato così. Sin dall’inizio il viaggio è cominciato in maniera tragicomica con il mio arrivo all’aeroporto di Bangkok dove ho scoperto di avere entrambe le gomme bucate, oltre al fatto che le camere d'aria di ricambio che mi ero portato erano della misura sbagliata.
«Mi sono quindi dovuto arrangiare in qualche modo, cercando in città qualche meccanico di biciclette, parlando a gesti per far loro capire di cosa avevo bisogno. Pareva introvabile quello che cercavo.
«Diciamo che ci ho messo otto giorni prima di risolvere questo problema, ma poi alla fine sono partito. Stupendo e suggestivo il percorso, sia per i paesaggi che per le popolazioni incontrate.
«Peccato che quel viaggio, dopo un mese e mezzo, sia stato interrotto prima del previsto perché sul confine con la Cina, dopo essere caduto malamente, mi sono fratturato la scapola e sono dovuto quindi ritornare a casa.»
 
Ma a quanto pare non ti sei arreso.
«Confesso che lì per lì ho vissuto quell'esperienza come un vero fallimento. L'incidente però mi ha dato la spinta per ritornare in sella.
«A ripensarci oggi, molto probabilmente se non fossi caduto non avrei mai più intrapreso viaggi del genere in bicicletta perché mi sarei sentito in un certo senso realizzato.
«Quindi direi che alla fine è stato meglio così, dato che sono ripartito un anno dopo, a novembre del 2018.»
 

Secondo viaggio in Asia.
 
Quale l’itinerario di questo secondo viaggio?
«In breve, sono partito dal Bangladesh, per poi toccare India del Nord, Bengala, Nepal, India. Da lì ho preso poi un aereo fino a Dubai e quindi ho raggiunto gli Emirati Arabi e l'Oman. Ho percorso in tutto 5.400 km. Stavolta nessuna frattura, per fortuna, però un inconveniente c’è comunque stato.
«Nel corso del viaggio, a un certo punto ho dovuto prendere un treno e, arrivato nella metropoli dove dovevo scendere, non trovavo più la bici sul vagone. Sono sceso comunque e ho immediatamente sporto un reclamo all'ufficio oggetti smarriti - a gesti perché nessuno sapeva l'inglese - e in qualche modo mi hanno riferito che la mia bici era ancora sul treno e che l'avrebbero fatta tornare indietro. Immagina il mio stato d'animo in quel momento. Ho aspettato due giorni in ansia, durante i quali sono rimasto accampato in stazione avendo poche speranze di rivedere la mia bicicletta. Poi però, come per miracolo, la bici mi è stata riconsegnata per davvero. Mi è sembrato un miraggio: praticamente lei si era fatta un viaggio in treno di mille cinquecento chilometri da sola senza di me.»
 

Viaggio a Capo NOrd.
 
L'ultimo viaggio, fatto quest'estate fra le due ondate di pandemia, è stato in Europa, stavolta.
«Proprio così. Sono partito il 18 agosto e ci ho messo 58 giorni, per un totale esattamente di 4.621 km, con partenza dal Brennero. All’inizio non avevo detto a nessuno del mio itinerario, solo che avrei pedalato verso il Nord Europa.
«Ma poi, dopo aver attraversato l’Austria, la Svizzera e la Francia, e successivamente aver raggiunto Lussemburgo, Belgio e Olanda, arrivato fin lì in buona forma, mi sono detto che a quel punto potevo benissimo continuare il viaggio e arrivare fino a Capo Nord, meta che avevo sempre desiderato raggiungere.»
 
Una specie di Forrest Gump, insomma. Ma come è stato viaggiare in bicicletta da solo, in Paesi sconosciuti?
«Molto diverso in base al luogo. In Asia, ad esempio, quando incontravo la gente in paesi sperduti, lontani centinaia di chilometri dalle grandi città, provavo sentimenti contrastanti di gioia, accompagnati sempre da un po' di timore perché la gente lì ti sta molto addosso, le attenzioni sono tutte per te in quanto non sono abituati all’uomo occidentale.
«In qualche occasione mi è capitato addirittura di rendermi conto di essere un’attrazione, dal momento che qualcuno, come un paparazzo, mi scattava foto in continuazione. La paura però ci deve essere, è normale, perché quando fai qualcosa che non conosci devi tutelarti. Il problema, semmai, è quello di riuscire ad affrontarla, non aver cioè paura di aver paura.
«A Capo Nord, invece, puoi stare tranquillo, nessuno ti considera una novità, ovviamente. Da quelle parti i turisti in bicicletta non sono una rarità ed è tutto un altro mondo. Per dirti della grande differenza, per andare a Capo Nord e essere il più leggero possibile, sono partito senza nemmeno i copertoni di riserva perché anche se lì capita qualcosa tutti parlano in inglese e risolvi i problemi subito.
«Insomma, in Europa la sensazione di sicurezza di poter trovare ad esempio pezzi di ricambio è lampante, cosa che in Asia è esattamente il contrario. Come ti dicevo, per trovare camere d'aria della mia misura, a Bangkok ci ho messo ben 8 giorni.»
 

Primo viaggio in Asia.
 
Cosa ti è rimasto oggi di quei viaggi?
«In questo periodo ho pensato di fare un viaggio virtuale su Instagram, dove pubblico giorno per giorno le foto del mio secondo viaggio in Asia, quando ancora non avevo i social su cui pubblicare le mie avventure.
«In fondo questa è anche una possibilità per me, pur stando fermo, di viaggiare nei ricordi e di condividerli con chi mi segue.
«Vorrei sottolineare, però, come durante ogni viaggio di qualsiasi persona, le foto postate sono quelle più spettacolari, di una vetta raggiunta, ad esempio, oppure di un mare, o di un vulcano.
«Momenti, di certo, belli per chiunque e da condividere. Tuttavia, dietro a un lungo viaggio, in cui, come nel mio caso, spostandomi in bicicletta mi accampavo a bordo strada o in zone isolate, ci sono molti momenti difficili, di paura, di sconforto, di esperienze poco simpatiche, che in genere non si raccontano, non si condividono, ma che comunque fanno parte del viaggio.
«Per chi ne è il protagonista, dunque, del viaggio rimangono come ricordi sia i momenti belli che quelli brutti.»
 
La tua ansia di viaggiare in bicicletta è stata quindi soddisfatta, oppure pensi di intraprendere altri viaggi?
«Soddisfatta assolutamente no. Anzi. Vorrei fare appena possibile le due vie internazionali asfaltate più alte del mondo, che sono la strada del Pamir (fra Tagikistan e Kirgikistan) e la strada del Karakorum (fra Cina e Pakistan). E poi fra qualche anno mi piacerebbe anche fare dei viaggi a piedi, ma avrei pure un'altra pazza idea nel cassetto... quella di circumnavigare l'Italia in pedalò!

Curiosando fra i social network di Riccardo, Instagram, Facebook e Youtube troviamo un messaggio che lui trasmette a chi segue le sue avventure:
«Quello che vorrei far passare è che non occorre essere dei ciclisti professionisti per pedalare sull'Himalaya, non occorre essere dotati di chissà quale dose di coraggio per andare da soli in un paese povero come il Bangladesh, non serve essere dei super atleti per fare trekking sulle Ande o chissà quali temerari per prendere sulle spalle uno zaino e cominciare ad esplorare il mondo in solitaria. «L'unica cosa che conta è volerlo fare davvero, mettendoci tanto cuore, forza di volontà e spirito di sacrificio.»

Astrid Panizza – [email protected]
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